di Fabio C. Maguire
La presenza americana nel Pacifico è sempre più intensa e significativa.
Il nuovo accordo stipulato a Manila permetterà agli States di edificare quattro nuove basi militari nell’arcipelago filippino.
Quest’ultima intesa può essere considerata come un potenziamento del EDCA firmato nel 2014, che porterà a nove il numero di strutture militari americane presenti nella zona.
La localizzazione delle roccaforti sarà strategica e consentirà all’establishment americano un affaccio sicuro sul Mar cinese e una distanza minima dalle coste di Taiwan.
Il Pentagono ha parlato di una presenza “flessibile” e le nuove strutture avranno perlopiù una funzione logistica di stoccaggio per carburante, munizioni e pezzi di ricambio.
Nonostante ciò Randall Schriver, ex assistente del Segretario alla Difesa, ha affermato che l’intento della leadership statunitense sarebbe quella di ottenere un presidio per ciascuna delle forze armate e i fondi stanziati per il progetto sono circa 82 milioni di dollari.
L’obbiettivo è quello di rafforzare e potenziare il controllo e l’influenza nella regione indopacifica, mantenendo costantemente sotto sorveglianza speciale la Cina.
La Casa Bianca ha militarizzato tutta la zona pacifica; ha contribuito alla costruzione e all’estensione di nuove basi d’intelligence come quella Pine Gap in Australia, rilevanti tatticamente per un eventuale futuro scontro con Pechino.
Inoltre in Giappone è stata annunciata la riorganizzazione del 12esimo reggimento della Marina americana che renderà più “letale e agile” le unità nazionali, informando la prossima installazione di batterie missilistiche anti-nave e di altri sistemi sofisticati.
Infine Camp Blaz sarà la nuova struttura a metà strada per Taiwan che ospiterà circa 5.000 marines una volta operativa.
La Cina si trova parzialmente circondata da Paesi ultra armati e con massicce unità militari americane addestrate e pronte al combattimento.
I leader cinesi hanno risposto affermando che le guerre nel mondo sono il frutto dell’espansionismo NATO da cui i popoli sono chiamati a difendersi.
Una possibile reazione della Repubblica popolare cinese sarà difensiva e giustificata dalla pretesa di Pechino di salvaguardare i propri confini attualmente minacciati da un’ostile e importante presenza militare nemica.