L’esercito russo ha deciso di lasciare la città di Kherson senza combattere. L’evidenza empirica non consente di affermare che la ritirata sia dovuta a scarso equipaggiamento o alla voglia di non combattere. Queste affermazioni propagandistiche devono essere corrette. I soldati ucraini hanno provato per mesi a riconquistare Kherson, ma i russi hanno respinto gli attacchi causando un alto numero di vittime tra i nemici. A Kherson, l’esercito russo è stato a lungo sovrastante, come rivelava anche un articolo del Washington Post del 7 settembre intitolato: “I soldati ucraini feriti testimoniano alte perdite per l’offensiva di Kherson”. Che gli ucraini siano stati massacrati dai russi in questi nove mesi, fronte di Kherson incluso, è stato riconosciuto dal comandante dell’esercito americano, Mark Milley. A suo dire, i soldati ucraini caduti sono circa 100.000, grosso modo il numero dei russi. Con la differenza che il numero dei caduti ucraini dovrebbe essere inferiore a quello dei russi giacché la Russia invade e l’Ucraina si difende.
Se gli ucraini sono caduti come mosche, perché abbandonare la città? Le ragioni strategiche sono numerose. Per motivi di sintesi, indichiamo soltanto quella relativa al ponte di Kherson danneggiato dalle armi americane. Se gli ucraini fossero entrati a Kherson, i russi avrebbero avuto bisogno di rifornimenti che il ponte Antonovsky non consentiva di trasferire da una parte all’altra del Dnipr. Per non rimanere intrappolati, i russi hanno ceduto la città mettendo in salvo soldati e attrezzature sull’altra sponda del fiume. Secondo accreditate fonti filo-Nato, la Russia ha condotto un’operazione di alto livello organizzativo e logistico.
Chiariti questi fatti, interroghiamoci sul futuro prossimo. In primo luogo, lo scontro di Kherson può ancora verificarsi. I russi stanno cercando di capire se l’invito alla trattativa di Milley sarà accolto da Biden o da Ursula von der Leyen. Con la Commissione europea ostile alla diplomazia, il massacro di Kherson rimane una potenzialità attivabile che potrebbe avvenire domani o tra tre anni, com’è accaduto al fronte tra Armenia e Azerbaigian. In secondo luogo, è altamente probabile che i generali russi, per ottenere l’autorizzazione ad abbandonare Kherson, abbiano assicurato a Putin una vittoria completa in Donbass. Non a caso, i combattimenti intorno all’area di Bakhmut sono violentissimi: lo stesso Zelensky parla di un “inferno”. In terzo luogo, l’Ucraina è sotto una pioggia di missili e l’inverno favorisce i russi, forti di una superiorità missilistica assoluta. I russi potranno starsene in trincea mentre distruggono le città ucraine con il telecomando.
Infine, due parole sui gruppi di potere italiani che promuovono politiche di guerra in Ucraina con l’aiuto di due propagandisti come Concita De Gregorio e Carlo Calenda, la prima intenta a fare disinformazione e il secondo, un cinico opportunista della guerra, a diffonderla.
Questi gruppi di potere sostengono che la riconquista di Kherson, ricevuta dagli ucraini per gentile concessione, confermerebbe che la strategia dell’Occidente guidato da Biden funziona: grazie al rifiuto della diplomazia – dicono – l’Ucraina sta meglio e può esultare. Non è così. L’Ucraina è un Paese sventrato che la Russia sospinge progressivamente verso l’età della pietra, con un alto numero di bambini ammazzati.
L’Ucraina è fondamentalmente persa. Per mancanza di spazio, e una certa fiducia nella capacità critica degli esseri umani, non documentiamo questa nostra affermazione a causa della sua autoevidenza.
di Alessandro Orsini
da Il Fatto Quotidiano del 15 NOVEMBRE 2022