di Fabio C. Maguire
Continuano le proteste nell’esagono francese contro la riforma pensionistica approvata senza il voto parlamentare.
Un altro sabato di fuoco in Francia, dove circa 480.000 persone, secondo le stime del Ministero degli Interni, hanno partecipato alle mobilitazioni in diverse città francesi.
Molti i settori del lavoro si sono proclamati in sciopero “perenne” dai tranvieri agli operai delle raffinerie, dagli elettricisti ai portuali con il sostegno di una trentina di università che sono state bloccate e occupate.
Le strade di Parigi sono stracolme di rifiuti; si contano 6000 tonnellate non raccolte a cui vanno aggiunti anche i tre impianti di trattamento occupati dagli impiegati, oltre 7000, che recentemente hanno sventato il tentativo dell’amministrazione cittadina di utilizzare una ditta privata per ripulire le vie e le metro.
Le Prefetture sono state assediate e bersagliate da sacchi di spazzatura.
I manifestanti hanno eretto barricate e incendiato i cassonetti, duri scontri con la polizia si sono susseguiti nell’arco dell’intera giornata in molte città transalpine.
La polizia ha risposto duramente, reprimendo le proteste nel sangue e servendosi di arresti di massa e violenza per cercare di stemperare il clima di guerriglia.
La rappresaglia poliziesca si è connotata per la sua brutalità e ferocia: uomini e donne massacrati dai manganelli degli uomini della BRAV-M, lacrimogeni sparati altezza uomo e cani pastori sguinzagliati per arrestare i dimostranti.
Un clima di guerra civile con scontri che si sono protratti fino a notte fonda.
Giovedì è stato dato appuntamento da tutte le organizzazioni promotrici dinanzi l’Assemblea Nazionale, informando i cittadini che qualora la riforma dovesse passare le mobilitazioni non cesserebbero e si tenterà di intervenire anche con una “consultazione popolare”.
La battaglia politica non si è ancora esaurita e molti dimostranti in piazza sono convinti che “è solo con la lotta che possiamo ottenere qualcosa” e quindi bloccare la deriva autoritaria di Macron.