L'Italia Mensile

Il Conflitto Si Allarga Anche In Libano

Ci sarà la guerra fra Israele e Libano?

Redazione di Katehon

Negli ultimi giorni, l’escalation tra Israele e Libano ha portato a una nuova serie di bombardamenti reciproci dei territori. La sera del 23 giugno, Israele ha attaccato il Libano meridionale con bombe al fosforo. In risposta, dal Libano è partita una salva sulla città di Metulla, nel nord di Israele. Decine di persone sono rimaste ferite, ma le conseguenze esatte non sono note, poiché Israele non divulga queste informazioni.
Il giorno prima, l’esercito israeliano aveva dichiarato di essere pronto a un’operazione su larga scala contro gli Hezbollah libanesi, segnale che il conflitto militare si stava allargando. I leader di Hezbollah hanno a loro volta messo in guardia Israele da eventuali ritorsioni.
Mercoledì scorso, il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah ha pubblicato un video in cui minacciava di distruggere con razzi le principali infrastrutture israeliane in caso di attacco al Libano. Sono stati mostrati anche filmati ripresi da un drone sopra la città israeliana di Haifa, dove sono segnalate infrastrutture critiche. È stato anche detto che se Cipro dovesse assistere Israele in qualche modo, i razzi di Hezbollah arriverebbero anche lì. Cipro ospita basi britanniche la cui leadership non risponde alla Repubblica di Cipro, rendendo la situazione piuttosto delicata. Josep Borrell del Ministero degli Esteri dell’UE ha lanciato minacce contro Hezbollah. Mentre la Francia ha annunciato accordi con le autorità libanesi per contribuire a migliorare la situazione al confine tra Libano e Israele. Poiché il Libano meridionale è controllato da Hezbollah, che dispone di risorse migliori rispetto all’esercito ufficiale libanese, le dichiarazioni di Parigi sembrano dubbie.
La pubblicazione israeliana Haaretz scrive che “una serie di fughe di notizie e di dichiarazioni negli ultimi giorni riflettono una costante escalation sul fronte israelo-libanese. In larga misura, le minacce reciproche mirano a dissuadere la controparte dal lanciare una guerra su larga scala, ma non è certo che raggiungano il loro obiettivo. Ciò che si ottiene è un aumento delle azioni e degli avvertimenti che potrebbero sfociare in una grave escalation”.

Assistendo all’escalation della situazione, alcuni Paesi, in particolare Canada e Macedonia, hanno invitato i loro cittadini a lasciare urgentemente il Libano. Allo stesso tempo, i media occidentali hanno riferito che Hezbollah stava immagazzinando missili ricevuti dall’Iran all’aeroporto di Beirut. Il giornale londinese Sunday Telegraph ha riferito di un aumento significativo della fornitura di missili iraniani a Hezbollah attraverso l’aeroporto internazionale Rafiq al-Hariri di Beirut. Ciò ha irritato le autorità libanesi, che hanno definito tali informazioni come disinformazione completa e hanno chiamato in causa i media occidentali.

È ovvio che Israele da solo non può effettuare un’invasione del Libano. In primo luogo, Israele ha già perso la guerra contro Hezbollah nel 2007 e ora le sue capacità sono molto migliori. In secondo luogo, una parte delle forze armate israeliane è bloccata nella Striscia di Gaza. In terzo luogo, un attacco al Libano significa inevitabilmente che l’intero Asse della Resistenza – dagli Houthi dello Yemen ai gruppi militari di Iraq e Siria, oltre all’Iran – si unirà agli attacchi contro Israele.
Per questo motivo, il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant è stato a Washington lo scorso fine settimana per discutere della fase finale dell’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza e delle crescenti preoccupazioni per i combattimenti con Hezbollah.
Nel frattempo, come si è notato negli Stati Uniti, “la situazione politica a Capitol Hill è sempre più pericolosa. Il primo ministro Benjamin Netanyahu dovrebbe parlare al Congresso degli Stati Uniti il 24 luglio e molti democratici si chiedono se sia il caso di partecipare. Dopo che Netanyahu ha pubblicato un video la scorsa settimana in cui rimproverava Washington per aver trattenuto gli aiuti militari – gli Stati Uniti hanno rifiutato solo una spedizione, fornendo 12 miliardi di dollari di aiuti dal 7 ottobre – alcuni temono che il continuo atteggiamento negativo di Netanyahu nei confronti del sostegno statunitense a Israele possa complicare la campagna di rielezione di Biden”.

A quanto pare, gli Stati Uniti non hanno intenzione di essere coinvolti in ulteriori conflitti nella regione. Charles K. Brown, capo dello Stato Maggiore, ha avvertito lunedì 24 giugno che gli Stati Uniti potrebbero non essere in grado di aiutare a proteggere Israele da una guerra su larga scala con Hezbollah nello stesso modo in cui sono intervenuti durante l’attacco iraniano con droni e missili in aprile. Ha anche affermato che l’Iran “sarebbe più incline a sostenere Hezbollah”. Mentre la Repubblica islamica dell’Iran sostiene anche Hamas, il generale Brown ha detto che Teheran sosterrebbe con più forza Hezbollah, “specialmente se sentisse che Hezbollah è in serio pericolo”.
Anche negli Stati Uniti la fiducia nelle autorità israeliane è diminuita in modo significativo. Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato l’altro giorno di essere pronto a un “accordo parziale” con Hamas che gli consentirebbe di continuare la guerra a Gaza dopo aver rilasciato alcuni prigionieri.

“Un accordo che ponga fine alla guerra per sempre non è possibile a meno che Hamas non venga ‘liquidato'”, ha dichiarato in un’intervista a Channel 14 domenica 23 giugno. “Non sono disposto a porre fine alla guerra lasciando Hamas al suo posto. Sono pronto a fare un accordo parziale che ci restituisca parte della popolazione”, ha detto il primo ministro nell’intervista televisiva.
I commenti di Netanyahu sembrano contraddire le dichiarazioni di diversi alti funzionari statunitensi.

Questi ultimi hanno affermato per settimane che Israele ha accettato un piano presentato dal presidente Joe Biden a maggio che porta a un cessate il fuoco permanente.
Inoltre, i partner arabi degli Stati Uniti sono riluttanti ad aiutare Washington in qualsiasi modo, tanto meno Israele. Come sottolinea Feras Abu Helal, “la politica statunitense di lunga data non ha garantito la stabilità in Medio Oriente né ha realizzato gli interessi americani. I tentativi degli Stati Uniti di convincere alcuni Stati arabi a inviare forze di pace a Gaza falliranno e serviranno solo ad alimentare il conflitto tra i popoli arabi e i loro governi. Inoltre, le fazioni palestinesi non permetteranno alcuna presenza militare straniera a Gaza senza il consenso del popolo palestinese. Gruppi armati come Hamas e la Jihad islamica hanno avvertito che considereranno qualsiasi presenza militare a Gaza come una forza di occupazione”.
Dato che ora Natanyahu ha effettivamente poteri dittatoriali, nonostante le garanzie di sostegno, potrebbe ancora decidere di condurre un’operazione all’interno del Libano.

Il suo intento potrebbe essere quello di far sì che gli Stati Uniti riconsiderino la loro posizione a conflitto già iniziato e vengano in aiuto di Israele. In ogni caso, un attacco di rappresaglia sarà lanciato contro Israele praticamente da tutte le direzioni: Libano, Siria, Iraq e Yemen. Ciò aumenterebbe le tensioni politiche all’interno di Israele e amplierebbe la catastrofe umanitaria. Anche con la probabilità di un intervento occidentale in aiuto di Israele, le vittime saranno molto elevate. Indirettamente, ciò influirà anche sul processo elettorale degli Stati Uniti, dove i sostenitori filo-palestinesi e filo-israeliani incolperanno la Casa Bianca per il fallimento della sua politica mediorientale.
 
Traduzione a cura della Redazione
(https://t.me/ideeazione)

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