Stefano Dal Corso nasce a Roma il 24/11/80.
Muore a Oristano il 12/10/22.
Entra nel carcere di Massama Oristano vivo e ne riesce morto!
Un ragazzo di 43 anni pieno di vita, di ottima salute come possiamo vedere anche dalla relazione della psicologa del carcere e pronto a ricominciare a mettere tutti i pezzi della sua vita in ordine, soprattutto perché aveva una figlia di 7 anni che amava follemente…
Un ragazzo dalla vita segnata sin da piccolo.
Un infanzia da dimenticare.
Ultimo di 10 figli di una famiglia precaria, deve fare fin da bambino i conti con la dura realtà della vita.
Lo conoscono tutti come un ragazzo che non si fa mettere i piedi in testa, ma buono, intelligente e anche bravo in qualsiasi si impegnava a fare.
lo metteva a fare…
Un ragazzo di strada, di quelli pronti a “mangiare marciapiedi”, ma anche a portare le buste a casa alle vecchiette.
Stefano odiava i profittatori, i prepotenti, gli abusi, le ingiustizie.
Parecchie volte è sceso in difesa dei più deboli, rischiando sempre in prima persona…
Non era un santo, ha fatto tante cazzate, ma le ha sempre pagate sulla sua pelle.
Spesso vittima di un sistema che gli ributtava a terra ogni volta che si rialzava, additato per i vecchi errori.
La droga ha fatto il resto.
Ma anche contro questo mostro ne era uscito vincitore.
Nonostante l’assenza di ogni aiuto da parte delle Istituzioni.
Stefano sarebbe dovuto uscire per fine pena a dicembre 2023.
Sarebbe tornato a vivere a casa sua, a Roma, al Tufello.
Stava già cercando lavoro.
Era detenuto nel carcere romano di Rebibbia, perfettamente inserito, pronto ad uscire, con ottime relazioni e un futuro davanti che stava programmando passo dopo passo.
È stato tradotto ad Oristano l’8 ottobre del ’22 nel carcere di Massama per un processo.
Questo si ha permesso di fare un colloqui con la figlia che vive a Paulilatino, in Sardegna.
Sarebbe dovuto rientrare a Rebibbia il 13/10/22, invece il 12/10/22 ci arriva la terribile telefonata: Stefano si è impiccato!
Impiccato?
Immediatamente il dolore ci ha sopraffatto, ma non così tanto da credere ad una cosa del genere.
Mai Stefano si sarebbe tolto la vita.
Dalle foto scattate appena morto, infatti, si nota che si era rasato i capelli e fatto la barba, perché la mattina seguente doveva prendere l’aereo per fare rientro a Rebibbia.
Sono molti u lati oscuri di questa vicenda.
Una relazione del medico legale di parte dice che dalle foto ci sono segni di strangolamento e non impiccagione.
Per non parlare poi delle tante voci che arrivano dal carcere che dicono ben altro…
Che ovviamente rimangono anonime per paura di ritorsioni da parte degli agenti.
Il Pm di Oristano sono già due volte che respinge la richiesta dell’esame autoptico.
Per iniziare a questa lunga “guerra” di giustizia e verità il primo passo da fare sarebbe quello di fare una autopsia.
Ma in Italia il sistema giudiziario non solo è malato e spesso infame, ma si autodifesa.
L’autopsia è a carico della famiglia e costa 6.000 euro.
Avete capito bene.
6.000 euro!
La famiglia di Stefano è una famiglia proletaria, una famiglia della Roma popolare, del Tufello e 6.000 euro non li ha.
Ma ROMA non abbandona i suoi figli!
Per questo noi ci stringiamo intorno a Mary, la sorella di Stefano, a Laura, la cugina, nostre amiche e sorelle di lotta, e non le lasciamo sole.
TROVEREMO I 6.000 EURO E FAREMO L’AUTOPSIA!
Senza la quale il caso verrà archiviato e Stefano verrà classificato come suicida.
Invece noi vogliamo GIUSTIZIA E VERITÀ!
Stefano non si è tolta la vita!
E da questa prima verità siamo pronti a partire.
Per Stefano.
Per Mary.
Per Roma Libera e popolare…
Per tutti i figli di Roma…
Per i proletari che non saranno mai soli!