Maurizio Neri
Molti immaginano una riforma strutturale e dunque radicale dell’Ue. Ma la UE è stata edificata per essere ciò che realmente è.
Per questo ha mostrato di essere del tutto sorda a un cambiamento di indirizzo e quindi del tutto irriformabile. Resta una superstruttura finalizzata ad imporre agli Stati membri un ordinamento di natura autocratica, distruggendone le rispettive Costituzioni, e a utilizzare la moneta unica quale fattore di stabilità economica e finanziaria ai danni delle classi popolari nonché di progressivo rafforzamento dell’economia di alcuni Stati a danno di altri.
Per questo, in assenza di tali mutamenti strutturali, occorre prevedere e cominciare ad articolare un Piano finalizzato all’uscita dal sistema Euro Maastricht e lavorare alla costruzione di una Federazione di Stati Sovrani, per quanto ci riguarda socialisti, in modo che si possa attuare un recupero della sovranità nazionale che possa consentire la ricostruzione integrale degli assetti costituzionali, a partire dall’affermazione di una nuova centralità del lavoro in tutti i processi decisionali del Paese e nei rapporti sociali ed economici.
Ciò vorrebbe dire il recupero da parte dello Stato della sovranità monetaria e delle sue funzioni di intervento pubblico in economia, così da far fronte con mezzi autonomi, o autonomamente reperiti, ad ogni possibile crisi di liquidità.
Un Piano che poggi la sua concreta attuazione sull’avvio di un deciso processo di autonomia del paese nelle relazioni internazionali, verso il consolidamento di un sistema multipolare di rapporti internazionali che garantisca la cooperazione e la pace tra i popoli e gli stati , e un sistema di rapporti commerciali , di reperimento delle materie prime, di orientamento produttivo dei capitali di investimento ,e di costruzione degli accessi di mercato alle produzioni nazionali, libero dai condizionamenti e dalle strettoie imposte dal sistema finanziario globale e dal condizionamento del capitale multinazionale .
Con una tale essenziale premessa, potrebbe essere rinnovato l’impegno su basi più avanzate per conseguire obiettivi progressivi e favorevoli al Paese e alle sue classi subalterne.
La ridefinizione del ruolo pubblico della Banca d’Italia come prestatrice di ultima istanza, capace, se necessario, di utilizzare anche le politiche monetarie come mezzo di soluzione delle politiche fiscali, la trasformazione della Cassa Depositi e Prestiti in una vera e propria banca d’investimenti pubblici, e la parallela creazione di un Istituto Pubblico di natura economica e industriale con capacità e poteri di programmazione degli indirizzi dello sviluppo che si richiami alla vecchia IRI, costituiscono tre strumenti essenziali per la ricostruzione di un ruolo pubblico centrale nella definizione e controllo delle politiche industriali del paese.
Nazionalizzazione dei settori strategici di primario interesse, la rimodulazione in senso progressivo dell’imposizione fiscale e la promozione di una tassa patrimoniale sulle grandi ricchezze, una volta fatte rientrare quelle trasferite all’estero, e sulle rendite speculative di natura finanziaria ed immobiliare, una limitazione della libera circolazione dei capitali, l’adozione di misure e sistemi di tutela del valore effettivo delle retribuzioni, delle pensioni, e del risparmio delle famiglie, dei produttori autonomi, e dei lavoratori, con la definizione di un sistema di incentivazione della funzionalizzazione del risparmio privato all’investimento per il sostegno dell’economia del paese, e l’abolizione del divieto per la Banca d’Italia di acquistare i Bond invenduti in prima emissione.
Beninteso, per tutto questo, occorre al più presto formare Fronte Popolare di Liberazione Nazionale o una coalizione di soggetti politici all’altezza del compito, che abbia come Linea Teorica il Socialismo, che abbia la capacità di guidare e intercettare le lotte sociali future e che si proponga di rappresentare politicamente gli interessi delle classi popolari e produttive schiacciate dalla crisi sia dentro le Istituzioni sia nei luoghi di lavoro e nei territori.
Consapevoli che oggi la parte di popolazione che ha subito inerme le politiche di globalizzazione dei mercati presenta una composizione più articolata rispetto al passato. Auspichiamo che da un lato il conflitto ritrovi cittadinanza politica perché rappresenta il cuore della vita democratica – soprattutto nell’articolazione capitale/lavoro – e dall’altro la composizione di un nuovo patto costituzionale e sociale che definisca nuovi rapporti di forza tra capitale e lavoro, ristabilendo la centralità dei lavoratori a livello politico, economico e sociale. Nel quale lo Stato avvii politiche di piena occupazione per esempio attraverso grandi opere pubbliche di messa in sicurezza dell’intero territorio nazionale.