La costruzione di una cultura sovranista-popolare non è solo un progetto intellettuale, ma una necessità storica per restituire senso e potere alle comunità e agli individui in un’epoca di alienazione e manipolazione. Questo percorso deve partire dalla consapevolezza che il terreno principale di scontro con le élite globaliste non è quello economico o militare, bensì culturale: un conflitto per ridefinire il significato delle parole, delle immagini e delle relazioni che costituiscono la nostra realtà.
Viviamo immersi in un sistema che sfrutta il linguaggio e i media per appiattire la complessità e annullare il pensiero critico. Gli “inquinatori” della cultura hanno trasformato la società in un palcoscenico per slogan e immagini vuote, spingendoci verso una passività che alimenta il potere dominante. Contro questo, dobbiamo lanciare un “blitzkrieg culturale”, una controffensiva che riprenda le redini del pensiero e della narrazione collettiva.
L’obiettivo non è solo opporsi a un modello culturale tossico, ma proporne uno radicalmente alternativo. Serve una cultura viva, radicata nelle identità e nei valori storici delle comunità, ma capace di reinventarsi senza timore. Dobbiamo rifiutare ogni forma di nichilismo e abbracciare una visione vitalistica, dove la bellezza, la creatività e la profondità tornino al centro della vita sociale.
Il nostro progetto deve coltivare una comunicazione che non si limiti alla denuncia o alla resistenza, ma che costruisca un linguaggio autonomo, una nuova semantica che sfugga al controllo dell’ideologia neoliberista. Non dobbiamo più reagire alle parole del nemico, ma imporre le nostre. Questo significa creare un vocabolario della ribellione, in cui ogni termine, ogni immagine, ogni simbolo sia un mattone per edificare una nuova egemonia culturale.
Per riuscirci, dobbiamo ripartire dalla dimensione comunitaria. L’individualismo, trasformato in culto egotistico dalla società dei consumi, deve essere superato attraverso la riscoperta della solidarietà e del senso di appartenenza. Solo una comunità coesa può sfidare efficacemente il potere globalista, proponendo un modello sociale incentrato sul bene comune e sull’autonomia locale.
Il compito è arduo, ma urgente. Ogni battaglia culturale è una battaglia di liberazione: dalle imposizioni della neolingua, dalla censura mascherata da trasparenza, dalla spettacolarizzazione della politica e dalla riduzione dell’arte a intrattenimento. Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di una cultura che torni a essere studium: impegno, passione, creatività, ricerca del significato.
Non dobbiamo temere di essere sovversivi, né di rischiare. La cultura, infatti, è il campo in cui si decidono le sorti di ogni rivoluzione. Come diceva Schiller, “l’uomo è pienamente tale solo quando gioca”: è ora di giocare con serietà, di riprendere in mano il nostro destino e di trasformare l’immaginario collettivo in una fucina di libertà. Solo così una cultura sovranista-popolare potrà affermarsi, ponendo le basi per un autentico rinascimento umano.
Antonello Cresti