Il mantra di chi vuole armare l’Ucraina è sempre stato questo: “Senza le nostre armi, Kiev soccomberà e non ci sarà mai un negoziato di pace”. Si vis pacem gere bellum, anche se la Costituzione legittima solo la guerra difensiva per l’Italia e i suoi alleati (e l’Ucraina non lo è, né nell’Ue né nella Nato).
L’ossimoro migliore lo sfoderò il premier Draghi, quando disse in Parlamento che che l’invio di armi è finalizzato alla“de-escalation” militare: e su quell’assunto illogico e incostituzionale le Camere abdicarono ai propri poteri/doveri, dando carta bianca al governo per armare Kiev a piacere fino al 31 dicembre. Ancora al G7 in Germania, il 28 giugno, Draghi scandì: “Armi e sanzioni sono fondamentali per costringere la Russia alla pace. Non c’è pace se l’Ucraina non può difendersi. Anche le sanzioni sono essenziali per portare la Russia al tavolo dei negoziati. Dobbiamo essere sempre pronti a cogliere gli spazi negoziali”. Tutti i costituzionalisti – sia quelli fedeli all’articolo 11 sia chi lo stiracchia per compiacere – sostenevano che, armi o non armi, l’obbligo costituzionale è risolvere la controversia ucraina col negoziato, visto che “l’Italia ripudia la guerra”. Lo disse il presidente della Consulta Giuliano Amato. E lo confermò l’ex presidente Cesare Mirabelli: “Prestare aiuto a Kiev, senza entrare nel conflitto, è costituzionalmente legittimo… anche con strumenti bellici. Ma lo sforzo maggiore, nel rispetto dell’art. 11, dev’essere al tavolo dei negoziati. La Carta non nega la guerra di difesa, ma indica la via maestra della diplomazia come soluzione dei conflitti internazionali”. Concetto ribadito dal quarto (e finora ultimo) decreto del 26 luglio: “…misura di assistenza nell’ambito dello strumento europeo per la pace per sostenere le Forze armate ucraine…”.
Ora però c’è un enorme fatto nuovo: il presidente ucraino Zelensky ha ratificato per decreto la decisione del Consiglio di Sicurezza e Difesa sulla “impossibilità di intrattenere negoziati col presidente della Federazione Russa Vladimir Putin”. Cioè ha proibito a se stesso e a ogni autorità ucraina di negoziare.
Quindi da ieri inviamo armi a un Paese belligerante che, anche volendo, non può negoziare: vuole risolvere la controversia con la Russia solo con la guerra. E, intendiamoci, è libero di farlo. Noi però non abbiamo (ancora) sostituito la nostra Costituzione con quella ucraina. Dunque, ammesso e non concesso che finora potessimo inviare armi, d’ora in poi non possiamo più, essendo ufficiale che sarebbero usate per una guerra infinita fino all’ultimo ucraino, essendo i negoziati vietati per legge.
Eppure, mentre andiamo in stampa, né Draghi né Meloni hanno ancora avvertito Zelensky delle conseguenze della sua svolta sull’Italia. Ma di sicuro lo faranno oggi, no?
Di Marco Travaglio