Redazione “L’Italia Mensile”
Da qualche giorno ormai, il circo mediatico mainstream ci offre un nuovo, ennesimo show: la “protesta” degli studenti in tenda.
Anche ad un occhio poco smaliziato sono evidenti le mille incongruenze di questa “colorata” protesta, l’unica, insieme a quella sul clima, gradita ad una “democrazia” occidentale per mostrarsi come tale.
Abbiamo proposto a Giuliano Castellino e Giuseppe Provenzale di fare una chiacchierata sull’argomento, questa che segue ne è la trascrizione.
Castellino: “Il primo dato che salta immediatamente all’occhio è che questi universitari sono tutti un po’ “fuori corso” e anche figli di papà: uomini e donne che in tempi normali avrebbero già dovuto essere genitori e occupati si accampano lamentando costi insostenibili… ma con vestiti piuttosto costosi e smartphone da almeno 1.500 euro.
Be’, ma magari le ragioni della protesta potrebbero essere giuste e condivisibili e, comunque, questi giovani si sono sempre battuti a difesa del diritto allo studio senza sé e senza ma…
Lo hanno fatto quando si impediva l’accesso in facoltà a chi, pur essendo in regola con le tasse di iscrizione, non aveva accettato la somministrazione di un farmaco sperimentale che serviva ad ottenere un lasciapassare?
Quando le videocamere dei prof spiavano le loro camere da letto?
Quando i mortali effetti collaterali di questi “vaccini”, che immensi profitti hanno portato nelle casse delle odiate multinazionali, iniziavano a fare strage dei loro coetanei?
Si sono accampati davanti alle accademie contro la chiusura stessa delle facoltà universitarie e delle scuole?
Hanno denunciato, almeno a parole, l’apartheid del Green Pass e l’imposizione di una pezza sporca sul viso quale evidente simbolo di sottomissione?
Hanno, dal 2014 in poi, protestato contro l’aggressione del governo coloniale ucraino al popolo del Donbass?”.
Provenzale: “Eh, ma dai, Giuliano, sei troppo intransigente… vedrai che approfitteranno della visibilità mediatica per attaccare la Ztl nei centri universitari o quella Scuola 4.0 di Davos che, oltre che ad annullare il rapporto umano tra docenti e ragazzi, mira a trasformare definitivamente, in cambio dei soldi a strozzo del Pnrr, l’istruzione pubblica in un grande “pascolo per poveri” da indottrinare.
Siamo ad Orwell, anzi a Bradbury e Huxley… o a tutti e tre insieme…
Il problema del caro-affitti è pluridecennale e nelle grandi città non riguarda soltanto gli alloggi per studenti; generazioni e generazioni di italiani si sono laureate affrontando spese e sacrifici di ogni genere anche per questo, in assenza di una politica che investisse nella formazione d’eccellenza.
E questi qui (molto pochi per altro, ma, si sa, quando le cose interessano al mainstream basta anche una sola povera gretina), già identificati come iscritti o vicini a Pd e sinistre, decidono di campeggiare proprio adesso e solo su un unico tema?”.
Castellino: “Per carità, la causa in sé è anche condivisibile, se non fosse che è combattuta per zone radical-chic a 20 metri dalle università, divenute centri della movida, ormai popolate per lo più da figli che i papà parcheggiano intorno agli atenei per non dover ammettere di avere il pupo disoccupato; gli studenti lavoratori – specie in via d’estinzione, se non già estinta – e i figli del popolo devono macinare chilometri”.
Provenzale: “E l’attenzione ingorda del mainstream si accompagna al rituale sostegno di sinistre e sindacati, sempre pronti a coccolare i loro ragazzi quando si concentrano su qualcosa…
Eccoli tutti in fila: Conte, Schlein, Landini… la sinistra verde, fucsia e arcobaleno, quella della transizione ecologica, del pacifismo armato filo ucraino e servo della Nato, quello che più armi vuol dire più pace; la sinistra liberal e liberista, globalista e turbocapitalista, auto-razzista e imperialista, fluido, gender e assai “gretina”, che piace tanto al padrone e i cui “valori” vengono messi in bella mostra a San Remo o, è proprio il caso di dirlo, sbandierati all’Eurovision da chi “rappresenta” questa colonia Italia”.
Castellino: “Che dire, Giuseppe… “Aridatece Peppone!”. Il buon comunista di Guareschi, lavoratore, figlio della terra e di un’Italia sana e cattolica, padre di famiglia dotato di buon senso e concretezza, che combatteva per i diritti sociali senza perdersi in vizi borghesi, né dimenticare tradizioni e radici era quello che oggi un qualunque sinistrato definirebbe un fascista”.
Provenzale: “Altra gente, altra cultura, c’era un popolo… quello che deve rinascere e che dobbiamo contribuire a ricostruire. Questa è la battaglia principale della guerra che ogni dissidente dovrebbe sostenere”.