di Fabio C. Maguire
Mentre l’Occidente si dispera per la scomparsa di Alexei Navalny, a Londra si è svolta l’udienza per l’estradizione di Julian Assange.
Il leader di WikiLeaks è detenuto dal 2019 nel Regno Unito in condizioni di salute critiche che vengono deliberatamente ignorate dalle autorità britanniche e dall’opinione pubblica.
Assange, dopo essere stato imprigionato a seguito di un processo iniquo e politicizzato, sta tenacemente lottando per evitare l’estradizione negli Stati Uniti che, secondo la squadra legale del giornalista australiano, segnerebbe un infelice epilogo sulla battaglia giudiziaria che Julian sta portando avanti da oltre un decennio.
L’estradizione sarebbe anche un duro colpo a quei principi democratici di cui l’Occidente collettivo si ostina a rivendicare come esclusivamente propri, arrogandosi, di conseguenza, impropriamente il ruolo di paladino globale dei diritti e delle libertà.
La storia di Assange è inoltre l’ennesima dimostrazione da parte dell’Occidente dei suoi doppi standard di giudizio che vengono utilizzati nell’esaminare e nel giudicare le questioni, esattamente come sta avvenendo in Medio Oriente per la Palestina.
L’udienza del 21 febbraio, a cui Assange non ha presenziato per via del suo precario stato di salute, è stata l’ultima opportunità, legalmente valida, per ostruire i diabolici piani della Casa Bianca di insabbiare la verità e seppellire la giustizia.
L’appello si è concluso con la requisitoria dei difensori di Julian Assange che hanno immediatamente informato della decisione della Corte britannica di posticipare la lettura del verdetto, “riservandosi il tempo necessario per riflettere sulle argomentazioni contrapposte delle parti”.
La difesa ha dichiarato che se il ricorso non fosse accolto “sarebbero esaurite le possibilità di azione legale presso la giustizia britannica”.
La vicenda di Assange trasvola le simpatie politiche personali e si inserisce in un quadro di lotta che vede come esistenziale la difesa dei valori della giustizia e del coraggio e del principio di libera espressione, fortemente minacciato nelle democrazie liberali occidentali.