Il bardo cosmopolita Roberto Saviano torna di nuovo a scendere dal sontuoso attico di Nuova York.
Come Apollo dall’Olimpo, così egli si cala nobili alture, non prima di aver deposto le titillevoli aragoste rosse e gli inebrianti tartufi bianchi, immancabili sulle tavole apparecchiate degli intellettuali che producono i quadri di giustificazione del disordinato ordine della globalizzazione turbocapitalistica.
E, cinto da noia patrizia, il bardo cosmopolita tuona con scarsa originalità contro i concetti di Dio, patria e famiglia, liquidandoli ovviamente come “fascisti” e regressivi. Ancora una volta, l’immarcescibile bardo cosmopolita si rivela intellettuale organico al pensiero unico politicamente corretto, al nuovo ordine mentale di completamento del nuovo ordine mondiale.
Più precisamente, di quel nuovo ordine mondiale che lo ha eletto a proprio aedo e rappresentante intellettuale, garantendogli permanenti visibilità e successo.
La globalizzazione capitalistica non accetta la patria, la famiglia e Dio, dacché vuole vedere ovunque consumatori sradicati e apolidi, che non credono in nulla e che non hanno più alcun legame solido e solidale.
Ed ecco che gli intellettuali schierati saldamente dalla parte dell’ordine mentale dominante non possono che intervenire per condannare inappellabilmente la patria, la famiglia, Dio.
Anche in questo si risolve la catechesi globalista che il bardo cosmopolita senza posa viene donando alle rozze masse populiste, che ancora non hanno capito la splendente razionalità di ciò che quotidianamente le fa soffrire nella globalizzazione capitalistica.
di Diego Fusaro