di Ramona Castellino
Al soldo del potere, la solita Repubblica ospita al teatro Parenti di Milano il filosofo sionista Bernard-Henry Levy, il quale presenta il suo ultimo libro intitolato “La solitudine di Israele”.
Il solito pianto, il solito mantra e il solito giornalismo asservito ai potenti.
Se già di per se il titolo del libro non fosse tutto un programma, Levy fa delle similitudini tra la guerra in Ucraina e quella in Israele, ponendo entrambi nella posizioni di stati minacciati nella loro democratica libertà, la cui difesa è una panacea per tutto l’Occidente libero.
Il paradigma è sempre lo stesso.
C’è un invasore che diventa invaso, genocidi che si trasformano in difesa di libertà, lupi che si travestono da agnelli.
E allora si dimentica la storia, si dimenticano i 70 anni di Israele che colonizza la Palestina, costringendo il popolo palestinese a vivere nel più grande lager a cielo aperto che mente umana ricordi.
Si dimenticano le barbarie compiute dall’esercito ucraino sui popoli russofoni con una mattanza dei cristiani ortodossi.
Non vengono mai menzionati i 35.000 mila bambini trucidati a Gaza.
È vero ci sono delle similitudini.
Infatti sono due guerre per la libertà dei popoli contro l’occupante imperialista e colonialista, da una parte sionista, dall’altra a stelle e strisce su procura.
Sono guerre contro gli eserciti più cattivi e spietati che si conoscano e che delle loro guerre democratiche ne fanno il loro perno, con mani sporche di sangue innocente di popoli e nazioni.
Ma nonostante ancora certi “giornalai” di regime, nei salotto radical chic tentino di mistificare la realtà qui fuori si grida: Palestina Libera! Evviva la Russia!