Il caso Salvatore Proietto. Era detenuto e non poté abbracciare per l’ultima volta madre e moglie. Avv. Trisciuoglio: Violati i diritti umani. Adiremo la Corte Internazionale dei Diritti dell’Uomo.
di Nicola Trisciuoglio
Condannato a soli due anni, gli negarono visite e funerali.
Salvatore Proietto era stato condannato per il possesso di 72 grammi di marijuana.
Aveva richiesto un permesso di uscita per recarsi a vedere la madre morente.
Attese invano e in cella l’arrivo della scorta, ma ottenne l’uscita solo il 7 luglio 2018, quando oramai la madre era stata già stata tumulata.
Successivamente trasferito ai domiciliari, Salvatore Proietto sconta il resto della sua pena assieme alla compagna, e nel frattempo vede respinte le richieste di affidamento in prova e di permesso lavorativo.
Ad aprile 2019 la compagna di Salvatore viene ricoverata d’urgenza per problemi cardiaci, quindi in terapia intensiva al presentarsi di una serie di complicazioni, tra cui un’embolia polmonare. Salvatore presenta istanza di permesso di necessità, ai sensi dell’art. 30 O.P., al Magistrato di Sorveglianza, che non risponde nemmeno alle successive istanze.
La compagna di Proietto, dopo 22 giorni in ospedale, muore senza che Salvatore riesca ad ottenere il permesso di vederla un’ultima volta. Il giudice risponderà solo una settimana dopo la sua sepoltura all’istanza di permesso.
È un caso quello di Salvatore Proietto che sebbene a distanza di tempo non è possibile chiudere così nell’oblio senza risposte a ciò che determinò la Magistratura di Sorveglianza ad un simile comportamento, senza una Giustizia anche formale che riconosca la violazione dei diritti fondamentali di un uomo che null’altro desiderava se non abbracciare ancora una volta la madre e la sua compagna.
Sarà, pertanto, perseguita ogni responsabilità che ha cagionato a Salvatore Proietto un danno morale e psicologico giammai riparabile data l’ineluttabilità degli eventi luttuosi che lo hanno investito. Porteremo il caso dinanzi la Corte Internazionale dei Diritti dell’Uomo.