Una lineare, ineccepibile volontà di non lasciare nulla di intentato per chiarire le cause della morte in carcere del fratello, Stefano Dal Corso, deceduto nella prigione di Oristano nell’ottobre 2022, contrapposta ad una assolutamente anomala non volontà di approfondimento, proprio da parte di chi doveva approfondire il caso, cioè la pm della Procura di Oristano, Sara Ghiani, alla quale il caso era stato affidato. Queste alcune delle scottanti tematiche del dialogo sotto riportato con Marisa Dal Corso, sorella di Stefano, incontrata a Roma, nella borgata del Tufello, dove la solidarietà popolare, comunitaria, sul caso si tocca con mano. Nelle parole di Marisa, così, il sentimento di un affetto che non può morire, per il fratello, procede in pieno accordo con una logica chiara come il Sole, per approfondire circostanze, in qualunque caso, differenti da una morte naturale, ed altamente sospette. La stessa non volontà di chiarire è, in effetti, interpretabile in quanto impossibilità di chiarire con una risposta “rassicurante”, e quindi, in quanto possibile fuga da una possibilità di risposta scomoda e sconvolgente. Stefano Dal Corso, detenuto per reati minori, contro il patrimonio, ma non per reati di sangue contro le persone, aveva vissuto una vita difficile, segnata dalla tossicodipendenza, ma illuminata dall’amore per la figlia e la famiglia; amava pienamente la vita, non aveva lasciato alcuna lettera d’addio, e mancava pochissimo alla sua liberazione. Eppure, nell’ottobre 2022 Stefano era stato ritrovato senza vita, soffocato: nonostante sia prassi quasi assoluta svolgere autopsie su persone decedute in detenzione, in questo caso Sara Ghiani, la pm del caso, si è opposta a tale autopsia. Eppure, in Italia, di solito le autopsie per i detenuti sono la normalità: anche in casi in cui non ci siano elementi per pensare a cause diverse da quelle naturali, per persone, anziane, malate, a volte in detenzione ospedaliera, a volte in detenzione domiciliare, proprio per escludere ogni voce di dubbio anche solo potenziale, spesso legata alla rilevanza di certi nomi: casi in cui solitamente vengono confermati i decessi naturali. Si può ricordare certo che l’Italia, assieme ad esempio alla Turchia, è tra i pochissimi Paesi a non considerare obbligatoria l’autopsia per persone morte in detenzione; tuttavia, nei fatti, le autopsie per persone in situazione di detenzione in Italia sono, appunto, estremamente frequenti: spesso per dimostrare di avere “fatto bene” e che le persone siano state adeguatamente curate, ed a volte per casi sospetti, che in alcune circostanze confermano cause violente e responsabilità di terzi. In questo caso, invece, certamente non dovuto a malattia, ed avvenuto nella cella di un carcere, ufficialmente per impiccagione (secondo validi studiosi, in realtà, per strangolamento), la pm del caso si è, appunto, opposta all’esame autoptico di medici legali indipendenti. Eppure, consulenti assai rinomati, tra cui l’anatomopatologa Cristina Cattaneo, medico legale, e medici docenti universitari dell’Università Statale degli Studi di Napoli, Federico II, hanno appunto espresso la tesi, sulla base della documentazione fotografica, per cui Stefano Dal Corso sia stato strangolato e non impiccato, in un luogo sì, di pena, ma dove sarebbe dovuto essere al sicuro, e dove era noto per il suo impegno a favore di tanti altri detenuti. Assolutamente incompatibili con una razionale volontà di chiarire appaiono quindi l’opposizione all’autopsia della pm, ed anche la minimizzazione di un misterioso episodio avvenuto sei mesi dopo il decesso di Stefano, con la consegna alla sorella Marisa di un libro a lui indirizzato, con la testimonianza di una medium, la mistica austriaca, Maria Simma, che, secondo i suoi sostenitori, era in contatto con i defunti del Purgatorio: una medium deceduta da anni, sulla quale la Chiesa Cattolica ha ufficialmente lasciato libertà di opinione ai fedeli. L’immagine dell’opera di Maria Simma sembra presa a prestito, simbolicamente, per alludere a qualcosa, in quanto, sul libro, inviato da mani anonime, che neanche la polizia è riuscita finora a rintracciare, erano sottolineate le parole “confessione e morte”: forse riferimento ad una confessione da attuare su una morte, che una persona medium, se autentica, poteva solo confermare. Marisa Dal Corso, una donna coraggiosa, si batte così, contro un “muro di gomma”, che rischia di chiudere in un circolo vizioso la vicenda, nell’ambiente di almeno una parte della Procura di Oristano. Marisa Dal Corso è in prima linea, così, per non far chiudere il caso del fratello, far svolgere una autopsia, ed aiutare in questo modo anche altri detenuti inermi, affinché non accadano più tragedie del genere. Grazie soprattutto al suo impegno, ed a quello della sua valida legale, Armida Decina, il caso ha raggiunto milioni di persone, con servizi della RAI: ad esempio con il TG3 e il programma specialistico di approfondimento Chi l’ha Visto? sulla stessa rete. Le circostanze del decesso di Stefano Dal Corso sono talmente oscure da fare emergere un vero e proprio scandalo per la mancata autopsia, secondo quanto denunciato validamente anche dalla parlamentare Ilaria Cucchi, sorella di altro detenuto di nome Stefano, anch’egli inerme, segnato da problemi di droga, e vittima di agenti violenti e dell’omesso soccorso dei medici. Nel caso di Stefano Dal Corso, la sorella Marisa propende per una possibilità, per lei, ancora peggiore del suicidio, cioè per un assassinio: il fratello, infatti, non voleva morire; inevitabile, quindi, la diffidenza verso chi, pervicacemente, non abbia la buona volontà di chiarire, anche di fronte ad evidenze mediche già emerse. Un caso da seguire, quindi, con la più intensa attenzione: contro l’indifferenza, e per dissuadere chiunque dal rischio che accadano ancora stanzianti casi del genere.
Ricciardi: “Quali le motivazioni della mancata autopsia sul corpo di suo fratello? Anche nei giorni scorsi c’è stato un ennesimo rifiuto…Ricordo che è prassi, il più delle volte, farle eseguire su persone decedute in detenzione e che, in più, nel caso di tuo fratello a maggior ragione è logico ci debba essere, date le circostanze, in qualunque caso tragiche, e comunque non chiare, in cui è stato trovato. Ricordo che la stessa causa presunta della morte, cioè la rottura dell’osso del collo, solitamente non si definisce con certezza senza un’autopsia, e che vi erano lividi sospetti sulla salma di Stefano”.
Dal Corso: “La motivazione loro è che, intanto, è una morte pacifica, e quindi non ha bisogno di autopsia”.
Ricciardi: “Ci mancava pure che dicessero “serena”, questi signori”.
Dal Corso: “Esatto, di sereno c’è poco proprio nella loro situazione, anzi non dovrebbero proprio stare sereni loro. Sulla base dei nostri dubbi, sulla base di quello che noi vediamo dalle foto, ma non solo noi, ma anche i medici legali, dove si evidenziano dei segni di tenuta delle braccia, e dove, tra l’altro, risulta un corpo vestito, e quindi non si può vedere altro, sulla base di segni sul collo, che comunque sono ben diversi da quello che può essere una impiccagione. Loro dicono anche che non serve, in quanto il costo di un’autopsia è troppo elevato, per farla su una morte già data per certa, in quanto suicidaria”.
Ricciardi: “Eppure, non sono neanche soldi loro, è per il bene comune. A rendere ancora più strana la mancata richiesta dell’autopsia da parte della Procura vi è la circostanza che mancano foto del corpo di Stefano nel modo in cui è stato detto fosse stato trovato, impiccato alla finestra, ed il letto che doveva toccare con i piedi è perfettamente intatto, senza tracce di un dimenarsi… Inoltre, nella cella mancavano indumenti e lenzuola in più per confezionare un cappio, e la distanza con il letto sottostante era addirittura insufficiente a lasciarsi cadere. Avete mai avuto risposta dal carcere di Oristano su queste macroscopiche e misteriose stranezze?”
Dal Corso: “Esatto; dalle foto che hanno fatto, risulterebbe un lenzuolo troppo lungo, dove si sarebbe impiccato, per cui avrebbe toccato il letto, o per terra. Risulterebbe un letto completamente fatto, dove nessun lembo di lenzuolo mancante viene visionato: risulterebbe un letto perfettamente rifatto, stranamente per una persona che si vuole impiccare, che non riporta alcuna impronta di scarpe, visto che lui aveva le scarpe, e non viene riportato un letto smosso da uno che ci sale sopra, per portare a termine questa cosa, quindi ciò lascia presupporre altro. Inoltre ci sono relazioni di ben tre, distinti medici legali, tra cui la molto nota medico, dottoressa Cattaneo, nonché due medici legali di Napoli, che hanno parte dell’Università degli Studi di Napoli, Federico II, che quindi riportano che i segni sul collo, riportati, visionati da loro, tramite foto: per loro, sarebbero più attribuibili ad uno strangolamento che non a un’impiccagione”.
Ricciardi: “E poi non viene fotografato impiccato, Stefano; forse non l’hanno fotografato, perché non potevano, perché forse non è accaduto”.
Dal Corso: “Esatto: non è accaduto, per me, che lui si è impiccato, per questo non ci sono foto che lo ritraggono impiccato”.
Ricciardi: “Ma avete avuto risposta dal carcere di Oristano?
Dal Corso: “Non c’è nessuna stranezza, per loro: è tutto regolare”.
Ricciardi: “Però ciò è contraddetto da tutti questi dati”.
Dal Corso: “Esatto, ma è per questo che noi ci stiamo battendo, e continuiamo a richiedere, a forza, l’autopsia, sulla base di quello che riportano i medici legali illustri, e che per diventare illustri hanno fatto degli studi diversi da quello che fa un medico di base”.
Ricciardi: “Certo, ma poi è prassi quasi assoluta fare autopsie a detenuti, a volte anche persone anziani, a volte morti in detenzione ospedaliera, in molti casi anche senza dubbi particolari, giusto per fugare voci o eventuali voci, e diradare ogni ombra… Qui, invece, ce ne sono di ombre”.
Dal Corso: “Certo, assolutamente sì”.
Ricciardi: “Di solito chi si suicida lascia una lettera, un ultimo messaggio: in questo caso, nulla di ciò, inoltre, Stefano non manifestava depressione, ed oggettivamente era prevista a breve la sua scarcerazione, oltre al fatto che Stefano era profondamente legato alla figlia di sette anni. Perché, a tuo avviso, c’è stato un propendere per il suicidio, che a voi appare illogico, e soprattutto perché la mancanza di volontà di chiarire? Se fosse suicidio, nessuno dovrebbe temere di essere accusato, invece non si vogliono fugare le ombre…”
Dal Corso: “Guarda, io ti posso rispondere per quello che penso io, perché questo è un caso dove c’è da nascondere tanto, e tutto: è per questo che loro non approfondiscono quello che viene scritto da un medico legale, quello che si evidenzia in modo così chiaro dalle foto, perché un detenuto, morto impiccato, per mano sua, non può avere dei segni sulle braccia”.
Ricciardi: “Certo; quindi, diciamo, può darsi (senza andare nei dettagli, perché ci sono indagini in corso) che abbia reagito a qualcos’altro, a qualche prevaricazione”.
Dal Corso: “Per me, assolutamente sì, assolutamente sì, cioè è successo dell’altro, rispetto alla loro tesi. Io sto aspettando per dire quello che penso proprio, ma quello che penso io è che sia successo proprio altro”.
Ricciardi: “Certamene… A proposito, un altro episodio veramente oscuro si è verificato inoltre nel marzo di quest’anno, con l’arrivo di un libro indirizzato a Stefano, tuo fratello, nonostante fosse notoriamente deceduto da mesi: il volume era di una medium, Maria Simma (a sua volta deceduta, da anni), e le parole sottolineate erano “confessione” e “morte”. Il tutto sembra un’allusione, forse che qualcuno dovesse confessare una morte, forse come se dall’Aldilà qualcuno potesse ancora raccontare che una confessione fosse connessa ad una morte. Ovviamente, è del tutto “terreno” l’invio del libro, con due finti fattorini di Amazon, che ti hanno avvisata con una telefonata, quindi avevano il suo cellulare, per cui dietro deve esserci qualcuno che avesse qualche possibilità di contatto con ambienti che avevano una conoscenza con voi. Che idea ti sei fatta di questo inquietante anomalo episodio? Ci sono risultati di indagini a questo riguardo?”
Dal Corso: “Sì, sei mesi dopo, circa”.
Ricciardi: “Se fosse stato mandato per dare conforto, per aiutare la fede, si presume che la persona si sarebbe firmata, invece in queste circostanze sembra un episodio da brivido”.
Dal Corso: “A proposito di anomalie, il pm di Oristano, Sara Ghiani, in modo molto tranquillo, dice che è uno scherzo macabro, di amici nostri”.
Ricciardi: “Ma poi che amici sarebbero? Mi permetto, una cosa è mandare un testo con l’intento di confortare, sulla fede, un altro è mandare un libro, senza mittente: il gesto, in questo modo, ha un altro significato, a prescindere dal contenuto del libro.”
Dal Corso: “Io penso che ci sia ben poco da dire: viene presa in giro l’intelligenza, non solo mia, ma di tanti. C’è poco da girarci intorno: quando sul libro vengono sottolineate “La confessione” (che se tu vai sul dizionario, lo sai che significa: confessare qualcosa), e “La morte”, io lo attribuisco semplicemente a una confessione su una morte avvenuta. Qualcuno ci sta dicendo che quello che è successo non è vero, e c’è da fare una confessione su una verità, semplice”.
Ricciardi: “Un riferimento ad un lavarsi la coscienza, poi, senza firmarsi: fa pensare ad una persona che ha paura di dirlo apertamente”.
Dal Corso: “Certo”.
Ricciardi: “Oltre a raccogliere soldi per una consulenza, un approfondimento di parte, riguardo un’autopsia (peraltro costosa, pagata di tasca propria), averla comunque, quali altre iniziative avete in programma, oltre a questa importantissima iniziativa? Ricordo che la vostra avvocatessa è Armida Decina, una legale conosciuta dopo la morte di Stefano”.
Dal Corso: “Sì, le iniziative sono tante. Oltre a opporci a gran forza alla chiusura del caso: quello è la prima cosa in assoluto; la seconda, di nuovo, è la richiesta di autopsia, perché, sulla base di tanti elementi, che ho già menzionato, c’è da indagare”.
Ricciardi: “C’è da chiarire anche se la videosorveglianza esista ancora”.
Dal Corso: “Certo, ci sono da chiarire tante cose, tane; i dubbi sono tanti, e le iniziative che noi abbiamo sono queste, per quanto riguarda la legge, e stiamo organizzando degli eventi, per cercare di creare un fondo, per poter pagare questa autopsia, che è del costo di 10.000 euro”.
Ricciardi: “Quindi, molto costosa. Per fortuna, c’è molto sostegno popolare, vedo tutt’ora striscioni, manifesti, nel quartiere…”
Dal Corso: “Sì, per fortuna, anche se ad oggi si è un po’ fermata la raccolta fondi sulla piattaforma “You found me”, e siamo riusciti a pagare una prima tranche, che è per la relazione medico-legale, ma per quanto riguarda la rimanente somma, di 6000, siamo a zero”.
Ricciardi: “Certo, quindi bisogna andare avanti con estrema difficoltà, quando è un vostro diritto avere chiarezza: una cosa anche per il bene degli altri, che anche non accada più qualcosa di analogo”.
Dal Corso: “Certo, soprattutto, certo. Adesso io devo chiarire, in primis, per mio fratello, ma quello che io riuscirò a fare per mio fratello, sarà d’aiuto, domani, per quelli che verranno…, poichénessuno, dico nessuno, neanche la legge, ha il diritto di toccare i detenuti… nessuno, anzi, innanzitutto loro”.
Ricciardi: “Del resto, lo Stato deve essere lo Stato di Diritto avendo le carte in regola, altrimenti non è tale, chi chiede rispetto lo deve dare”.
Dal Corso: “Diciamo che lo Stato doveva proteggere, i suoi rappresentanti erano coloro chedovevano proteggere”
Ricciardi: “Certo, era nelle mani dello Stato”.
Dal Corso: “Sì, dovevano proteggere, ma qui non c’è stata alcuna protezione”.
Ricciardi: “A proposito, il pm avete la possibilità di cambiarlo, dato che non c’è questa comunanza d’intenti?
Dal Corso: “Abbiamo già fatto richiesta, ma è stata rifiutata: beh, è ovvio”.
Ricciardi: “C’è qualche possibilità ulteriore?”
Dal Corso: “Non credo, non si può fare più”.
Ricciardi: “La Procura può fare una denuncia per conto suo, aprire un fascicolo per conto suo? Visto che non sono reati a querela di parte, si tratta di un possibile omicidio, insomma”.
Dal Corso: “Certo”.
Ricciardi: “La Procura può quindi aprire una indagine per conto suo, a prescindere da questo pm?”
Dal Corso: “No, perché lui è morto a Oristano, quindi la Procura è quella, il pm è quello. Io avevo richiesto anche di farlo seguire qua, il caso, a Roma, di cui lui era nativo, quindi volevo che se ne occupasse il Tribunale di Roma…ma non si può fare, perché lui è morto là”.
Ricciardi: “Però l’autopsia, e le relazioni che già esistono, dobbiamo auspicare che cambino le cose, riguardo la linea da seguire, perché di fatto già cambiano le cose”.
Dal Corso: “Allora, nel caso in cui non c’è il medico legale di parte, non è possibile; se io la faccio, con i miei medici legali di parte, non è possibile usare i risultati dell’autopsia: processualmente non può essere usata”.
Ricciardi: “Puoi coinvolgere qualche medico non soltanto chiesto da voi? “
Dal Corso: “E’ uguale, viene sempre considerato un medico mio, di parte”.
Ricciardi: “Eppure, dipende da loro che non ci sia un medico che non sia stato coinvolto dalla famiglia”.
Dal Corso: “Non lo vogliono far fare, quindi non mandano un medico al di sopra delle parti”.
Ricciardi: “Eppure, l’impressione è che ci sia prova logica che qualcosa non va, anche a prescindere dall’autopsia”.
Dal Corso: “Ma è ovvio, è ovvio”.
Ricciardi: “Non so se vuoi aggiungere qualcosa che non è stato ancora aggiunto”.
Dal Corso: “Oggi diciamo che la stanno confermando loro, la prova che è successo altro: la stanno firmando loro”.
Ricciardi: “Assolutamente sì, non so se vuoi aggiungere ancora altro, ma so che ci saranno presto novità”.
Dal Corso: “Sì, presto usciranno delle cose, che al momento non possono essere rese pubbliche, lo saranno quando escono legalmente”.
Ricciardi: “Comunque, siete attivi su tutto”.
Dal Corso: “Assolutamente sì”.
Introduzione e quesiti di Antonella Ricciardi; intervista dell’estate 2023