Le arringhe degli Avv.ti Richichi e Trisciuoglio: “La Procura avrebbe dovuto indagare sulle prove a discarico ma non lo ha fatto”.
Chiesta la trasmissione degli atti alla Procura di Perugia.
Si è celebrato ieri dinanzi la I Sezione penale della Corte di Appello di Roma, il giudizio di appello di tre distinti filoni processuali afferenti i fatti del 9 ottobre (presunto assalto alla C.G.I.L.) già definiti in primo grado con il rito abbreviato.
Durissimo l’attacco della difesa di Savaia, Toia e Ursino all’impianto accusatorio della Procura romana ed alle sentenze di primo grado pronunciate dai G.I.P.
Inspiegabile ha sottolineato l’Avv. Trisciuoglio di come nessun difensore abbia richiesto la ricusazione del G.I.P. che dopo aver condannato Ursino si è pronunciato – senza astenersi – anche nei confronti di Savaia e altri.
Una anomalia tra le tante che la difesa ha sottoposto alla Corte.
L’Avv. Trisciuoglio ha definito le prove su cui si sono svolti i processi “false e menzognere”.
Indagini quelle della Procura di “basso profilo e politicizzate”.
Il legale si è dichiarato soddisfatto dell’acquisizione agli atti processuali da parte della Corte, superando lo sbarramento del rito abbreviato, dei verbali di causa del processo che si sta svolgendo innanzi la I Sezione Penale del Tribunale di Roma, dai quali emergono le contraddizioni in ordine alla autorizzazione concessa alla manifestazione nella sua forma dinamica (il corteo che fu autorizzato a muovere verso la sede sindacale).
Ha poi discorso sulla prova inconfutabile emergente dagli atti processuali sull’autorizzazione che fu data al corteo che si dirigeva verso la sede sindacale ove nel corso di un “assedio” pacifico i manifestanti avrebbero voluto incontrare un rappresentante della C.G.I.L.
Il che legittima, nella logica difensiva, a ritenere che non vi fu alcuna eversione dell’ordine pubblico.
Tre relazioni di Polizia sottoscritte da più Funzionari asseriscono di come quel 9 ottobre fu data autorizzazione al corteo e concordato che lo stesso raggiungesse la sede della C.G.I.L.
Lo sbarramento delle Forze dell’Ordine a Piazzale del Brasile (Porta Pinciana) era stato effettuato non per impedire ai manifestanti di proseguire verso la sede sindacale, ma semplicemente, per ammissione degli stessi funzionari di Polizia in tre distinte relazioni di servizio agli atti del processo (vergate e sottoscritte in data 10 ottobre 2021 nella immediatezza dei fatti alle ore 04:00 alle ore 06:00 ed alle ore 10:00 del mattino le stesse che asseriscono della concessa autorizzazione e del permesso al corteo) al fine di una rimodulazione del piano del traffico.
Gli scontri che avvennero in quella zona avvennero solo in seguito all’investimento di un manifestante – Massimiliano Ursino – che per ben tre volte fu iscaraventato in terra sul selciato da un blindato della Polizia che effettuò una errata manovra di parcamento.
Alla luce delle prove agli atti del giudizio quel giorno non vi fu alcuna eversione dell’ordine pubblico, né fu minata la pace sociale ed alla C.G.I.L. non vi fu alcuna devastazione, ma pochissimi danneggiamenti.
È stato infatti rilevato dalla difesa di come non vi è alcuna prova diretta, agli atti processuali, che responsabili dei danneggiamenti nella maniera artatamente diffusa dai media furono i manifestanti.
Ogni prova al riguardo non proviene dalle telecamere interne della C.G.I.L. ma da video postumi realizzati dopo l’uscita dei manifestanti dall’interno della sede sindacale.
È ancora incerto, inoltre, chi abbia favorito l’ingresso all’interno della sede sindacale atteso che non è mai stato identificato il personaggio che ha forzato la finestra e poi ha aperto il portone interno della sede sindacale e che è salito al primo piano della sede sindacale ove ben dieci minuti prima dell’ingresso die manifestanti si era accesa stranamente accesa una luce.
Una ulteriore prova questa della scelta improvvida del rito abbreviato nel quale non si è potuto accertare quanto sta, invece, emergendo nei riti ordinari per gli stessi fatti.
Puntuale, preciso, mirato l’intervento dell’Avv. Richichi che ha attaccato l’impianto accusatorio sotto il profilo della legittimità costituzionale della devastazione…
“L’unica cosa di fascista che c’è in questo processo è una norma illegittima ed anticostituzionale… l’art.419 c.p. che qualora non venissero rimessi gli atti alla Suprema Corte non ci rimarrebbe che confidare in una applicazione costituzionalmente orientata in caso di mancata assoluzione”.
“Il principio di ragionevolezza delle leggi è un corollario del principio di uguaglianza, elaborato dalla Corte Costituzionale. Detto principio esige che le disposizioni normative contenute in atti aventi valore di legge siano adeguate o congruenti rispetto al fine perseguito dal legislatore.
Si ha dunque violazione della ‘ragionevolezza’ quando si riscontri una contraddizione all’interno di una disposizione legislativa, oppure tra essa ed il pubblico interesse perseguito, costituendo il principio richiamato un limite al potere discrezionale del legislatore, che ne impedisce un esercizio arbitrario. La verifica della ragionevolezza di una legge, comporta l’indagine sui suoi presupposti di fatto, la valutazione della congruenza tra mezzi e fini.
Per tali ragioni, in questo processo è necessario rilevare ed osservare come il delitto di devastazione sia stato contestato impropriamente, motivo fondante per il quale non resta che porre la Corte di fronte a un bivio: o la norma è irragionevole ed incostituzionale per la previsione di un minimo edittale eccessivo rispetto ad altre norme, ovvero la stessa è stata non correttamente invocata”.
Il 20 luglio saranno emessi i dispositivi delle sentenze… come ha preannunciato la Corte a chiusura delle discussioni.
A confidare unitamente alle difese in un verdetto assolutorio l’intero popolo che il 9 ottobre 2021 si radunò a Piazza del Popolo…