di Fabio C. Maguire
La Serbia è nuovamente sotto aggressione americana.
Dopo aver perso nettamente le ultime elezioni, il Partito Liberale, sponsorizzato dagli Stati Uniti, ha reclamato l’invalidità dei risultati per presunti imbrogli orchestrati dal Presidente Vucic.
L’opposizione ha perciò indetto diverse manifestazioni che sono ben presto degenerate in duri scontri dove i scioperanti hanno provato, con insuccesso, ad assaltare i palazzi governativi per prendere il controllo dei centri decisionali strategici del paese.
Il colpo di Stato è stato prontamente sventato dalle autorità serbe che, senza utilizzare violenza, hanno arrestato i leader delle proteste che attraverso i social incitavano all’insurrezione contro il potere legittimo e democraticamente eletto.
Belgrado è riuscita a sventare una vera e propria rivoluzione colorata in stile americano grazie al sostegno della Russia che con le sue attività d’intelligence è riuscita nell’arduo compito di intercettare e criptare le belligeranti intenzioni degli oppositori e a individuarne i leader.
Quello che sta accadendo in Serbia è la classica rivoluzione promossa dagli americani per estromettere una classe dirigente poco gradita alla Casa Bianca.
Questo lo si può intuire per via di alcuni tratti comuni che hanno caratterizzato le innumerevoli proteste incitate dagli americani in oltre settant’anni di storia.
In primo luogo, vengono dichiarate invalide le elezioni che, a parere degli esperti occidentali, non rappresentano la reale volontà del popolo e che sono state dunque vittime di un sabotaggio da parte del Presidente in carica.
Successivamente, vengono organizzate enormi dimostrazioni di piazza in cui i presenti tendono spesso ad utilizzare la violenza contro la polizia costringendo poi quest’ultima ad intervenire, rispondendo in egual misura ai manifestanti.
Da lì a poco l’indignazione dell’opinione pubblica occidentale entrerà in gioco, disperandosi per la brutalità della polizia che vigliaccamente sta perseguitando degli innocui e pacifici cittadini.
Se poi si riesce anche ad avere qualche morto allora li la partita è chiusa, esattamente come è successo in Ucraina, Romania, Lettonia e Siria.
In questo momento, l’opposizione ha organizzato un ingente mobilitazione a Belgrado dove hanno partecipato un grande numero di persone che però, come la storia insegna, non sempre sono cittadini locali bensì signori stipendiati da agenzie straniere, prima fra tutte quelle appartenenti all’oligarca Soros.
Infatti, in alcuni video che sono circolati in rete, si può tranquillamente osservare come i manifestanti espongano cartelli con sopra simboli appartenenti ad Optor, un’organizzazione finanziata da Soros che compare sistematicamente in qualsiasi tentativo di rivoluzione colorata in Europa e non.
Il governo serbo ha risposto egregiamente alle proteste, invitando i cittadini alla calma e alla non violenza.
Il Presidente Vucic ha fatto tesoro delle esperienze passate dei suoi colleghi e ha ribadito che la situazione verrà risolta con diplomazia, almeno finché le circostanze lo permetteranno.
Quel che è certo è che la rivoluzione voluta dagli americani non passerà, questo anche a causa dell’assenza di gruppi paramilitari che, come in Ucraina nel 2014, possano alzare il livello dello scontro e porre il paese in uno stato di assedio.
Infatti, se è vero che alcuni esponenti del tifo serbo non stimino il Presidente, non parteciperebbero mai ad un colpo di Stato orchestrato dall’Occidente e soprattutto non tradirebbero mai l’amata Russia, con cui condividono un’alleanza storica.
Inoltre, queste proteste, seppur consistenti, sono perlopiù vissute da personalità ambigue, ovvero esponenti del movimento LGBT, liberali e, dulcis in fundo, oppositori russi scappati dal paese.
Sosteniamo perciò la Serbia e il suo glorioso popolo che da decenni combatte e respinge l’avventurismo americano nella regione.