Di Fabio C. Maguire
Visto l’intensificarsi dello scontro e l’aggravarsi della condizione dei civili residenti a Gaza, il conflitto potrebbe a breve allargarsi ed includere altri attori regionali.
Teheran ha ripetutamente avvertito sia Tel Aviv che Washington del pericolo reale di uno scontro su vasta scala in Medio Oriente se il regime israeliano non avesse abbandonato i suoi progetti di sterminio.
Al momento, l’Iran non è intervenuto contro Israele ma sembra che il punto di non ritorno sia vicino.
Il Ministro degli Esteri della Repubblica Islamica ha dichiarato che la “propagazione della guerra è inevitabile” e che presto potrebbe diffondersi nella regione.
“A causa della crescente intensità della guerra contro i residenti civili a Gaza, l’espansione della portata dello scontro è inesorabile”, ha dichiarato Amir-Abdollahian al suo omologo del Qatar. Durante una conversazione telefonica.
Le sue dichiarazioni sono state poi pubblicate anche sul sito web del Ministero come a voler sottolineare la collettiva adesione della politica iraniana alle considerazioni del proprio Ministro.
Per il Presidente Raisi il dovere dell’Iran resta quello di dover sostenere i gruppi di resistenza sparsi per il Medio Oriente, lasciando che però questi continuino a lavorare in modo indipendente nell’interesse della collettività.
Hezbollah in Libano e la Resistenza islamica in Iraq sono movimenti sostenuti da Teheran che però agiscono liberamente, come anche dimostrato nelle ultime settimane.
Infatti, Hezbollah ha ingaggiato una dura lotta con Israele lungo il confine meridionale e la Resistenza in Iraq ha colpito in diverse occasioni le basi militari americane presenti nel paese, provocando la morte di circa 60 soldati statunitensi.
Oggi, il Presidente iraniano si incontrerà con altri leader arabi in Arabia Saudita per discutere della questione ed elaborare dei provvedimenti affinché l’assedio di Gaza finisca.
L’Iran non riconosce lo Stato di Israele dal 1979, anno in cui si verificò la cosiddetta rivoluzione islamica che ha fatto della causa palestinese un perno della propria politica estera.