di Alessandro Cavallini
Negli ultimi anni, anche in ambienti antagonisti, abbiamo sentito parlare di sovranità come unica possibilità di opposizione all’attuale Sistema mondialista e liberalcapitalista. Se non vi sono dubbi che questa affermazione è totalmente corretta, spesso però si dimentica di specificare meglio per quale motivo il recupero della sovranità è la conditio sine qua non per un cambiamento radicale dell’attuale assetto politico-sociale. Cosa comporterebbe, nei fatti concreti, il recupero della sovranità nazionale? Il ripristino fattuale e non puramente formale dell’unico soggetto politico che nella modernità ha permesso l’attuazione di vere politiche redistributive e di giustizia: lo Stato sociale.
Facciamo un piccolo ripasso di storia. Di Stato sociale si comincia a parlare alla fine dell’Ottocento, quando, a seguito della rivoluzione industriale e della forte crescita demografica, si assisteva contemporaneamente al forte aumento delle povertà e delle diseguaglianze. Non era più pensabile che solo le istituzioni religiose e quelle di beneficenza si occupassero dei più fragili, era necessario anche un intervento dall’alto. Da qui la nascita delle prime associazioni sociali obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro, per le malattie e contro la disoccupazione.
Ma è soprattutto a cavallo tra gli anni Venti e Trenta del Novecento che assistiamo alla crescita esponenziale dello Stato sociale, coinvolgendo Nazioni tra loro molto differenti da un punto di vista politico e ideologico: abbiamo il New Deal negli Stati Uniti dopo il tracollo del 1929, la crescita dello Stato sociale ad opera del nazionalsocialismo in Germania sulla scia di quanto già aveva iniziato a fare Bismarck, lo sviluppo della socialdemocrazia in Svezia, l’estensione delle assicurazioni universaliste nel Regno Unito, le riforme sociali del fascismo in Italia e l’ordinamento socialista in Urss. Tutte esperienze tra loro molto differenti se non antitetiche ma con un minimo comun denominatore: la tutela della massa, il nuovo soggetto sociale nato a fine Ottocento con l’inizio della modernità.
Oggi però, in piena postmodernità, la massa sembra essere scomparsa o, peggio ancora, si è trasformata dando vita alla categoria dei dominati, molto ben descritta da Diego Fusaro: così chiamati perché in contrapposizione ed in posizione subordinata rispetto ai dominanti, le élites tecnocratiche detentrici del Potere reale (altro che i “patrioti” attualmente al governo in Italia…). E l’unica possibilità oggi per i dominati di uscire dall’angolo in cui sono stati messi è appunto quella di recuperare la sovranità, quella vera e non di facciata, con il ripristino di uno Stato sociale che garantisca loro le libertà e i diritti oggi negati. Ma a chi rivolgersi?
Di sicuro non alla sinistra, unicamente interessata alle tutele delle varie minoranze politicamente corrette che confondono i diritti coi desideri. Ancor meno alla destra, da decenni incapace di avere un serio progetto politico-culturale e, soprattutto, totalmente inaffidabile e sempre prona ai desiderata del potente di turno (Nato, Ue, Fmi, Oms ecc ecc ecc). Quindi non vi è alcuna speranza a cui aggrapparsi?
Ricordiamo che, a differenza di quello che diceva il Re Sole, “lo Stato siamo noi”, i cittadini che con il sudore del proprio lavoro quotidiano, sia esso manuale o intellettuale, permette allo Stato di esistere. Certo, la burocrazia statale di oggi ci appare quotidianamente come qualcosa di lontano anni luce da noi ma ricordatevi che non siamo noi a vivere per lo Stato ma è lo Stato che vive grazie a noi. Non si tratta solo del pagamento delle tasse ma anche dell’impegno quotidiano che tutti noi portiamo avanti per tenere alto l’onore di questo Stato italiano che per tradizione e cultura ci appartiene.
Ed è proprio dietro quel tricolore che oggi il popolo italiano, unito al di là delle anacronistiche divisioni del secolo scorso, può riprendersi la propria sovranità. Solo liberandoci dalle pastoie dei poteri stranieri, tutti indiscriminatamente, possiamo riprendere possesso del nostro Stato e declinarlo in senso nazionalpopolare. Ce lo chiedono tutti i Caduti della Prima Guerra Mondiale che, pur di vedere la nostra penisola liberata da chi non era italiano, sono stati disposti a morire.