Dopo l’arresto di Messina Denaro, molti parlano dei collegamenti tra mafia e massoneria e delle doppie affiliazioni come se fossero una scoperta; in questo documentato articolo del 2017 del nostro Giuseppe Provenzale, a commento dell’ultima tempesta in un bicchiere d’acqua che in quell’anno coinvolse mediaticamente la massoneria, emergono verità storiche interessanti.
di Giuseppe Provenzale
Massoneria, è davvero sotto attacco?
“La Repubblica e il Governo vi salutano. La Repubblica italiana si riconosce nei valori della massoneria.
La massoneria è stata un baluardo nella difesa della libertà del cittadino, pagando un prezzo durissimo soprattutto durante il fascismo, periodo durante il quale era stata decretata la sua messa fuorilegge”(1).
Elidio De Paoli, sottosegretario (politiche giovanili e attività sportive) del secondo governo Prodi, all’annuale “assemblea di Gran Loggia”, organizzata dal G.O.I. sul tema “Pedagogia delle libertà”, (Rimini, aprile 2007).
Era dagli anni di Gelli e dell’inchiesta del giudice Cordova, che ottenne dall’allora gran maestro del Grande Oriente, Giuliano Di Bernardo, gli elenchi degli affiliati calabresi, che non si parlava tanto della massoneria, dell’incompatibilità che riguarda gli incarichi pubblici notoriamente ricoperti da molti dei suoi associati e dei rapporti strettissimi che intrattiene con la criminalità organizzata, dimostrati, per altro, da numerose e storiche doppie affiliazioni, una fra tutte quella del boss mafioso Stefano Bontade.
Indagini della Magistratura, sequestri degli elenchi dei massoni siciliani e calabresi disposti dalla Commissione Parlamentare Antimafia (di cui già – con i dovuti omissis, alcuni presenti negli originali – esistono le pubblicazioni), proposte legislative, inchieste giornalistiche e piccate, reciproche risposte – ispirate dal principio della lesa maestà democratica e accompagnate da diffide, querele e minacce di morte ai giornalisti – popolano le cronache degli ultimi mesi.
Riaffiorano puntuali temi, ermeneutiche e posizioni fino a poco tempo fa largamente condivise da accusati e accusatori e spicca, prima fra tutte, l’accusa di fascismo, rivolta dall’attuale gran maestro del G.O.I, Stefano Bisi, ai firmatari, certamente non mussoliniani, di una proposta di legge che vorrebbe rafforzare la legge Anselmi – con relativo inasprimento delle pene, uso di intercettazioni e aumento per i condannati del periodo di interdizione dai pubblici uffici – allo scopo di stabilire – e prendere atto oggi di questa necessità fa pensare alla scoperta dell’acqua calda – l’incompatibilità tra appartenenze vincolate da prescrittivi obblighi gerarchici e solidaristici e lo svolgimento di importanti funzioni pubbliche.
Ed ecco esplodere i cortocircuiti interni al sistema: Bisi legge la violazione degli elenchi come la irriverente ribellione di chi dovrebbe essere, come lui, campione di liberalismo e si scaglia, individuandone le caratteristiche con sicurezza nella recente proposta di legge, contro un modello legislativo “sul quale già il fascismo si era cimentato con la “nota e sciagurata” legge “Sulla regolarizzazione dell’attività delle associazioni e dell’appartenenza alle medesime del personale dipendente dello Stato”, promulgata il 26 novembre 1925, alla vigilia delle leggi speciali di abolizione dello Stato liberale e di instaurazione della dittatura” (2), ottenendo dal PD Davide Mattiello, primo firmatario della suddetta proposta contro le massomafie, depositata alla fine di febbraio e sostenuta anche da Claudio Fava, una risposta a tono: “Le parole del Gran Maestro del Goi danno la misura di quanto questa massoneria abbia smarrito la strada dell’800. Paragonare la mia proposta di legge alla legge fascista è un atto di spudorata arroganza o di ignoranza: in un regime autoritario dove tutto è proibito tranne ciò che è esplicitamente autorizzato dallo Stato, come era al tempo del Fascismo, quelle norme confermavano una deriva liberticida. Ma quando si vive in un regime liberale dove tutto è concesso tranne ciò che è espressamente vietato dallo Stato […] una norma come quella che io oggi propongo serve a garantire affidabilità e trasparenza delle Istituzioni […]. Consiglio a Bisi di considerare con maggior rispetto la cesura giuridica culturale e politica rappresentata dalla Resistenza e dalla Costituzione repubblicana che da quella è scaturita” (3).
È l’eterna questione della contrapposizione tra massoneria buona e cattiva (“questa massoneria”), che tante scissioni ha provocato, e delle reciproche scomuniche tra adepti più o meno ortodossi del credo liberal-massonico dominante, consapevolmente o inconsapevolmente professato.
Se non fosse per l’assoluta legittimità che questa repubblica nata dalla resistenza ha sempre riconosciuto proprio a quelle obbedienze che oggi vorrebbe colpire – accusandole, con le parole di Mattiello, di una dubbia fedeltà agli “immortali principi”, ispiratori della smarrita “strada dell’800” che portò all’attuazione di quel risorgimento anticattolico conclusosi con il peggior modello possibile della pur necessaria unità nazionale – qualcuno potrebbe credere di trovarsi di fronte ai segnali premonitori di un imminente terremoto.
Ed è proprio questo il punto: con tutti i limiti dell’apparente tempesta in corso – potrebbe rivelarsi essere avvenuta all’interno del proverbiale bicchiere d’acqua – si tratta, dal nostro punto d’osservazione, della sintomatica e ciclica esplosione dei bubboni da cui è scaturita questa italietta risorgimental-resistenziale che, già colonizzata dai “liberatori” anglo-americani e commissariata da Bruxelles, non ha mai mostrato di possedere valori che andassero oltre essoteriche chiacchiere di circostanza; è una lettura che la vuota retorica pro Ue, necessario contorno all’anniversario in corso di celebrazione, non manca di confermare.
Un Paese che, fatta eccezione per alcuni eroi, solo in un circoscritto momento storico – da massoni e amici della massoneria sempre ben individuato, come sufficientemente documentato anche da questo articolo, nel mai abbastanza vituperato ventennio – ha visto in chi lo ha governato una sostanziale estraneità di fronte al consueto servilismo verso quei poteri occulti che di esso hanno scritto una porzione significativa della storia meno gloriosa.
“Massoni cosa avete da nascondere?” titola, non so quanto ingenuamente, un pur apprezzabile periodico siciliano che sta pubblicando gli elenchi di cinquecento muratori della provincia di Trapani – moltissimi i professionisti e i politici locali – e i verbali dei pentiti, interrogati a supporto delle inchieste su massoneria e mafia attualmente portate avanti dalla Commissione Antimafia e dalla Procura di Palermo.
Ma, sarebbe più corretto chiedersi: Repubblica italiana cos’hai da nascondere? Tenendo, infatti, nel dovuto conto la storia d’Italia (dal risorgimento alla repubblica, passando per lo sbarco americano), il fatto che tutte le precedenti inchieste a poco o a nulla hanno condotto e che anche un boss latitante dal 1993, il famigerato Matteo Messina Denaro, farebbe parte, lo sostiene più di un pentito, di una super loggia – legata a officine brasiliane, preziose nel garantire comode latitanze – i cui elenchi sarebbero esplosivi perché contenenti nomi di siciliani eccellenti accanto a quello della stessa primula rossa di cosa nostra, è difficile non giungere a formulare la seconda piuttosto che la prima domanda.
Quando i rapporti sono così stretti, è l’intero sistema ad essere chiamato in causa, un sistema che lascia spesso intravedere le proprie strutture interne e le sue crepe allo scopo di meglio autoconservarsi e sopravvivere; un sistema che tutto avvolge e tutto manovra, attribuendo ruoli, spesso di rilievo solo mediatico, e sacrificando capri espiatori proprio al fine di perpetuarsi.
Essenziale, secondo questo copione, è assegnare di volta in volta le parti agli attori e puntare le luci di scena su alcuni storici palcoscenici, quelli di Calabria e Sicilia sono i preferiti, per ignorarne altri forse ancor più prestigiosi.
Chi sono i buoni e chi i cattivi tra i confessori del credo liberal-massonico? Come è possibile che gli stessi attori siano a proprio agio in entrambi ruoli?
Certo è che gli elenchi di cui è stato disposto il sequestro sono quelli che riguardano gli anni dal 1990 ad oggi e proprio le stragi che costellarono la prima metà di quel decennio contengono le risposte a molte domande che riemergono in questi giorni.
Chi sono le guardie e chi i ladri? Quesiti già formulati da Giovanni Falcone dopo l’attentato dell’Addaura che gli fece toccare con mano la realtà di una lontananza imbarazzante tra chi come lui e Paolo Borsellino, semplicemente facendo il proprio dovere, si ritagliava già l’icona dell’eroe e chi avrebbe dovuto stare sulla medesima linea del fronte.
Quesiti che esploderanno letteralmente di lì a poco – da Barcellona p.g. a Capaci, da Palermo a Roma, da Firenze a Milano – con stragi, attentati e delitti senza mandanti, alcuni senza moventi, e spesso senza neppure la certezza di chi ne fossero gli esecutori.
Anni oscuri niente affatto lontani, i cui effetti non hanno smesso di deflagrare, mostrando intrecci inquietanti, anni su cui certamente si fondano quelli che stiamo vivendo.
Avremo risposte importanti? È troppo presto e ne dubito, il sistema è imbevuto di quel liberalismo antifascista e di quegli interessi inconfessabili che affratellano guardie e ladri; non teme gli attacchi di chi, con timore politicamente corretto, troppo spesso accosta l’aggettivo “deviata” al sostantivo “massoneria”; l’ultimatum lanciato dal G.O.I. (10 giorni, prima di adire all’autorità giudiziaria contro il mandato di sequestro “anche nei confronti dei singoli parlamentari membri della Commissione”) ne è la dimostrazione. Pare di ascoltare un vecchio disco de La Voce del Padrone che non voglia smettere di occupare il primo posto nelle classifiche.
È comunque di una certa importanza la denuncia di un modus operandi che non appartiene alle mafie, se non in qualità di braccio armato, sempre più frequentemente attribuito alla massoneria da molte voci illustri; sentiamo il procuratore generale Scarpinato: “Sono stato informato di progetti di attentati, nel tempo, nei confronti di magistrati di Palermo orditi da Matteo Messina Denaro per interessi che, da vari elementi, sembrano non essere circoscritti alla mafia ma riconducibili a entità di carattere superiore”(4).
Così come lo è l’attenzione su scenari che interessano i centri del potere economico e politico nazionale non collocati al sud; è il caso, probabilmente appositamente sottovalutato secondo logiche qui già illustrate, dei fratelli Occhionero – che ha portato finora solo alla rimozione del direttore della Polizia postale Di Legami – in cui è coinvolto anche quel Luigi Bisignani, il cui nome era già negli elenchi della P2, che patteggiò un anno e sette mesi nel cosiddetto processo P4.
Tra gli illustri spiati da Giulio Occhionero, affiliato al G.O.I – per niente sorpreso dall’arresto e già impegnato nella bonifica del proprio computer – anche il suo gran maestro Bisi, scrive il gip: “Si ritiene che l’interesse che Giulio Occhionero nutre nei confronti dei suoi fratelli massoni possa essere legato a giochi di potere all’interno del Grande Oriente d’Italia, come d’altra parte testimoniato dal tenore di alcune conversazioni oggetto di captazione”(5), che sia questa la spiegazione di ciò che Bisi vede come un asfissiante fumus persecutionis nei confronti della più filantropica tra le associazioni filantropiche?
Non sarebbe la prima volta che le logge si affrontano in uno spietato regolamento di conti e/o in guerre interne di successione, ma ciò potrebbe preludere in definitiva al solo sacrificio, pressoché inedito, ma comprensibile, e infine tutto sommato indolore, di alcune “mele marce” delle obbedienze, finora pubblicamente riverite o sfiorate dalle inchieste giudiziarie, di cui si sequestrano gli elenchi (Grande Oriente d’Italia, Gran Loggia Regolare d’Italia, Serenissima Gran Loggia d’Italia, Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori), l’ultima delle quali ha scelto il medesimo profilo collaborativo che fu di Giuliano Di Bernardo con Agostino Cordova.
Sacrificio utile ad allontanare l’attenzione da quella ventina di obbedienze di cui a malapena si conosce il nome, dai nomi dei fratelli che gli elenchi non riportano o che vengono in vario modo occultati (pare siano queste le procedure, ad esempio, quando si tratta di magistrati) e da quelle superlogge di cui non si saprebbe a chi chiedere i nominativi degli affiliati, se non a quel Gioele Magaldi, fondatore del Grande Oriente Democratico, autore di libri esplosivi, ma non documentati, il cui ruolo non è certamente chiarissimo.
In conclusione, ed è bene non dimenticarlo, la massoneria non è solo officina di pensiero liberale e antifascista, di laicismo illuministico e anticattolico, non è soltanto una rete in cui potere e criminalità, Stato e “antiStato” si incontrano, ma è soprattutto un’associazione iniziatica ed esoterica che ha nella magia, nei delitti rituali e nella gnosi la propria essenza più profonda: “… la legge del segreto vi domina e molte sono le cose, che per inviolabile statuto debbonsi gelosamente tener celate, non solo agli estranei, ma ai più dei loro adepti: come, ad esempio, gli ultimi e veri loro intendimenti; i capi supremi e più influenti; certe conventicole più intime e segrete; le risoluzioni prese, e il modo ed i mezzi da eseguirle. A questo mira quel divario di diritti, cariche, offici tra’ soci; quella gerarchica distinzione di classi e di gradi, e la rigorosa disciplina che li governa”(6).
Solo uno Stato che voglia colpire “gli ultimi e veri loro intendimenti” potrà giungere a scompaginare efficacemente quella rete di potere le cui connessioni trapelano da quanto anche in questo breve articolo è stato solo sommariamente riportato accennando alla contemporaneità.
È indispensabile inquadrare apertamente come pericolosamente antisociali i principi stessi e la natura di ogni tipo di massoneria, o setta similare di livello superiore o inferiore, le cui asserite “deviazioni” sono costitutive e mai eccezionali, se non negli esiti pubblici e nella percezione degli affiliati meno consapevoli e/o dei fiancheggiatori.
Altrimenti ci si limiterà a voler certificare l’esistenza dogmatico-concettuale di una massoneria buona, operazione indispensabile allo scopo di scongiurare quel matricidio che trascinerebbe alla morte anche gli stessi figli assassini, legittimi o illegittimi, che oggi, scandalizzati, puntano il dito contro alcune delle logge italiane, gridando al tradimento di princìpi e disvalori apoditticamente ritenuti i soli possibili e mai individuati come la causa ultima del male sui cui effetti si dichiara di voler intervenire.
Note
(1) Ferruccio Pinotti: “Fratelli d’Italia” p. 186, Bur 2007
(2) http://www.grandeoriente.it/massoneria-grande-oriente-ditalia-sequestro-elenchi-inviata-istanza-autotutela-annullamento-revoca-del-provvedimento-medesimoagenparl/
(3) http://www.ansa.it/legalita/rubriche/cronaca/2017/03/18/massoneria-goi-ad-antimafia-revochi-sequestro-elenchi_1678bac5-7063-42a6-aafb-a4db45855716.html (4)http://palermo.repubblica.it/cronaca/2017/03/08/news/scarpinato_in_antimafia_progetti_di_attentati_dietro_i_boss_entita_superiori_-160061926/
(5) http://www.iltempo.it/cronache/2017/01/11/news/giulio-occhionero-e-l-ombra-della-massoneria-il-gran-maestro-stefano-bisi-noi-siamo-vittime-i-nomi-dei-300-fratelli-restino-segreti-1024804/
(6) http://w2.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_18840420_humanum-genus.html