L'Italia Mensile

RIZZO PELATO, SERVO DELLA NATO!

Oggi pacifi-nto a sostegno di un finto referendum… ieri guerrafondaio vero contro la Serbia.
Da sempre agente del sistema!

“Rizzo pelato, servo della NATO”.
Questo lo slogan apparso sui muri di Torino nel lontano 1999.
Il motivo era allora chiaro.

Marco Rizzo era uno dei principali dirigenti (coordinatore della segreteria nazionale) del cosiddetto Partito dei Comunisti Italiani, diciamo il numero tre, dopo Cossutta e Diliberto.

Come tale era stato, nel 1998, uno dei principali organizzatori della scissione del Partito della Rifondazione Comunista. Scissione di destra.

Quando Bertinotti era stato costretto, a malincuore, a rompere col centrosinistra sfiduciando Prodi, i cossuttiani avevano rotto con lui per continuare a sostenere il governo; governo che in realtà era stato sostituito da quello di D’Alema, in cui i cossuttiani erano entrati a pieno titolo, ottenendo il ministero della Giustizia, affidato a Diliberto, e quello degli affari regionali, a Katia Bellillo.

Fu questo il governo che nel 1999 partecipò alla guerra della NATO contro la Jugoslavia, bombardando Belgrado con aerei italiani, mentre tutti gli aerei NATO partivano dalla base italiana di Aviano.

Il buon Rizzo non mosse un dito contro l’appoggio del suo partito al governo di guerra, anche quando una minoranza dei delegati del PdCI ad un congresso del partito sollevò obiezioni (salvo poi capitolare con il profondo argomento che tanto la guerra… stava per finire con la vittoria della NATO).

Nella storia del Partito Comunista – che è poi in realtà sostanzialmente la storia del grande capo Rizzo – pubblicata sul sito del partito rizziano si afferma che il rapporto tra lui e gli altri dirigenti del PdCI cominciò ad incrinarsi all’epoca della guerra del Kosovo cui egli «cercò inutilmente di opporsi» (sic!).

Nemmeno Sherlock Holmes riuscirebbe a trovare il minimo indizio di tale opposizione, e la sua conclusione rivolta al suo fido assistente non potrebbe essere che una: “Elementare Watson: Rizzo mente”.

Dopo la fine di questa guerra e, successivamente, del governo D’Alema, Rizzo cercò di accreditarsi come il capo della “destra” del PdCI.

Nel 2001 si pronunciò contro la partecipazione del PdCI alle manifestazioni contro il G8 a Genova sulla base del motivo per cui non erano presenti i lavoratori (ovviamente la FIOM e il sindacalismo di base non contavano niente).

(Per Rizzo i lavoratori sono solo quelli della CGIL e della Triplice… tanto da condannare i dissidenti dopo la manifestazione del 9 ottobre!
Operazione che portò agli arresti e alla decapitazione della prima linea del dissenso… poi da Rizzo “assaltata” e tentata di prendere… NDR).

Nel 2003, mentre si stava discutendo dell’ipotesi della costituzione di un “Partito del Lavoro”, in pieno Comitato Centrale del PdCI Rizzo affermò testualmente: «il Partito del lavoro c’è già, e Cofferati è il suo capo».

Questo mentre Cofferati si pronunciava, insieme a governo e Confindustria, per il boicottaggio del referendum per l’estensione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Nel 2005, al Parlamento europeo, insieme all’astronauta Guidoni si distinse dal resto del gruppo della Sinistra Europea (GUE).

Il futuro sovranista, infatti, feroce nemico della UE e dell’euro, votò a favore dei trattati europei, mentre tutto il GUE, con un minimo di dignità, votava contro.

Come mai questo riformista di destra si tramutò pochi anni dopo nel leader di una rottura di sinistra?

(Ed oggi addirittura si accredita come leader del fronte del dissenso?
Come sovranista e nemico del globalismo? NDR).

La realtà è molto semplice: bagarre tra burocrati ambiziosi.

Esautorato progressivamente Cossutta, i dioscuri del PdCI divennero Diliberto e Rizzo.
Ma il segretario e il numero uno era Diliberto. Come si dice popolarmente, non possono esistere due galli nello stesso pollaio (riformista).

Rizzo diede un’intervista ad un giornale in cui affermava che lui poteva accontentarsi di essere un “numero due” (testuale), ma a condizione di essere il “vero numero due”.

Sottotraccia era palese che il nostro era adepto della filosofia di Giulio Cesare secondo cui “è meglio essere il primo nel proprio villaggio, che il secondo in Roma”.
Ma scalzare Diliberto si rivelò troppo difficile per il pur intelligente, abile e manovriero Rizzo.

Di fronte a ciò egli aveva due possibilità: o approfondire le posizioni di destra e rischiare di fare la fine del vecchio Cossutta, del tutto emarginato e poi fuori dal partito e ai margini del PD; oppure seguire la “linea Totò (Antonio De Curtis principe di Bisanzio)”, e quindi buttarsi a sinistra.

E questo è quello che Rizzo fece, cominciando col criticare la coalizione dell’Arcobaleno, proseguendo con uno scontro frontale con il gruppo dirigente del PdCI, e in primo luogo con Diliberto, fino ad arrivare ad accusarlo di essere un massone, e a candidare un suo adepto neofita come il filosofo Gianni Vattimo nelle liste concorrenti di Italia dei Valori.

Da ciò la rottura con il PdCI, e la costituzione con gli elementi più critici della linea opportunista del partito – ma anche più stalinisti – di Comunisti-Sinistra Popolare (oggi semplicemente Partito Comunista).

Ma l’isolamento internazionale della esperienza rizziana, lungi dal sottolineare il ruolo del “capo”, lo sminuiva.

Per questo il nostro cominciò a guardarsi intorno per trovare la giusta casa.
E incontrò così il Partito Comunista Greco (KKE).

Questo partito stalinista combina da tempo un sostanziale riformismo, sia pure di sinistra, con una fraseologia rivoluzionaria, ma anche con un assurdo settarismo, in particolare nei confronti delle altre organizzazioni della sinistra (negli anni ’90, pur di combattere il PASOK socialdemocratico, giunse a costituire un governo con la destra).

Da alcuni anni il KKE ha organizzato una lassa unione di partiti stalinisti di sinistra, che ha assunto il nome di Iniziativa dei Partiti Comunisti e Operai d’Europa.
Sufficientemente lassa per non costituire un pericolo per la leadership di Rizzo e, grazie al ruolo del KKE (gli altri partiti sono tutti molto piccoli), sufficientemente prestigiosa per dare una verniciatura internazionalista al suo partito.

Certo, c’erano alcuni problemi di tipo teorico-politico per realizzare l’accordo col KKE.
Ma i problemi teorici non sono evidentemente problemi per Rizzo, e del resto, Atene val bene una messa.

Al momento della sua costituzione, il partito rizziano, conformemente alla tradizione stalinista italiana, si era richiamato a Togliatti (correttamente, dal suo punto di vista) e a Gramsci (abusivamente).

Ma per il KKE il primo era un revisionista, che aveva anticipato quella che tale partito considera la svolta storica kruscioviana; il secondo un semitrotskista (tesi abbastanza corretta).

In obbedienza al nuovo credo, Rizzo non ha esitato un secondo a sbarazzarsi del riferimento ai due.

In particolare, Gramsci era indicato come riferimento nello statuto stesso di Comunisti-Sinistra Popolare.

Nondimeno Rizzo, senza aspettare un congresso né convocare almeno un comitato centrale, espulse Gramsci dallo statuto.

Un gruppo di militanti di Roma protestò per questa scelta nel merito e nel metodo, e si ritrovò rapidamente fuori del partito, ciò che sottolinea la grande democrazia del partito rizziano.

Allo stesso modo Rizzo, silenziosamente, rinunciò al precedente filoputinismo, visto che il KKE considera la Russia un paese capitalistico in sviluppo e la Cina un paese imperialista (…)

(https://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=5842)

Questo articolo-accusa non è scritto da noi, ma dagli ex compagni di Rizzo, da il Partito dei Lavoratori Comunisti.

E si ferma al 2018…

Gli ultimi 5 anni di Rizzo sono più o meno sulla stessa linea.
Trombato in tutte le elezioni, ben coccolato dalle TV di Berlusconi, prima grande sostenitore della scienza e dei vaccini, poi grande accusatore delle “piazze populiste” che si battevano contro la narrazione terrorista e criminale del Covid e contro l’apertura del Green Pass, infine, seppur grande amico e compagno di Landini e Cgil, lo ritroviamo con il massone (o ex massone) rosveltiano Francesco Toscano a capo di Democrazia Sovrana e Popolare.

Da Comunista a dissidente, da servo della Nato a pacifista, da Putiniano ad anti-russo, da operaista ad abrogazionista dell’articolo 18, da no global ad anti G8ino…

Insomma “Francia o Spagna basta che se magna!”

Rizzo Rizzo…

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