L'Italia Mensile

L’ultima cena d’Europa

“(…) Il collegamento con l’inizio della decadenza europea – 1789, la rivoluzione sanguinaria della classe mercantile, l’odio anti religioso, il primo delirio di cancellazione oggi imitato dal mondo woke – non poteva essere più netto.

Come evidente è la sintonia del potere occidentale – il coacervo progressista, liberal libertario e postmarxista – con il sabba francese (…)”

Roberto Pecchioli

Il volgare, triviale spettacolo woke LGBT inscenato in mondovisione sotto il titolo bugiardo di cerimonia inaugurale delle Olimpiadi , è l’ultima cena d’Europa.

La ridicolizzazione del cristianesimo e della sua civiltà attraverso la parodia di orribili travestiti – metà folle e metà blasfema – dell’ultima cena (uno dei racconti fondamentali della nostra storia comune) è solo l’ultimo episodio di una serie inarrestabile di spettacoli vomitevoli imposti alle platee televisive.

Lo scopo è evidente: distruggere tutto ciò che è buono, spazzare via il vecchio mondo e istituirne un altro, dominato dal brutto, dal deforme, dal grottesco, dall’indefinito.

Le élite – politiche ed economiche e i loro servi “culturali”- non perdono occasione per infliggere nuovi colpi al cadavere dell’Europa e dell’Occidente, per farsi beffe di una tradizione spirituale anemica senza più difensori, a iniziare da gerarchie religiose vigliacche, probabilmente atee.

La Francia ufficiale (la pomposa, decrepita république) mostra quanto grande sia l’odio che prova per la tradizione culturale e spirituale della (ex) nazione che governa.

Neppure la sfiora di avere rotto la tradizione laica ereditata dalla madre di tutte le rivoluzioni, quella del 1789.

Nessuna neutralità religiosa: solo odio per chi ha improntato un millennio e mezzo di storia francese.
Facile conformismo dell’odio di sé, la compulsione ( o la foia) di distruggere, anzi, poiché i francesi amano l’esprit de finesse, di “decostruire”, il mal francese che dalla Rive Gauche degli intellettuali (Sartre, de Beauvoir, Deleuze, Derrida, Guattari, Barthes, l’orrendo Foucault) ha attraversato l’oceano, fornito argomenti al nascente movimento woke e torna adesso in Europa per spazzare via quel che ne resta.

Il primo paragone è con l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci.

Lì la composta grandezza dell’arte, la capacità di cogliere la drammaticità del momento, i sentimenti di ciascuno degli apostoli e di Gesù, la forza espressiva del genio che si fa comprendere da tutti.

Apollo, in termini classici, più il messaggio cristiano più la bellezza ineffabile.

Laggiù la rappresentazione volgare, il sabba, la notte di Valpurga di personaggi deformi quanto i valori che rappresentano.

Bacco più Sileno più lo scatenamento delle forze infere, degli istinti più bassi. Dioniso, nell’interpretazione volgarizzata di Nietzsche della Scuola Francese, rinforzata dal pensiero debole.

L’assurdo è che la reazione delle autorità spirituali è stata più vivace da parte musulmana che cristiana.

Il governo iraniano ha protestato ufficialmente per il degradante spettacolo con l’ambasciatore francese, mentre la maggiore università egiziana ha pronunciato parole di fuoco contro la blasfemia.

Da parte cristiana, uno scarno comunicato di protesta dei vescovi francesi, che affermano tuttavia di avere apprezzato altre parti “meravigliose” della cerimonia olimpica.

Sindrome di Stoccolma, viltà e mancanza di rispetto di se stessi.

Dal Vaticano, silenzio assordante: Bergoglio all’Angelus domenicale non ha proferito verbo sull’attacco alla religione di cui è capo e custode.

La neochiesa è una ballerina di fila nella danza macabra di fine civiltà .

Mezzo secolo fa, l’ateo Pier Paolo Pasolini scrisse che la più grave colpa della Chiesa è “accettare passivamente la propria liquidazione da parte di un potere che se la ride del Vangelo”

Apre bocca solo il vescovo di Ventimiglia, un vicino dei francesi: “cerimonia aberrante, vigliaccata contro i cristiani, segno di sudditanza ad una minoranza che impone un pensiero dominante.”

Il nichilismo transumano di Sodoma e Mammona (Martino Mora).

Da parte di Bergoglio e dei suoi ventriloqui (il garrulo Tucho Fernàndez, quello dei baci, il filo queer Zuppi ammiratore di Michela Murgia odiatrice della famiglia naturale) neppure la constatazione che le Olimpiadi sono (o dovrebbero essere) l’esaltazione della forza, della bellezza, dell’eleganza, della salute morale e fisica , non la vergognosa apologia della bruttezza, della decadenza, del mostruoso e del degradante.

Uno dei momenti più significativi del pandemonio – mai termine fu più pregnante – è stata l’apparizione, in uno dei quadri predisposti dagli intellettuali (la definizione sarebbe “persone che fanno uso dell’intelletto”) della regina Maria Antonietta, decapitata, in abito rosso sangue, deforme, obesa, oscenamente truccata, al canto rivoluzionario dello ça ira, l’inno che invocava l’impiccagione degli aristocratici.

Il collegamento con l’inizio della decadenza europea – 1789, la rivoluzione sanguinaria della classe mercantile, l’odio anti religioso, il primo delirio di cancellazione oggi imitato dal mondo woke – non poteva essere più netto.

Come evidente è la sintonia del potere occidentale – il coacervo progressista, liberal libertario e postmarxista – con il sabba francese.

Scontato l’entusiasmo dei committenti, capitanati da Macron, ma interessante anche la reazione italiana.

Infervorato il sindaco di Roma Gualtieri, più riflessivo nella difesa della rappresentazione woke Antonio Ferrante, esponente democratico (il termine è per noi spregiativo): tanto rumore per nulla, “a loro piace vestirsi così, perché tanto odio?”.

Già , perché, povera anima candida che non vedi l’odio del tuo orribile mondo?

Nel romanzo Il Novantatré (1793, anno del Terrore giacobino, della ghigliottina e del regicidio) Víctor Hugo – che pure era fervente repubblicano –  fa pronunciare una sentenza straordinaria a un personaggio del campo controrivoluzionario.
“Non volete avere nobili?
Benissimo, non li avrete, ma vestitevi a lutto per la loro assenza giacché da adesso non avrete più paladini né eroi. Dite addio alle grandezze antiche. Poiché siete un popolo degradato, dovrete soffrire la violenza che si chiama invasione. Se tornasse [il barbaro] Alarico non troverà un Clodoveo che gli si opponga. Se tornasse Abdel Rahman non troverà un Carlo Martello che gli sbarri il passo. Avanti! Continuate la vostra opera: siete uomini nuovi, rimpicciolitevi. Ammazzate i re, i nobili, i sacerdoti. Distruggete, mandate in rovina, distruggete le massime antiche; calpestate il trono, prendete a calci l’altare, confondete Dio, che è il vostro obiettivo. Siete traditori e vigliacchi, incapaci di sacrificio e abnegazione “.

L’eco di queste parole risuonano nelle poche orecchie che sappiano ancora udire.

La Francia, il meraviglioso paese di Carlo Magno, di Luigi XIV, di Rabelais, Moliére, Berlioz e Debussy, di Chartres, delle cattedrali, di Versailles, la dolce Francia, sprofonda in un oceano di letame.

Segue a ruota la Gran Bretagna; dietro, gli altri europei.

Se apriamo gli occhi, vediamo nello specchio – tutt’altro che deformante – della cosiddetta cerimonia olimpica, il nostro futuro immediato.

Molti ne sono felici, addirittura fieri: Sandro Gozi, eurodeputato macroniano italiano eletto in Francia è lapidario, nel condannare i critici del sabba olimpico: “sono semplicemente contro la diversità, il femminismo, l’universalismo. Tutto ciò che è stato celebrato [nello spettacolo]”

Straziante: nulla c’entra il femminismo, è tutta farina del sacco globalista, il suprematismo malato dei padroni dell’occidente.

Quanto alle “diversità”, sono la nuova normalità obbligata ma capovolta.

Non più differenze all’interno di una civiltà che le ricompone, ma la regola di Proteo (il mutamento continuo) e il regno di Dioniso, lo scatenamento delle pulsioni.

Vilfredo Pareto, un padre della sociologia, si esprimeva così: “la decadenza ha per sintomo principale l’indebolimento dei sentimenti virili. Essa sviluppa inoltre gusti depravati, spinge gli uomini a ricercare nuovi e strani godimenti. Tra questi ve n’è uno che appare spesso, in tempi di decadenza. Si prova un’acuta voluttà di avvilire se stessi, nel degradarsi, nello schernire tutto ciò che prima si credeva rispettabile.”

Michel Maffesoli, sociologo francese, scrisse che questo è il tempo di Dioniso, l’informe che supera tanto l’individualismo liberale quanto il cristianesimo.

E’ così, ma l’esito è il nichilismo accompagnato dal caos: esattamente ciò che evoca il motto massonico (Maffesoli è un “fratello”) ordo ab chao.

Meritano attenzione le affermazioni di Thomas Jolly, direttore artistico dell’happening parigino sull’Ultima cena.

Il giovanotto, ovviamente omo, il cui aspetto farebbe felice Cesare Lombroso, fondatore della fisiognomica, nel giustificarsi (perfino il Comitato Olimpico ha cancellato le immagini) afferma di non aver voluto essere sovversivo.

In un certo senso è vero: ha espresso nitidamente la doxa oligarchica corrente.

Dice altresì di non aver inteso deridere.
Falso: lo scherno, l’irrisione stolida, la grassa risata da osteria che non argomenta per manifesta incapacità, è uno dei meccanismi privilegiati di questa minoranza sciagurata foraggiata dai vertici del sistema.

Il mio è un messaggio di amore e inclusione, ha concluso Jolly in perfetta neolingua, dichiarando senza arrossire che tutti si dovevano sentire rappresentati.

Non ha torto: “tutti” sono i credenti del mondo rovesciato, i queer ( bizzarri, strani, fuori centro), i devianti della terra.
I “diversi”, beniamini del tempo all’ingiù. Gli altri – noi e gran parte del mondo – non hanno voce in capitolo: “tutti” sono soltanto loro.
Il resto è odio…

Più interessante il nocciolo argomentativo del signor* Jolly, uno scampolo di radicalismo autoreferenziale che sgomenta.
“Non voglio essere sovversivo né scioccare. Semplicemente in Francia abbiamo il diritto di amarci come vogliamo e con chi vogliamo”.

Premesso che non si vede come questa affermazione rientri nella logica olimpica, le parole chiave sono declinate a rovescio, significano cioè il contrario di ciò che asseriscono. Sovvertire, innanzitutto: se non è sovversivo – nel mondo normale – offendere i sentimenti religiosi e civili facendo dell’Ultima Cena un sordido balletto di dark queen e di sgraziati travestiti (omaggio alla bruttezza, principio di vita deviata) che cos’è?

La rivoluzione – qualunque ne sia il movente – è sovversiva: punta sempre a ribaltare il potere, il senso comune e a istituire un regime di pensiero e un assetto della società opposto al precedente.

Le parole Jolly sono la scimmia della verità.
Gli altri termini chiave sono “diritto” e il richiamo alla volontà sovrana.

Ogni volontà è diritto, per loro, tranne ovviamente quella che nega i teoremi da essi formulati senza dimostrazione. Si arrogano il diritto di distruggere tutto e di farlo – questo è il punto che lascia senza fiato – in nome dell’amore e della volontà sovrana.

Lo espresse Barack Obama allorché legalizzò il matrimonio omosessuale “perché l’amore trionfi”.
Deviato è perciò chi non ci crede. Voler essere contro ogni dato di realtà: l’altro totem del progressismo “risvegliato”, da cui discende la norma dell’assenza di norme diverse dalla volontà.

L’eredità velenosa di Foucault, preparata dalla guerra dei francofortesi al principio di autorità, sostituito dal conformismo di massa (lo ha detto la televisione, lo ha detto la scienza).

La questione è chiarissima, così come gli schieramenti in campo.
Non ci sarà vittoria o sconfitta, ma umanità o trans e post umanesimo, natura contro mondo artificiale, biologia contro costrutto culturale.

Perciò l’attacco è portato ai fondamenti dell’identità personale ed intima e il nemico è tanto nettamente identificato nel cristianesimo (in Occidente) e nelle visioni aperte alla trascendenza, come hanno compreso i musulmani.

Non indigna più l’apostasia delle chiese cristiane (tranne l’ortodossia orientale), diventate la guardia bianca del sistema in cambio di privilegi per i loro capi. 

L’ultima cena è servita e innumerevoli Giuda hanno consumato il tradimento. Alcuni per trenta denari, altri perché conquistati dal nemico.

Non vinceranno: potranno, qui e adesso, segnare altri effimeri successi.
Non di più: non avranno eredi, sterili per scelta e per impotenza culturale. Dureranno ancora una generazione al massimo.
Poi finiranno nella spazzatura delle civiltà.

A noi il compito di anticiparne la fine.
Lasciamo che i morti seppelliscano se stessi: è la loro specialità di necrofori.                   

ideeazione

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