Diego Fusaro
Antropologicamente, la neo-sinistra post-comunista ha prodotto a propria immagine e somiglianza un presepe deplorevole, popolato da radical chic tediati e da megalomani del leaderismo, da neofiti zelanti e da boriosi convertiti sulla via di Damasco, da pentiti per puro opportunismo, da “servi volontari” e da gatekeepers di professione: una tribù altamente differenziata al proprio interno, ma i cui abitatori sono accomunati dal transito, convinto o rassegnato, alla difesa della parte che un tempo combattevano e, sinergicamente, dall’abbandono, per inconsapevole oblio o per rivendicata volontà, di una storia e di una tradizione che avevano dato voce e organizzazione agli ultimi e alla loro aspirazione a desideri di migliori libertà.
Anche per questo, oggi è necessario abbandonare la sinistra non meno della destra e avventurarsi nel mare aperto della ricerca di un pensiero e di una prassi nuovi, che sappiano criticare nella teoria e rovesciare nell’azione l’asimmetrico stato di cose.