L'Italia Mensile

Vance il post-liberale

Aleksandr Dugin

Vance si definisce una “destra post-liberale”. Questo è molto significativo, più significativo di Steve Bannon nel primo mandato di Trump.

Possiamo ora parlare di un’offensiva frontale dell’anticapitalismo illiberale a destra e del declino dell’alleanza senza uscita dei tradizionalisti con il capitale globale.

Una svolta completamente nuova, a lungo prevista e teorizzata dalla Nouvelle Droite in Francia e in Europa e da noi in Russia.

Una nuova epoca ideologica sta iniziando sotto i nostri occhi.

La fine del liberalismo coincide con il crollo della geopolitica unipolare (atlantismo), del globalismo e dell’egemonia occidentale.

Il mondo multipolare e l’emergere delle Civiltà-Stato come attori principali è una rivoluzione assoluta rispetto a tutti i periodi della Modernità, in cui agivano solo Stati nazionali, classi e individui borghesi.

Ma se c’è un Postmoderno a sinistra (che è il vecchio idiota Biden, Nuland, Blinken, Macron, Ursula e i Rothschild), c’è anche un Postmoderno a destra.

Si tratta di una svolta molto seria che richiede una riflessione nuova e approfondita.

Uno studio attento e accademicamente rigoroso di questi processi sta diventando un tema urgente.

Il mondo in cui viviamo ha una dimensione filosofica stravagante, esotica, trasversale, ma assolutamente incomprensibile se non si sviluppano i principi e le pratiche di un pensiero pienamente filosofico.

L’elezione di Vance a potenziale candidato alla vicepresidenza è un argomento cruciale a sostegno di questa posizione.

Tucker Carlson, un altro politico sintomatico della “destra post-liberale”, mi ha detto che non ci sono più filosofi negli Stati Uniti, pensando che invece noi ne abbiamo in abbondanza.

Non l’ho dissuaso, ma qualcosa sta cominciando a cambiare negli Stati Uniti.

(t.me/ideeazione)

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