La proposta socialista si caratterizza inizialmente come una risposta critica volta a superare l’evoluzione socioeconomica liberale e il modello di sviluppo capitalista.
Quali sono le ragioni di questa critica?
Esse dipendono dal fatto che lo sviluppo capitalista in meno di un secolo ha mostrato, accanto a dinamiche di progresso produttivo, dinamiche di degenerazione sociale univoche e molto accelerate.
Già nella prima parte dell’800 erano chiare tendenze degenerative che poi si sono accentuate e che oggi appaiono ipertrofiche.
Esse possono essere riassunte in 5 punti di massima:
- Liquefazione sociale.
Dai primi processi della Rivoluzione Industriale inglese, successivi alle enclosures e alla grande urbanizzazione, fino all’odierna società ‘liquida’, dove mobilità e precarietà vengono assunte come forme di vita normali, lo sviluppo capitalistico ha mostrato una spinta virulenta alla dislocazione sociale, alla disgregazione di comunità, società, famiglie, e in ultima istanza degli individui stessi.
- Divaricazione sociale.
Le diseguaglianze di ricchezza sono sempre esistite, tuttavia sotto regime capitalista esse presentano caratteristiche specifiche.
In primo luogo, le diseguaglianze di tipo capitalistico sono diseguaglianze diverse da quelle premonetarie, in quanto sono sempre escludenti: non esiste alcuna responsabilità del ‘superiore’ verso l’inferiore, che progressivamente viene espulso dal novero sociale.
In secondo luogo, sono diseguaglianze che tendono a crescere su sé stesse, perché il capitale pregresso rappresenta la base essenziale per l’accrescimento del capitale futuro.
Queste divergenze tendono a verificarsi sia all’interno delle nazioni che tra nazioni diverse.
- Conflittualità internazionale.
Anche la conflittualità tra stati non è caratteristica specifica del sistema capitalistico, ma assume in esso tratti peculiari.
Tra stati la conflittualità storica precapitalistica è legata a istanze di conquista territoriale e assorbimento di altre popolazioni (talvolta come assimilazione talaltra come subordinazione).
La conflittualità tra stati nel capitalismo è invece un conflitto tra apparati industriali che si servono delle istituzioni politiche per ottenere vantaggi comparativi sul piano economico, e che vogliono restare in un rapporto di estraneità nei confronti dei ‘vinti’, senza né ‘conquistarli’ né ‘assimilarli’, ma semplicemente sfruttandoli.
In questo contesto l’utilizzo delle armi può essere minimizzato, venendo sostituito spesso da sistemi di vincoli legali e finanziari che chiamano in causa la guerra guerreggiata solo in casi limite, creando tuttavia forme crescenti di ostilità reciproca e disprezzo (senza neppure il rispetto riconosciuto alla forza del conquistatore militare).
- Riduzione del potere politico (democratico) al potere economico.
Il potere economico, in un sistema che non ponga chiari limiti al suo esercizio, si traduce in potere senza aggettivi.
Rispetto ai poteri politici tradizionali (ad esempio di ‘ispirazione divina’), così come rispetto ai poteri politici democraticamente legittimati, il potere conferito dalla ricchezza monetaria è un potere che si esercita in modo anonimo, impersonale, svincolato da ogni consenso o interesse comune.
In questo senso, l’esercizio del potere conferito dal denaro è strutturalmente antidemocratico.
- Distruzione ambientale.
Il sistema capitalistico esige per mantenersi in vita di rilanciare continuamente la promessa di crescita ulteriore, laddove tale crescita è affidata ad una pluralità di spinte indipendenti e non governate.
Ma una crescita illimitata e non governata produce inevitabilmente un’esplosione di esternalità ambientali negative e fuori controllo, come gli ultimi decenni stanno mostrando con sempre maggiore evidenza
Il primo problema fondamentale è rappresentato dalla necessità di togliere al capitale la sua indipendenza d’azione rispetto alle decisioni democratiche.
Tale indipendenza d’azione oggi dipende da due fattori: dalla natura privata del capitale e dalla sua natura liquida (infinitamente trasformabile e mobile).
Tuttavia, in una società moderna, di capitale non è possibile fare a meno, e specificamente di capitale in forma liquida.
Per questo motivo ogni necessità di capitale liquido per impieghi di investimento, produzione o anche consumo andrebbe soddisfatta passando attraverso erogazioni controllate da istituzioni collettive.
Ciò significa che la funzione fondamentale del denaro come capitale, cioè il suo ruolo di riserva di valore da impiegare nella produzione futura, dovrebbe essere integralmente avocata a sé dallo Stato.
Questo significa in sostanza che la sfera bancaria, finanziaria in generale, non dovrebbe più esistere più in forma privata.
1) socializzazione delle funzioni del capitale (socialismo),
2) governo del popolo (democrazia), radicamento territoriale e culturale (comunitarismo),
3) partecipazione individuale alle sorti della comunità e libero sviluppo delle facoltà umane (libertà classica).
Questa configurazione concettuale credo rappresenti il cuore di qualunque prospettiva socialista all’altezza della contemporaneità.
Un socialismo comunitario che oggi più di ieri è davvero l’unica opposizione e resistenza al golpe globale del Great Reset, capitalismo 4.0