di Fabio C. Maguire
La guerra, dopo oltre un anno di estenuanti combattimenti e sanzioni, sta logorando l’Europa.
Il popolo sta pagando il prezzo di una crisi durissima che ha sconvolto e paralizzato l’intero impianto economico e sociale del continente europeo.
Le masse depauperate dal conflitto sono state abbandonate dai governi locali, privi d’interessi sociali questi si sono scrupolosamente impegnati a consegnare armi e munizioni al fronte concorrendo ad incentivare la crisi politica e la povertà economica ed energetica.
I provvedimenti di Bruxelles altro non hanno fatto che alimentare la precarietà e la conflittualità sociale in seno ai singoli Stati europei.
A tal proposito è emblematica “la sfida del grano” e la rabbia dei contadini che ha angosciato negli ultimi mesi l’Europa.
L’esportazione di cereali ucraini esenti da dazi e imposte doganali ha scosso la frontiera orientale dell’Unione Europea.
Ungheria, Slovacchia e la testa di ponte della NATO in Europa, la Polonia, hanno posto il divieto d’importazione di grano e altri beni alimentari proveniente dall’Ucraina, in attesa di “misure significative dell’UE”.
Proprio a Varsavia, avanguardia dell’imperialismo statunitense nel continente europeo, si sono tenute nelle ultime settimane manifestazioni contro la guerra e l’ucrainizzazione della Polonia.
La capitale polacca, nell’ultima domenica, ha ospitato migliaia di manifestanti che hanno marciato lanciando inconfondibili slogan:”Questa non è la nostra guerra!”
Un urlo rivolto direttamente al Presidente Duda, il quale si è convertito alla causa atlantista trasformando la Polonia nel braccio armato della NATO in Europa.
Varsavia, finanziata lautamente da Washington, ha accresciuto le proprie capacità militari, incentivando la produzione dell’industria pesante e allestendo fortificazioni lungo le frontiere.
La spesa militare polacca è cresciuta dell’11%, raggiungendo complessivamente, nel solo 2022, i 16,6 miliardi di dollari.
L’Homeland Defense Act, approvato nella primavera dello scorso anno, prevede una ri-configurazione delle forze armate polacche con una riorganizzazione verticistica volta ad aumentare il personale militare attivo a 300.000 unità.
La “legge sulla difesa per la Patria” include un incremento della spesa pubblica per la difesa, con ben il 3% del PIL nazionale che, entro il 2023, sarà destinato alla produzione di materiale bellico.
Nonostante la complessiva militarizzazione del paese e del tono guerresco utilizzato dalla propaganda polacca in funzione anti-russa, in Polonia vivono ancora sacche di resistenza al neo-colonialismo statunitense.
Tra il delirio dello sciovinismo polacco e il perbenismo delle classi dirigenti liberiste, ci sono ancora uomini e donne che trovano la forza e il coraggio di dire NO alla guerra, NO alle campagne espansionistiche della NATO e NO all’invio di armi.
Solidarietà a tutti quei cittadini polacchi che si battono ancora oggi per la Pace, la Giustizia e il Lavoro.