No, non è perché sono nutrienti.
Credo sia capitato anche a voi, come a me, di domandarvi per quale ragione e su quali presupposti l’Unione Europea insista con tanta enfasi sulla necessità di mangiare insetti e larve. Di più, presenti questi nuovi piatti postmoderni come se fossero nutrienti e sfiziosi, una imperdibile occasione per provare nuovi gusti destinati presto tardi a entrare nel nostro menù quotidiano. La tesi che vi propongo, a mo’ di ipotesi di lavoro, è la seguente.
La Ue insiste senza tregua affinché i popoli d’Europa aderiscano senza riserve al nuovo piatto unico gastronomicamente corretto: larve, vermi e insetti, il pranzo globalista è servito! Le ragioni di questa insistenza paiono di due tipi. In primo luogo, sarà questo il nuovo menù low cost – spacciato per altamente nutriente – per le masse sempre più povere dell’Europa in balia della miseria prodotta in abbondanza dal regime neoliberale. In secondo luogo, il gastronomicamente corretto è una delle molteplici figure della distruzione delle identità, ossia di uno dei capisaldi della globalizzazione: quest’ultima tende a produrre l’uomo senza identità, svuotato di ogni contenuto e dunque pronto ad assumere tutti quelli che vorrà imporgli l’ordine della produzione senza frontiere. Nel nostro consumare cibi non vi è solo l’atto materiale del mangiare: vi è anche una ricca stratificazione di identità, di culture e di tradizioni.
Ed è anche questo che l’ordine disidentificante del globalismo vuole annichilire. Insomma, le ragioni socio economiche si intrecciano con quelle identitarie e culturali, sotto il segno unitario della nuova ragione liberista di ordine cosmopolita.
Per un verso, il nuovo menù gastronomicamente corretto andrà a soddisfare i palati delle classi più deboli, quelle che non potranno mangiare altro se non larve e insetti. Per un altro verso, in maniera sinergica, questo nuovo menù che presto sarà politicamente scorretto definire disgustoso produce la distruzione delle identità culinarie nelle quali si cristallizza in modo non secondario la cultura e la civiltà dei popoli, la loro identità storica.
Perché è vero, come scriveva Feuerbach, che l’uomo è ciò che mangia: ma questo vale sia sul piano materiale, sia sul piano identitario e culturale, nel senso che nel cibo che mangiamo è condensata la nostra civiltà, la nostra storia, la nostra identità.