di Riccardo Bianchi
In Italia abbiamo un signore, al secolo Marco Cappato, che orgogliosamente rivendica di accompagnare in Svizzera persone che lì accedono legalmente al “servizio” del suicidio assistito.
Qual è la missione di Cappato? Quella di garantire il “diritto assoluto di morire”, a prescindere dall’esistenza stessa di una malattia.
Secondo Cappato, lo Stato deve garantire il diritto di uccidersi o di essere ucciso in modo “degno”, cioè secondo certi protocolli medico-sanitari.
L’ultimo caso (2 agosto scorso) riguarda una paziente malata di cancro, non una persona dipendente da “sostegni di trattamento vitale”, condizione posta dalla Corte Costituzionale, dopo il caso Fabo (Fabiano Antoniani).
Cappato ritiene che questa condizione sia “discriminatoria” verso quei malati che non dipendono da alcun sostegno di trattamento vitale. Con questo ultimo viaggio in Svizzera, ha quindi voluto fissare l’asticella un po’ più in alto: perché si reinterpretino le condizioni della Corte Costituzionale in modo tale che, anche IN ASSENZA DI DIPENDENZA DA TALI SOSTEGNI VITALI, si possa aspirare al suicidio assistito.
Andiamo un attimo a vedere cosa accade in Canada. Abbiamo qui a disposizione il rapporto annuale che riguarda l’applicazione della legge sulla morte medicalmente assistita. I dati sono inquietanti! Nel solo 2021 si sono registrati 10.064 decessi assistiti. Di questi, 1.740 riguardano persone che hanno chiesto e ottenuto l’eutanasia o il suicidio assistito solo perché soffrivano di solitudine e isolamento.
Faccio presente che il Canada nello stesso 2021 ha approvato la nuova legge con un emendamento per aprirla anche a depressi e malati mentali.
“Uccidiamoli così non dovranno suicidarsi”, potrebbe essere il macabro motto di questi criminali! I malati di mente già possono accedere alla morte assistita.
In questo nostro mondo, nel quale avanza la disgregazione delle forme associate, nel quale la famiglia, cellula primaria della comunità umana, è letteralmente aggredita, perché non consona alle transumane leggi del capitalismo della sorveglianza, l’individuo deve sballarsi e divertirsi, finché fa mercato, finché è prestante, poi deve semplicemente togliersi dai coglioni; e se si sente solo, depresso o escluso sappia che può tranquillamente levare il disturbo: ci pensa lo Stato-Cappato.
Una visione coerentemente umana (o religiosa) non può e non deve accettare di poter discutere con i fautori della cultura della morte che impregna la tendenza interna al mondo in cui viviamo.
Le parole cambiano a seconda dei tempi storici, ma non sono le parole a dar significato alle cose. Una volta si chiamava eugenetica. Ora è sempre eugenetica, ma ancor più raccapricciante nelle sue tante applicazioni (si consideri la possibilità di “scegliere” le caratteristiche del nascituro).
Basti pensare a quanto stiano applicando il principio della cosiddetta morte assistita ai minori e lavorino per “regalare” l’eutanasia (non morte assistita) ai malati di mente.
Questa logica individualista dove può portare? Quanti oggi si sentono soli, lasciati soli, non solo anziani, ma anche uomini e donne scartate dai processi produttivi, quanti vivono la propria disabilità come impossibile, quanti pensano di non poter più vivere, perché l’angoscia della vita è diventata talmente forte che non si avvertono più energie per andare avanti?! Quanti?!
Quanti, in assenza di una rete di sostegno comunitaria (e anche, di una visione ultraterrena) pensano che si debba continuare a vivere comunque? Quando l’individuo ridotto a se stesso cade in questo comprensibile, ma terribile, vortice e di fronte ha una società/Stato che ti dice: “sei libero di fare la tua scelta”, ecco che ha vinto la morte veicolata da quel nichilismo che ci sta distruggendo!