Giuliano Castellino
Un tempo, c’erano artisti, cantanti ed intellettuali che guardavano, o da esso provenivano, solo al popolo: quello delle periferie, delle fabbriche, delle borgate in lotta. Erano i cantastorie, i menestrelli degli esclusi.
I cantautori del proletariato!
I quartieri delle metropoli erano mito, simbolo di libertà, vita vera, riscossa, ribellione… quella realtà che per Roma è stata raccontata, anche con le immagini dei suoi film, da Pasolini.
Poi qualcosa si è rotto… Cosa è successo?
È caduto il Muro?
È crollata l’Unione Sovietica?
È finita la storia?
Il mondo unipolare americano e la globalizzazione, allora inarrestabili, non solo cancellarono i partiti comunisti, ma crearono fratture profonde tra generazioni, tra padri e figli…
Tra le macerie di Berlino e le sbornie di Eltsin le nuove generazioni si ritrovarono a nascere e pensare nello spazio e secondo l’ottica di un unico, esclusivo modello dominante.
Dalla parte del popolo, l’unica reazione fu quella nazionalpopolare.
Già dagli anni ‘90, i tricolori iniziarono a sostituire le bandiere rosse nelle periferie e col tempo lo fecero anche nelle lotte sociali.
I picchetti contro gli sfratti venivano fatti da militanti identitari e così avveniva anche nelle lotte per il lavoro.
Le posizioni filo immigrazioniste, e per ciò stesso anti proletarie, delle sinistre convinsero definitivamente le nuove generazioni ad allontanarsi dai “loro padri”.
Le destre parlavano alla pancia, le sinistre si chiudevano nei salotti, le bandiere rosse diventavano fucsia e arcobaleno, i post, ex comunisti scalavano i vertici di banche e assicurazioni e, liberisti su economia e lavoro, concentravano il loro essere alternativi sui cosiddetti “diritti civili”, battaglia per lo più fondata su pure astrazioni e del tutto impensabile in tempi in cui i Movimenti, studenteschi e operai, erano concentrati sulle lotte sociali.
Mentre gli ex dirigenti del PCI, o i nuovi rampolli del PD, assistevano alla defenestrazione dei loro manager, noi venivamo strozzati dagli istituti di credito, protestati ed emarginati da quello che viene definito “circuito finanziario”.
Una nuova categoria di “lebbrosi” iniziava a popolare l’Italia, quella dei “cattivi pagatori” che, al posto della lettera scarlatta, erano marchiati dalla “Crif”.
Quel popolo, una volta vanto e orgoglio di chi lo cantava ed esaltava nelle lotte e negli inni, veniva tradito ed abbandonato e la sinistra diventava identica, se non peggiore, a quell’odiata borghesia tanto contestata.
Non solo, dai suoi giornaloni e dai suoi salotti, la sinistra iniziava ad odiare borgate e borgatari.
Così partì la campagna di criminalizzazione delle periferie… nacquero i naziskin, i coatti, i raver, gli squatter, gli antagonisti, gli ultras… le case occupate diventavano fortini di delinquenza e in nome di una legalità che mascherava l’odio di classe veniva chiuso ogni spazio di socialità, cultura e comunità.
I nuovi eroi delle sinistre diventavano, nel tempo, Jovanotti, Casarini, Luxuria, Greta, Ferragni, fino al neo-partigiano Fedez e al kapò Soumahoro!
(E ci dicevano che l’immigrazione era una ricchezza… sicuramente per Casarini e Soumahoro, per cooperative, negrieri e padroni, non certo per i lavoratori sottopagati e per i popoli che perdono i loro figli più forti!)
Ma se la sinistra ha tradito, anche le destre hanno sedotto e poi abbandonato…
In questi ultimi 30 anni, le bandiere nere sono diventate prima azzurro nazionale, poi blu Nato, infine bluet turbo liberismo…
In nome dell’occidente, le destre ci hanno venduto agli Stati Uniti e alle loro sporche guerre, fino a questa ultima contro la Russia.
In nome di un falso sovranismo di cartone, sanno fare i duri solo con quattro disgraziati lasciati schiumare per settimane su una nave, per poi genuflettersi mansueti a Nato, Unione europea e Oms,
alla religione del Pnrr e del Mes.
In nome di un anticomunismo in assenza di comunismo hanno abbracciato il peggior capitalismo e azzannato ciò che era rimasto dello Stato sociale.
Approfittando, non senza sostegno anglo-americano, del fallimento delle sinistre hanno fatto il loro stesso gioco in un’alternanza senza alternativa tipica di una colonia.
E così eccoci tutti di nuovo qua.
Senza più amici e con tanti e troppi nemici. Soli.
Senza punti di riferimento!
Perché destra e sinistra che ne sanno di quelli come noi?
Che non hanno un lavoro e se ce l’hanno è sottopagato…
Che ne sanno di salari a 3 euro l’ora?
Politici, giornalisti, sindacalisti e tutti questi signori di regime che pontificano – e spesso criminalizzano – dai talk show televisivi hanno mai subito uno sfratto?
Sanno cosa significa occupare una casa perché altrimenti si è costretti a dormire tutta la vita in macchina?
Loro blaterano di legalità, rispetto delle regole, graduatorie, ma lo sanno che per accedere ad una casa popolare ci vogliono 10-15 anni?
I vari Fedez, Mughini, Luxuria e i paladini della sinistra, che con un solo gettone di presenza in una trasmissione guadagnano quello che prende un operaio in un mese, lo sanno cosa significa “combattere la quotidiana guerra” della sopravvivenza?
Per non parlare dei destri tutti ordine e disciplina, manette e sbirri…
Sanno che vuol dire “impicciare” per mettere insieme il pranzo con la cena?
Loro che gli “impicci” li fanno con gli appalti ed i colletti bianchi…
In questa era di abbracci mortali, quello tra Landini, capo della Cgil, e Draghi, banchiere e “crocierista” del Britannia, e quello tra Meloni, la prima missina presidente del consiglio, e Zelensky, premier fantoccio ucraino in guerra contro Putin per conto della Nato, gli schemi sono saltati.
È rimasta solo una certezza: la lotta di classe è il motore della storia!
Oggi più di ieri, tra dominati e dominanti, tra oppressi e oppressori, tra sfruttati e sfruttatori, noi stiamo sempre con i primi!
Perché non siamo cambiati noi.
Sono cambiati loro: politici e sindacati… tutti venduti al padrone e al capitalismo.
Noi proletari eravamo, proletari siamo, figli di proletari restiamo.
Con una differenza… Non ci facciamo più dividere ed innalziamo la bandiera tricolore, la bandiera del popolo, quella che unisce gli italiani e non li divide in cantoni.
Ripartendo da casa nostra.
Dalle periferie. Dai quartieri.
Per un’Italia Libera e popolare!
FINO ALLA VITTORIA!