Giuliano Castellino
La Francia è nel caos, quella che i media occidentali hanno tentato, in primissima battuta, di bollare come una “BlackLivesMatter” in salsa transalpina, si sta rapidamente trasformando in una vera rivolta sociale e nazionale.
Da ieri tutta la Franca è in fiamme!
La protesta, sì nata nel nome di Nahel – il 17enne ucciso da un poliziotto martedì scorso a Nanterre, periferia “magrebina” di Parigi – ben presto si è trasformata in una rivoluzione contro Macron e il sistema francese.
Non una rivolta razziale, come vorrebbero raccontarci gli amici “eurocratici” dell’Eliseo, ma una ribellione sociale, che col passare delle ore e dei giorni sta coinvolgendo tutta la popolazione.
A gettare benzina sul fuoco ci ha pensato il ministro dell’Interno Gérald Darmanin, che scrivendo alla Polizia e ai vigili del fuoco per congratularsi con il loro operato negli scontri degli ultimi giorni, ha dichiarato guerra ai manifestanti, senza fare nessun accenno al ragazzo ucciso dai gendarmi: “Da tre giorni il nostro Paese si trova di fronte a disordini di rara violenza. In questo contesto degradato, avete resistito e avete reagito proporzionalmente, nei limiti della legge”.
Ha aggiunto il sodale di Macron: “Come sapete, questa minoranza di delinquenti non rappresenta la stragrande maggioranza degli abitanti dei quartieri popolari. Queste prossime ore saranno decisive e so di poter contare sul vostro immancabile impegno per il rispetto delle leggi e dell’etica”.
Parole molto dure che non aiuteranno a riportare la calma.
Il presidente Emmanuel Macron ha invece lanciato un appello ai genitori, affinché siano “responsabili”, e tengano a casa i loro figli, “giovani e giovanissimi”, fermati in questi giorni di disordini.
Parole, queste, pronunciate dal capo dello Stato durante e dopo una riunione della cellula di crisi che si è tenuta all’Eliseo.
“Un terzo delle persone fermate la notte scorsa è costituita da giovani, anche giovanissimi” ha scritto Macron su Twitter. “Rivolgo un appello ai genitori alla responsabilità”.
Come riferisce l’edizione online del quotidiano Le Monde, durante la riunione la prima ministra Elisabeth Borne ha annunciato il dispiegamento di blindati della gendarmeria per far fronte ai disordini.
Deciso anche lo stop alle manifestazioni pubbliche e alle corse di autobus e tram dalle nove di sera.
Secondo Le Monde, solo giovedì le persone fermate dagli agenti sono state 870.
Una repressione poliziesca senza precedenti in Europa, altro che Russia.
In Francia siamo allo Stato di Polizia, con città militarizzate, blindati a presidiare le strade e arresti di massa.
Come detto, i disordini sono cominciati a Nanterre, alla periferia di Parigi, dopo l’uccisione martedì del 17enne di origini algerine.
Il giovane, fermato a un controllo mentre era alla guida di un’auto, è stato colpito a morte da un poliziotto che gli ha sparato.
Le rivolte sono state segnalate anche lontano dalla capitale, in città come Strasburgo, Marsiglia su tutte e altre città francesi.
Oggi sarà il giorno del funerale di Nahel e si temono scene di guerriglia generalizzata in tutto il Paese, come accaduto durante la presidenza Macron in occasione delle manifestazioni dei Gilet Gialli prima e contro la riforma delle pensioni poche settimane fa.
Ecco perché Macron è terrorizzato: sono anni che in Francia la rabbia sociale si sfoga nelle piazze!
Chi vuole bollare come una ribellione razziale quello che sta succedendo in Francia è un sostenitore del governo (davvero pochissimi in Francia, molti di più tra le cancellerie europee…), che tenta di soffocare quella che sembra essere ormai una nuova rivoluzione francese, iniziata – non solo dai Gilet Gialli – ma già nel 2014 dal movimento contro il matrimonio tra omosessuale “Manif pour tous”.
Decine di migliaia di persone erano scese in strada in difesa della famiglia tradizionale e all’attacco contro la legalizzazione delle nozze gay e l’ulteriore allargamento delle maglie della legge sull’aborto voluta allora dal presidente François Hollande, che veniva accusato di essere “famigliofobo”.
Secondo la polizia in oltre 600.000 manifestarono a Parigi, in oltre 50.000 avevano marciato a Lione.
Furono giorni e settimane di scontri, feriti e arresti, con l’allora presidente francese costretto dalla rabbia popolare a ritirare le leggi.
Subito dopo sono arrivati i Gilet Gialli e poi i dissidenti contro la narrazione criminale e terrorista del Covid e la tirannia sanitaria.
In Francia, come in tutte le altre nazioni, i resistenti hanno innalzato il Tricolore.
La bandiera nazionale contro l’Unione europea, per una stagione di rivolta popolare che dura da quasi un decennio.
Opposizione che ha visto il popolo francese unirsi come non mai.
Le provocazioni del “vecchio mondo” sono servite a poco: i volontari della Le Pen al fianco della Polizia, così come il tentativo da parte delle sinistre radicali di strumentalizzare le piazze, non hanno avuto buon esito.
Gli uni e gli altri sono stati cacciati dalle rivolte.
Ancora vediamo qualche eccezione, con patrioti che si scontrano contro antifa…
I primi (a dire il vero sempre coraggiosissimi, antropologicamente guerrieri e sempre belli a vedersi) non comprendono che il nemico è il regime euro-francese, che ormai è rivolta popolare e non razziale, che è giunto il momento per dare la spallata alla tirannia occidentale di Macron; i secondi, come sempre tentano di avvelenare e rompere l’unità per spostare il focus della rabbia e della ribellione.
Entrambi vittime del “dividi ed impera” tanto caro al sistema.
È populismo tutto questo?
E allora viva il populismo!
Se il populismo è il popolo contro tutti il sistema, sia di destra (filo Polizia e repressione), sia di sinistra (filo Bruxelles, serva della Nato e dell’Oms), lunga vita al populismo!
Ancora una volta ci emozionano alla vista delle barricate e sogniamo un popolo unito verso la vittoria.
Perché è la lotta di popolo il vero motore della storia…