Le inutili associazioni di categoria hanno già emesso i loro arrendevoli comunicati nei quali annunciano un mesto autunno di vetrine spente ed orari ridotti, ma per far fronte all’insostenibile costo delle bollette anche al commercio non rimane altro che una dura lotta per non soccombere ai piani del globalismo
di Pamela Testa
E così, dopo anni in cui la iper-produttività veniva spacciata come requisito indispensabile per la competitività su scala globale, tanto da prevaricare i diritti degli operatori del commercio costretti a lavorare anche durante le festività per non parlare dei weekend, ecco ora come una guerra che si sta combattendo a migliaia di km da qui (e che non è affatto la nostra) mette in discussione tutto riportandoci a scenari vissuti solo con l’austerity dei primi anni ‘70, ma stavolta in forma molto più inquietante e della quale non s’intravede nemmeno la fine.
La prima a lanciare l’allarme sul fronte del sempre più vessato settore commerciale è la Confcommercio di Udine e Pordenone, ovvero di zone del florido nordest, che proprio attraverso i suoi rappresentanti dichiara come nel prossimo autunno si troveranno costretti a chiudere i loro negozi un’ora prima, a tenere le luci ridotte al minimo e, manco a dirlo, a spegnere ogni vetrina ed ogni insegna non appena caleranno le serrande.
La necessità di tutto ciò, il dover ripiegare a questa evidente sconfitta per il settore commerciale, è chiaramente dovuta allo spropositato aumento delle bollette per l’energia elettrica (come anche quelle del gas) le quali – nei migliori dei casi – sono addirittura triplicate rispetto alle già elevate tariffe del 2021, e non sono affatto rari i casi in cui le imprese si trovano oggi a dover sostenere costi energetici 4/5 volte maggiori.
Gli stessi commercianti sanno benissimo che in questo momento d’incredibile regressione economica (e dunque di consumi), nel quale il “governo dei migliori” a guida Draghi ha fortissime quanto evidentissime responsabilità, non potranno stavolta “scaricare” questa maggiorazione dei costi d’impresa sulla clientela, primo perché le aziende fornitrici hanno già aumentato i loro listini complicando ulteriormente tutto il quadro di situazione, secondo per non far spostare definitivamente gli acquirenti sull’e-commerce di Amazon e multinazionali affini, autentici bracci operativi del globalismo contro i quali sanno benissimo di non avere chance in termini di prezzi, disponibilità e varietà dell’offerta.
Ecco dunque che a fronte della chimera denominata “crescita economica infinita” (concetto materialmente irrealizzabile a dispetto di quanto cianciato per anni da economisti che non ne hanno mai azzeccata una, nonché di una politica avvezza alla menzogna più spudorata), i commercianti si trovano ora a dover adottare il rimedio “medievale” del dover tirare la cinghia, laddove sia possibile tirarla, per non ritrovarsi con le braghe calate e le terga scoperte.
Sia chiara – anzi chiarissima – una cosa: chi vi scrive schifa Amazon per tutto ciò che rappresenta, così come al contrario apprezza chi riesce ancora a fare impresa in questo disgraziatissimo Paese creando posti di lavoro e gettito fiscale, per questo non avrò mai parole di risentimento verso chi possiede una realtà commerciale ed ancora la conduce tra mille e più problemi.
I conflitti tra diverse classi sociali oggi trasformatesi in guerre tra poveri non mi interessano, anche se in tutto questo disastro proprio il mondo del commercio deve recitare il suo mea culpa.
In un’Italia dove le piccole e medie imprese hanno da sempre rappresentato la ricchezza dell’economia nazionale, arrivando a costituire circa il 90% della forza imprenditoriale del Paese, il commercio di oggi incarna però il classico toro preso per il naso e bloccato al muro da una semplice catenella.
I commercianti, classe tradizionalmente poco compatta ancorché molto “competitiva” per natura, si trovano dunque tra i primi a dover pagare le mosse scellerate di un governo dimissionario e colluso con i tecnocrati di Bruxelles, e chi ha a cuore le sorti dell’Italia non può assistere silente ed impotente al vero e proprio massacro che le strategie globaliste stanno impunemente compiendo nei confronti d’un intero settore economico dal quale dipendono milioni di famiglie, anche perché il pericolo di creare altrettanti nuovi poveri da qui a qualche anno è molto più che concreto.
A chi è commerciante, a chi ha un’attività, perciò dico che è stato avvilente vedere Vs. rappresentanti andare i due scorsi inverni con il piattino in mano sotto Montecitorio per chiedere aiuti ai politici (che in diversi casi non si sono nemmeno degnati di riceverli), così com’è stato avvilente osservare l’inflessibilità di troppi di voi nel richiedere l’infame tessera verde a clienti e dipendenti.
Attraverso decreti illegittimi che sono contro ogni principio della democrazia e del diritto, avete infatti permesso a qualcuno di venire letteralmente a comandare a casa vostra, illudendovi di poter comunque rinunciare ad una piccola fetta di clienti “no-vax” invece di far valere i Vs. sacrosanti diritti, invece di “esporvi” come qualche Vs. coraggioso collega che ha saputo respingere alla porta del proprio ristorante o del proprio bar i controlli pseudo-sanitari delle Forze di Polizia.
Così moltissimi di Voi hanno scelto la via più comoda, hanno scelto di evitare sanzioni anch’esse illegittime invece di ribellarsi anima e corpo come ha fatto l’eroica Signora Rosanna Spadari titolare dell’ormai celebre torteria di Chivasso (che ha poi vinto su tutta la linea), e per questo avete ceduto diritti fondamentali che la stessa Costituzione vi riconosce; una rinuncia la vostra che ora fa da viatico ad ancor maggiori vessazioni economiche e dunque a conseguenti limitazioni dell’indispensabile libertà d’impresa.
L’italica filosofia dello “io speriamo che me la cavo”, così come i risparmi e le disponibilità patrimoniali che potete possedere dopo una vita di lavoro, non Vi metteranno al riparo dall’imminente scempio che si sta per compiere (anche) sulla Vs. categoria, ma soprattutto non metteranno al riparo il futuro dei Vs. figli i quali si guarderanno bene dall’ereditare le Vs. attività, preferendo magari un ruolo da dipendente sottopagato.
Ed anche i rappresentanti della distribuzione organizzata (mi riferisco ovviamente a quella che ancora fa capo a gruppi imprenditoriali svincolati dalle grandi multinazionali) non credano di essere al riparo da tale sciagura, perché anche loro stanno remando affannosamente sulla stessa barca che ormai fa acqua da tutte le parti e che in molti sono pronti ad affondare al più presto per poi ricomprarla a quattro spicci.
Ve l’ho scritto sopra, siete il classico toro preso per il naso e trattenuto da una catenella, ma per strappare quella catenella ed affermare la Vs. forza dovete avere il coraggio di affrontare il dolore dello strappo; quel dolore che già hanno provato migliaia e migliaia di cittadini d’altri settori lavorativi che si sono ribellati – rimettendoci pesantemente di tasca propria ed ancor di più – pur di non sottostare all’apartheid sanitaria.
Perché se qualcuno non l’avesse ancora capito nelle moderne economie non esistono più “zone franche” a tenuta stagna, perfettamente indipendenti dalle altre e nelle quali sia possibile rinchiudersi continuando a coltivare il proprio orticello.
Serrate perciò ad oltranza i Vs. negozi, sospendete i pagamenti delle bollette, non votate quei partiti di Sistema che vi hanno elemosinato i loro miseri” ristori” per farvi ritrovare ancor più indebitati di prima, e che ora vi stanno già richiedendo indietro con tutti gli interessi!
Dimostrate quella FORZA che probabilmente neppure Voi immaginate di avere, ma soprattutto scendete finalmente in piazza CON NOI per riprendervi insieme a tutto il resto del Popolo il diritto a lavorare, a possedere una propria attività, ad essere cittadini e non sudditi.
In una parola… il diritto di ESISTERE!!