di Giuliano Castellino
In molti, oggi, sono parte del fronte del dissenso, non tutti lo sono da trenta mesi.
A dire il vero, in pochi hanno visto e conosciuto le radici e la nascita di questo unico movimento di lotta e di resistenza, ormai diventato qualcosa che coinvolge oltre 10 milioni di italiani e milioni e milioni di resistenti e dissidenti nel mondo.
Primo dato storico: questo grande fronte di lotta di liberazione non nasce in Europa, ma proviene dagli Stati Uniti: è proprio dall’organismo globalista, con l’obiettivo di risanarlo definitivamente, che provengono gli anticorpi necessari a resistere al deep State e al nuovo ordine mondiale.
Questo vento rivoluzionario, ma meglio sarebbe definirlo controrivoluzionario e insorgente, nasce in ambienti trumpiani, si forgia nella militanza dei Proud Boys e si sublima e universalizza nel messaggio anti-globalista, romano e cristiano di Monsignor Viganò, poi diventa resistenza popolare consapevole contro la narrazione terroristica e criminale del Covid!
Ovunque nel mondo, i popoli hanno reagito e reagiscono al golpe globale del Great Reset!
In Italia, fin da subito, abbiamo aperto le vele, riconoscendo in questo vento proveniente da oltre Oceano i segnali di una visione organica della società che ha radici lontane, romane… che ci riporta a Menenio Agrippa. E da romani, forti e pragmatici, facciamo subito sintesi.
Guardiamo anche ad Est, Putin e la Russia che non conosce lo Stato profondo, a quello che ormai da quelle parti definiscono “Putinismo” e al modello antropologico e culturale di un’Europa che, estranea al deteriore pragmatismo agnostico a stelle e strisce, possiede da sempre gli anticorpi necessari a neutralizzare il relativismo, il materialismo nichilista, la paura!
La nostra tradizione greco-romana-cristiana, che unisce i classici e la dottrina sociale della Chiesa, ci permette di discernere e ricavare il meglio da quei movimenti popolari e di liberazione nazionale che hanno restituito dignità e giustizia sociale ai loro popoli.
Conoscendo Evita e Sands, Guevara ed Arafa, abbiamo iniziato a confrontarci con Preve e Fusaro, a parlare con Provenzale, imparando che i mali del nostro tempo hanno origini antiche e anticristiane, cominciando a capire che il Diritto romano e le battaglie legali erano un sentiero interrotto da ritornare a percorrere per sconfiggere il regime.
Abbiamo, così, seguito la formazione di una vera e plurale resistenza alla tirannia tecno-sanitaria, un’opposizione autenticamente sovranista popolare al golpe globale del Great Reset.
Un grande movimento che qualcuno potrebbe definire non politico, anzi: anti-politico.
Contro partiti e sindacati, contro poteri forti, pensiero unico e mainstream, contro quel sistema che dai tempi di Tangentopoli, del Britannia e delle stragi ha consegnato la Politica, con la maiuscola, ai tecnici e ai banchieri e che oggi ci consegna ai “filantropi”, quel genere di potenti che solo se sono russi chiamano “oligarchi”.
Una forza popolare unitaria, cristiana, anti-ideologica, anti-novecentesca e con lo sguardo rivolto verso il futuro.
Una marea che montava sempre di più, sempre più forte e grande, ma sempre meno capita da chi si autoproclamava “capo” o “capetto”, soggetti che anche in questa fase non stanno comprendendo fino in fondo, perché non li “sentono”, l’anima, il cuore e lo spirito di questo dissenso.
Ora tutti parlano di elezioni e candidature e producono la vergogna delle mille liste, ma è ancor più grave e vergognoso che la resistenza non parli della necessità di una DOTTRINA DELLA RESISTENZA!
Abbiamo bisogno dei nostri miti, della nostra “mistica”, della nostra musica, della letteratura, dei nostri gruppi musicali, della nostra arte… tutte cose che non possiamo certo assorbire da quanto è propinato dal sistema, il cui inno liquido perfetto è “Imagine” di Lennon.
Servono nuove forme di aggregazione e di lotta: contro la privatizzazione delle acque, contro la resilienza, contro il Pnrr, contro la transizione ecologica e il marchio dell’identità digitale fin dalla nascita.
Abbiamo bisogno di nuovi modelli di incontro, come le assemblee di base, luoghi in cui l’azione si costruisce dal basso, contro le oligarchie.
Perché questa resistenza non è politica, ma popolare. È essenziale.
Non è di destra o di sinistra, è, la formula non è nuova ma è appropriata al nuovo contesto più che a quello che l’ha prodotta, estremo centro alto!