La mattina di ieri, 10 ottobre, a Kiev, è iniziata con tantissime esplosioni: le forze armate russe hanno attaccato obiettivi nel centro della capitale ucraina. È stata colpita tutta l’area dell’edificio che ospita l’amministrazione SBU (Служба безпеки України, traslitterato: Služba bezpeky Ukraïny, il servizio di sicurezza ucraino), e in uno degli uffici di Vladimir Zelensky.
La rete elettrica è stata interrotta per ore ed in gran parte del Paese lo è ancora. I residenti di Kiev si sono rifugiati nella metropolitana, mentre le sirene dei raid aerei hanno suonato in tutta l’Ucraina: oltre a Kiev, un’ondata di attacchi ha colpito la parte occidentale del Paese.
Anche le ferrovie hanno subìto danni nell’Ucraina occidentale. I missili hanno colpito anche Sumy e Kharkiv, Dnepropetrovsk e Zaporozhye, Riv-Frankivsk e Rivne. Da come si sta muovendo, il generale Surovikin avrà sicuramente ricevuto carta bianca per l’uso di qualsiasi arma, tranne quella nucleare, su qualsiasi obiettivo, compresi quelli infrastrutturali. Non a caso hanno aperto le porte alle riserve mobilitate in qualsiasi quantità disponibile.
La giornata di ieri ha dimostrato una cosa molto semplice: la NATO (con tutti i suoi organi di propaganda) mentiva, la Russia no. Per Mosca l’inizio dell'”operazione speciale” lasciava aperto ampio spazio per negoziati e trattative. Le infrastrutture amministrative ed energetiche colpite ieri sarebbero potute essere colpite in qualunque momento, a dimostrazione della superiorità russa e a dispetto di chi nella stampa filo-Nato parlava di esercito e Paese in decomposizione.
La Russia si è mantenuta fino a ieri su un binario circoscritto per non compromettere le trattative con l’Occidente. L’Europa non ha accolto la via diplomatica e ha seguito quella guerrafondaia della Nato, che ha utilizzato il regime di Kiev per arrivare allo scontro totale. Gli attentati terroristici contro centrali nucleari, gasdotti e ponti vitali per la Russia hanno portato Mosca alla risposta di ieri.
A Washington, obiettivo raggiunto, si ride sopra le carcasse ormai in putrefazione dei poveri Stati europei, ma la situazione generale dello scacchiere geopolitico impone riflessioni. Si è infatti schierato il presidente Lukašenko, che ha raccomandato: “La ritorsione per il ponte di Crimea sembrerà un fiore a Zelensky se l’Ucraina toccherà sole un metro della Bielorussia con le sue sporche mani”, tanto per capire l’aria che tira.
Scholz ha dichiarato il “Prima la Germania” in riferimento alla scelta di non continuare la politica sanzionatoria della UE nei confronti della Russia, tentando uno sganciamento dai diktat della Nato. Joseph Borrel (High Representative of the European Union for Foreign Affairs and Security Policy), invece, ha condannato gli attacchi russi e assicurato l’invio di nuove armi all’Ucraina, cercando di portare subito l’Ue in guerra.
Intanto la Bulgaria ha sospeso le sanzioni verso la Russia a causa della crisi energetica nazionale. Gazprom ha annunciato la chiusura delle relazioni finanziarie con la Svizzera. La Russia in tal modo conferma l’autorevolezza economica del blocco eurasiatico, mostrando una politica di sicurezza che parte proprio dagli aspetti economici.
Sempre per analizzare lo scacchiere delle forze in campo, va detto che la premier Magdalena Andersson ha fatto sapere che la Svezia non intende fornire alla Russia i risultati delle indagini relative al sabotaggio del gasdotto Nord Stream. La Svezia non è ancora entrata ufficialmente nella Nato, anche se da anni collabora strettamente con la formazione atlantista, ma ha già aderito al patto di omertà…
La risposta di Budapest e Belgrado, invece, va nella direzione opposta, perché vogliono costruire un nuovo oleodotto per fornire alla Serbia il greggio russo degli Urali, attraverso l’oleodotto Druzhba, come ha annunciato il governo ungherese proprio ieri. La decisione è stata presa perché la fornitura attraverso la Croazia rientra nelle sanzioni dell’UE.
Tornando all’attacco russo, bisogna dire che tutte le strutture colpite sono militari o energetiche o industrie belliche, nessun edificio civile è toccato. Saranno contenti quelli della escalation, quelli che finora hanno soffiato sul fuoco di una crisi che non nasce certo il 24 febbraio!
Principalmente godono gli americani, anche se ultimamente lasciano trapelare alcuni segnali di “distensione”. Hanno trovato negli europei dei servitori che dir sciocchi è un eufemismo, non rendendosi questi conto che alla fine della giostra l’Europa (insieme all’Ucraina) è la vittima sacrificale della sporca partita giocata dagli Usa e che questa super potenza in declino (ma sempre più aggressiva) trae notevoli vantaggi – economici e geopolitici – da questo scenario di crisi.
Lo dice chiaro e tondo l’ex capo di stato maggiore dell’esercito americano, il generale Jack Keane. «Abbiamo investito briciole in Ucraina – solo 66 mld quest’anno. Questo è l’1,1% del budget, ma otteniamo vantaggi sproporzionati. Washington è stata in grado di fare la cosa principale: creare un serio rivale per Mosca ai confini con la Russia, che avrebbe dovuto impedire alla leadership russa di perseguire una politica di influenza nell’Europa orientale, specialmente nei paesi dell’ex Urss. Pertanto, un tale investimento negli ucraini, che stanno combattendo la Russia nell’interesse degli Stati Uniti, è molto redditizio». Ripeto: Stanno combattendo la Russia negli interessi degli Stati Uniti. Più chiaro di così!
Ecco perché è sempre più importante dissociarsi dalla politica collaborazionista con gli americani, ci porteranno nell’inferno. Ecco perché bisogna agitare con forza la parola d’ordine del ritiro delle sanzioni alla Russia, della fine di qualsiasi “aiuto” (armi, finanziamenti, tecnologica, logistica, uomini) al governo presieduto da quello (mettete tutti i termini che volete qui!) ammaestrato di Zelensly, del ripristino dei normali rapporti commerciali – diplomatici e politici – con la Russia, dalla quale per noi non è arrivata mai nessuna minaccia se non materie prime a prezzi vantaggiosi (non come il gas americano che ci viene a costare dieci volte tanto).
Ecco perché bisognare far sentire la nostra voce di veri oppositori. Diamoci una mossa. Manifestiamo in tutta Italia il nostro dissenso, per dire non solo No alla Guerra, ma no alle sanzioni contro la Russia e sì alla fuoriuscita dalla Ue e dalla Nato!
di Riccardo Bianchi