di Fabio C. Maguire
Il Presidente Netanyahu sta ripetutamente posticipando l’invasione della Striscia di Gaza.
Questo lo si deve principalmente alle pressioni dell’Occidente, e in particolare degli Stati Uniti, che spingono per ritardare l’operazione dell’esercito israeliano.
Il Presidente Biden ha spiegato che la priorità della Casa Bianca è il rilascio degli ostaggi, che deve avvenire in condizioni di sicurezza e legalità.
A preoccupare Washington è anche, e soprattutto, l’ampio sostegno di cui gode la causa palestinese in Medio Oriente.
Secondo l’amministrazione Biden, un intervento militare nella Striscia di Gaza sarebbe deleterio per Tel Aviv a causa del concreto rischio di coinvolgimento di altri attori regionali nello scontro.
La Casa Bianca non è attualmente preparata per un escalation militare e sta rallentando Tel Aviv per poter rafforzare la propria presenza nella zona mediorientale.
Quando le postazioni americani saranno sufficientemente coperte, allora Israele procederà verso Gaza con un’invasione terrestre della Striscia.
Alla Casa Bianca intimorisce principalmente la possibilità di essere sopraffatti dai vari paesi arabi che hanno avvertito di rispondere militarmente qualora Israele dovesse attaccare Gaza via terra.
E la situazione si inasprisce pericolosamente di giorno in giorno.
Alcune basi militari americane in Siria e in Iraq sono state attaccate da gruppi vicini a Teheran, che hanno rivendicato l’atto come rappresaglia alle azioni criminali del regime israeliano ai danni della popolazione palestinese.
Per difendere il proprio enclave in Medio Oriente, Washington aumenterà la propria presenza militare nella regione al fine di “dissuadere qualsiasi attore dall’allargare o approfondire questo conflitto,” ha spiegato il portavoce della Casa Bianca John Kirby.
Il Presidente Biden sostiene pienamente i progetti sovversivi di Tel Aviv, ma deve prima assicurarsi il controllo della zona.
Infatti, la Casa Bianca non chiede la fine dei bombardamenti su Gaza e non biasima le attività criminali dell’esercito israeliano, anzi sostiene che, come dichiarato dal portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller, sospendere il fuoco “darebbe ad Hamas la capacità di riposare, di riorganizzarsi e prepararsi per lanciare nuovi attacchi terroristici contro Israele.”
Eppure gli obbiettivi selezionati dal Presidente Netanyahu non rappresentano nessuna minaccia esistenziale alla sicurezza di Tel Aviv e poco hanno a che vedere con la lotta contro Hamas.
Ospedali, scuole, Moschee e Chiese non sono roccaforti militari, ma sono semplicemente l’ultimo disperato rifugio di centinaia di migliaia di persone civili che sono bersagliate costantemente dai razzi israeliani.
L’unica vera e seria minaccia all’esistenza di Israele è l’odio e la rabbia che si sta rapidamente diffondendo a macchia d’olio in tutto il Medio Oriente nei confronti dello Stato ebraico, a causa esclusivamente delle brutalità commesse dal regime sionista ai danni cittadini palestinesi.