Uno potrebbe credere che raccogliere firme sotto Ferragosto sia già un ostacolo sufficiente, però siccome siamo in Italia e l’emulazione per Bisanzio ha una lunga e gloriosa storia, non dovete credere neppure per un momento che quello sbarramento sia da considerarsi sufficiente.
La procedura di raccolta, di autentica e di deposito delle firme implica una serie di operazioni che delizierebbero Kafka.
Le firme vanno raccolte in presenza di un autenticatore, che è di norma un politico (deputati, consiglieri comunali, provinciali, regionali, ecc.), o in alternativa un notaio o un avvocato.
Siccome i politici sono di solito appartenenti a forze avverse, questi vanno depennati dagli autenticatori perché non vanno certo ad autenticare per gli altri, ergo se sei una forza che si affaccia per la prima volta restano notai e avvocati. Ma i notai costano e sono pochi. Restano gli avvocati simpatizzanti, che per poter autenticare devono però precedentemente comunicare con PEC all’Ordine la loro disponibilità ad autenticare, pena invalidazione del tutto.
Nell’epoca della digitalizzazione le firme non possono essere raccolte secondo nessuna modalità in remoto, non valgono PEC o firme elettroniche, ma bisogna recarsi fisicamente presso il luogo deputato.
Cittadini all’estero, così come residenti all’estero sono esclusi.
E si può firmare solo all’interno dello stesso collegio per cui si vota (dunque se sei di Milano in vacanza in Sicilia non puoi firmare).
Ma non basta.
Una volta raccolte le firme bisogna chiedere, comune di residenza per comune di residenza di ciascun firmatario, il suo certificato di iscrizione alle liste elettorali.
Dunque se sei in una provincia con numerosi comuni devi fare un pellegrinaggio per ciascuna firma raccolta per ciascun firmatario presso quel comune. E in pieno agosto gli impiegati comunali devono fornirti il certificato che conferma che quel firmatario risiede lì. Questo per una soglia minima di 750 firme per ciascun collegio plurinominale.
Le risposte degli uffici a termini di legge dovrebbero essere date in 24 ore. Non è però chiaro cosa accada se non riescono a farlo.
Ma ancora non basta.
Bisogna comunicare in anticipo (credo al ministero degli interni) quali delegati della lista andranno a depositare le firme il giorno predisposto in Corte d’Appello. Quelli e solo quelli potranno compiere l’operazione.
Nell’occasione della consegna alla Corte d’Appello non bisogna consegnare solo le firme e le certificazioni di iscrizione alle liste elettorali, ma anche, per ciascun candidato in ogni lista:
la dichiarazione di accettazione della candidatura con firma autenticata,
l’autodichiarazione di assenza di incandidabiità,
un certificato del casellario giudiziale,
e l’ormai famoso certificato di iscrizione alle liste elettorali.
Nessuna libbra di carne, ma stanno lavorando ad un apposito emendamento.
Qualunque errore formale, una numerazione sbagliata nelle liste, un conteggio erroneo del numero delle validazioni, ecc. può portare a invalidare giornate di lavoro.
Ecco, poi qualcuno si chiede perché tutti i partiti insider si sono autoesentati e perché Calenda è disposto ad accordarsi anche con Belfagor pur di non dover raccogliere le firme…
Andrea Zhok