Via via che la Repubblica, pezzo dopo pezzo, si realizza, il Duce si sposta sempre più a sinistra.
Dice Guglielmo Salotti:
“Indubbiamente Mussolini non poteva non essere rimasto lusingato dagli apprezzamenti, riferiti più volte da Bombacci, espressi a suo tempo nei suoi riguardi, da Lenin (“uomo nato per la rivoluzione”, “unico socialista serio in Italia”); ed era arrivato al punto di affermare, il 3 marzo 1944, che la Repubblica Sociale Italiana era l’unico governo esistente autenticamente socialista, con la sola possibile eccezione della Russia sovietica.” Le parole del Duce furono esattamente queste: “L’Italia è il primo paese, dopo la Russia, che bandisce un così sostanziale e non equivoco decreto sulla socializzazione quale quello approvato nel Consiglio dei ministri del 12 febbraio, e di cui si vedranno prestissimo le prime concrete attuazioni…”
Nuovamente il Salotti: “.
…nel giugno ’44, sull’ultimo numero della rivista fiorentina “Italia e Civiltà” – che oltretutto, come rileva Domenico Settembrini, non figurava fra le testate più dure e “sociali” ( era la rivista dell’Accademia d’Italia.
N.d.A.) – Ardengo Soffici (l’articolo non è firmato, l’attribuzione è quindi probabile), dopo aver espresso l’ammirazione per i russi che “si sono battuti con l’animo di un popolo che ha compiuto la sua rivoluzione fino in fondo”, e la stima per Stalin che “bada a vincere la guerra”, mentre Churchill e Rooselvet si perdono in chiacchiere, arriva a scrivere etc.etc.etc.”
Ma vediamo nella sua integralità il brano sofficiano cui il Salotti fa riferimento: “E sappiano finalmente Rooselvet e Churchill e tutti i loro compari, che i fascisti più consapevoli, i quali hanno sempre riconosciuto nel comunismo la sola forza viva contraria alla propria, non tanto nella Russia quanto nella plutocratica Inghilterra e nella plutocratica America hanno individuato il vero nemico.
Sempre essi hanno sentito di discordare, sì, dai comunisti su molti punti, ma anche di concordare con essi su molti altri, e precisamente e soprattutto di concordare su ciò che non vogliono. Vale a dire, noi e i comunisti concordiamo nel non volere più, né gli uni né gli altri, la vecchia società borghese, liberale, capitalistica.
E sappiano anche, i Rooselvet, i Churchill e i loro compari, che quando la vittoria non toccasse al tripartito, i più dei fascisti veri che scampassero al flagel-lo, passerebbero al comunismo, con esso farebbero blocco.” (La sottolineatura è nel testo. N.d.A.)
Ora, il Lettore comprende benissimo che posizioni così organiche, autorevoli, impegnati-
ve, addirittura straordinarie e strabilianti potremmo dire, Ardengo Soffici non era solo un intellettuale prestigioso, ma anche il direttore della rivista ufficiale dell’Accademia d’Italia – non si prendono senza le debite autorizzazioni “de li superiori”.
Ma vediamo come sempre il Salotti chiosa l’iniziativa del Soffici: “Demagogia? Propaganda?
Un po’ difficile sostenerlo, quando si pensi che in quel giugno 1944 alle porte di Firenze non c’erano i sovietici, ma le armate delle “plutocratiche” Inghilterra e America.
Per Mussolini, comunque, l’avence alla Russia rientrava anche in una sorta di “politica dei ponti” gettati all’esterno e all’interno verso l’altra sponda, una politica che trovò sempre tenaci avversioni in alcuni settori del Partito, in particolare in Roberto Farinacci.”