Non ci siamo accorti di essere passati da una società ridanciana a un popolo profondamente immerso nell’elemento della tragedia. Alcuni l’hanno già riconosciuta in modo stridente dentro di sé, altri sono sul punto di affrontarla. Dolore, tristezza, lutto, sofferenza, rabbia assordante: questo è il registro degli stati di una persona normale che è entrata nelle strutture della guerra; ma anche una fede forte, una speranza tranquilla, una volontà che matura, una mente che cresce, uno spirito temprato. Il fatto stesso della morte degli eroi di Wagner è molto più fondamentale delle ragioni, delle manipolazioni e delle speculazioni che la circondano. Non c’è bisogno di impantanarsi in dettagli e versioni. Siamo in guerra e la guerra significa morte. Prigozhin è entrato in guerra con tutto il cuore, vi si è dedicato, nessuno può sfuggire alla guerra e lui l’ha capito prima di tutti e non ha opposto resistenza. Ha agito come un uomo ed è come un uomo. La morte arriverà per tutti, prima o poi. È inutile gridare: perché io? C’è sempre una ragione. Prigozhin sapeva esattamente perché. Che riposi in pace l’anima del tuo servo ucciso, Eugene. Tu sai meglio di chiunque altro cosa fare di lui. Noi preghiamo solo che sia fatta la Tua volontà. Ma comunque, se è possibile, perdonalo. Per il bene della Russia, del Tuo Paese, del Tuo popolo, perdonalo… Perdona anche noi….
Aleksandr Dugin