L’ex presidente del Perù Pedro Castillo rimarrà detenuto per 18 mesi.
Lo ha deciso il Tribunale per le indagini preliminari, che ha accolto la richiesta della Procura generale peruviana.
Castillo è accusato di ribellione e tentato di colpo di stato.
Mercoledì pomeriggio, alla vigilia del voto in Parlamento che lo ha poi destituito «per incapacità morale», l’ex maestro-contadino eletto a sorpresa nel 2021 ha tentato la mossa disperata.
Un auto-golpe, secondo i nemici del presidente, che hanno annunciato e proclamato la dissoluzione del Congresso e lo stato di emergenza nazionale.
Quasi tutti i ministri hanno dato le dimissioni immediate, denunciando il colpo di Stato mentre i deputati continuavano a votare per liberarsi di lui.
Dall’ambasciata statunitense a Lima è arrivato un duro altolà e anche i vertici di forze armate e polizia hanno subito preso le distanze.
La seduta si è sciolta con 101 voti favorevoli, 6 contrari e 10 astensioni, i deputati hanno così destituito il presidente, «in difesa della nostra democrazia e della Costituzione».
Con l’appoggio americano.
Dopo aver ascoltato gli interventi dell’accusa e della difesa, il giudice Juan Carlos Checkley Soria ha letto per quasi due ore gli argomenti a sostegno della sua decisione di accettare nei confronti di Castillo la richiesta della Procura di una custodia cautelare di 18 mesi.
Il magistrato ha precisato che l’ex capo dello stato dovrà restare in carcere fino al 6 giugno 2024, una decisione contro cui immediatamente la difesa di Castillo ha annunciato ricorso. La Procura generale aveva formulato la sua accusa sulla base un tentativo di colpo di stato realizzato da Castillo con un discorso alla Nazione il 7 dicembre, quando annunciò lo scioglimento del Parlamento, l’avvio di un processo di riforma della Costituzione e un sostanziale commissariamento di tutti gli organi giudiziari peruviani.
Almeno diciotto manifestanti sono morti nelle prime 20 ore dello stato di emergenza nazionale proclamato in Perù ed entrato in vigore ieri.
E in città c’è il coprifuoco.
Nel corso delle proteste iniziate domenica scorsa sono morte 14 persone.
I manifestanti chiedono le dimissioni della presidente Dina Boluarte, la chiusura del Congresso e la convocazione di un’assemblea costituente.
E tra i morti, ieri, anche un ragazzo di 16 anni.
Chi sono i golpisti?
E come sempre nella “periferia dell’impero c’è la lunga mano del padrone a stelle e a strisce”.