Nei suoi scritti, Carl Schmitt riporta il concetto di “iconografia regionale” del geografo francese Jean Gottmann: tale concetto è volto a individuare un determinato spazio a partire dalle immagini, dalle rappresentazioni che scaturiscono da tradizioni, da religioni, da memorie storiche ivi localizzate.
Parliamo di due esempi plastici, i quali non solo sono iconografie in senso stretto, ma cercano di racchiudere nella rappresentazione tutto ciò che costituisce la loro “iconografia regionale”. Nella prima immagine troviamo il dipinto murale di Luigi Montanarini, “Apoteosi del fascismo”.
In questa immagine abbiamo l’idea principale propria del fascismo, che potremmo esprimere come continuità della romanitas.
Ma possiamo trovare, in basso a destra, anche l’esaltazione di valori come il lavoro o, a sinistra, la maternità.
Confrontiamola ora con il secondo quadro, dal titolo “La Russia eterna” (o “Eterna Russia”), del pittore Il’ja Sergeevič Glazunov, dipinto nel 1988 in occasione dei mille anni dal “battesimo” della Rus’, ossia del principe Vladimir.
Qui troviamo un accento decisamente più marcato della religione: al centro non sta il Duce (ossia il Capo), ma Gesù Cristo (il quale in realtà è Re dei cieli, dunque ben più di un capo).
Tutt’intorno al centro si trovano figure di santi e di personaggi storici della Russia; ai lati, invece, vediamo i Tartari dell’Orda d’Oro sulla sinistra e l’Unione Sovietica sulla destra, che paiono circondati da un’aura negativa (ma non sarebbe una stranezza: Glazunov era noto per le sue posizioni anticomuniste e filozariste).
La dissonanza risulta evidente: da un lato un’iconografia “forzata”, che cerca di legarsi a un passato troppo grande per essere ricompreso in essa, mentre dall’altro un’iconografia “pura”, la quale arriva addirittura a eliminare alcune parentesi storiche per abbracciare appieno una civiltà coerente, continua, eterna come da titolo.
(Fonte @geopoliMS)