L'Italia Mensile

Le Olimpiadi, Cibele e il ritorno di Lucifero

Aleksandr Dugin

È stato come se le cerimonie delle Olimpiadi avessero illustrato alcuni dei principi della Noomachia.
L’Occidente sostituì Cristo con la grassa Cibele e il suo tradizionale seguito di castrati, travestiti, acrobati (dalle descrizioni classiche dei culti della Grande Madre frigia); l’olimpico Dioniso come suo doppio nero (in questo caso blu). La battaglia sull’interpretazione di Dioniso è l’essenza della svolta noologica della modernità europea occidentale. Di questo si parla in dettaglio nel volume di Noomachia sulla Francia, Orfeo e Melusine, e la metodologia è delineata nel primo volume dei Tre Logos.
Sull'”ombra di Dioniso” che si è affermata nella postmodernità occidentale, Michel Maffesoli, discepolo del geniale Gilbert Durand, ha scritto in modo perspicace. L’archetipo di “Dioniso” (o meglio il suo doppio cibelico) sostituisce l’archetipo cancellato di Prometeo. Ora tutte queste metafore culturali e sociologiche sono illustrate in modo diretto e ovvio.

La caduta di Lucifero, come molti hanno sottolineato, è stata illustrata alla chiusura delle Olimpiadi ed è iniziata con il Cavaliere dell’Apocalisse e una cinica messa in scena di regicidio e decapitazione (un riferimento all’Acephalus di Bataille, ma in un’interpretazione molto particolare).

I vincitori non vengono giudicati, tutti gli altri sono giudicati. Si fa un’eccezione solo per i vincitori. Perché la nostra verità prevalga – sia nel senso più grande (civile, filosofico, religioso) che in quello più piccolo (i fatti più semplici come bombardamenti, vittime, invasioni, attacchi nucleari) – dobbiamo almeno vincere.

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