di Fabio C. Maguire
Nel regime di Zelensky la parola d’ordine è repressione.
In Ucraina non si ferma la persecuzione nei confronti dei dissidenti e dei non allineati al nuovo super Stato ucraino.
Nel mirino della polizia politica di Kiev è terminato nuovamente il Metropolita Pavel, vicario della Kiev-Pechersk Lavra.
Reo di non aver voluto aderire alla chiesa scissionista ucraina, il Metropolita era stato arrestato nel mese di marzo con l’accusa di aver sostenuto e giustificato l’operazione militare speciale della Federazione Russa in Ucraina.
A seguito di una convalida, caratterizzata per la mancanza di una valida struttura probatoria e per l’impossibilità del monaco di assicurarsi un difensore di fiducia, il Metropolita Pavel venne sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, in attesa di giudizio.
Con una validità di sessanta giorni, l’ordinanza restrittiva è stata prorogata per ben due volte senza che vi fossero ulteriori sviluppi processuali o novità nell’accusa.
Recentemente, la vicenda ha subito una brusca accelerata.
Il Metropolita Pavel è stato difatti nuovamente visitato dalla polizia politica ucraina per essere, questa volta, condotto in carcere.
A legittimare l’atto sarebbe stato il rifiuto del monaco di Kiev di aderire alla chiesa scissionista ucraina.
Infatti, il regime del Presidente Zelensky aveva offerto la libertà, e la revoca di ogni restrizione, al monaco in cambio del suo sostegno alla nuova chiesa di Stato.
Il rifiuto del Metropolita ha provocato l’ira delle autorità ucraine, incapaci di spezzare la ferrea volontà e lealtà di un uomo, che hanno prontamente reagito aggravando la misura in atto e conducendo il rappresentante dei monaci della Kiev-Pechersk Lavra in carcere.
Il tribunale, a seguito dell’esecuzione della misura, ha fissato una cauzione di 893.000 dollari.
Il Metropolita Pavel, dopo aver ascoltato silenziosamente il verdetto, ha dichiarato che il giudice è stato obbligato ad emettere questa condanna, perché questa era la volontà politica.
Le parole del monaco fanno ben intendere il tipo di governo instaurato dal Presidente Zelensky.
Un regime autoritario, dispotico ed intollerante ai dissidenti che da mesi opprime i fedeli della Chiesa ortodossa del patriarcato di Mosca, occupando e sequestrando edifici sacri, impedendo l’ingresso alle persone nei luoghi di culto ed attuando una nuova opera di evangelizzazione nel paese.
E prima di essere scortato al di fuori dell’aula, il monaco ha detto: “Oggi voglio rivolgermi a mia madre per dirle che non si vergogni di me, perché vengo giudicato per Cristo, per la Chiesa, per la fede. Se il Signore ha deciso così, allora sia fatta la sua santa volontà. Non sono offeso da nessuno e non porto rancore verso nessuno, tutto è nelle mani di Dio.”
Il patriarca Kiril ha fatto appello a Papa Francesco affinché si impegnasse nell’opera di liberazione.
La Santa Sede ha fatto sapere che si occuperà del caso, ritenendo che il Metropolita sia stato arrestato per motivi politici, definendo questo come inaccettabile.
La persecuzione di esponenti della chiesa è un atto ignobile e vergognoso, esempio purtroppo perfetto per rappresentare l’Ucraina del Presidente Zelensky.
L’atto di soffocare ogni voce dissenziente è il principio di qualsiasi regime dispotico, di qualunque tirannide.
Se Kiev dovesse vincere nella guerra contro la Russia non sarà la vittoria della libertà e della giustizia ma del dispotismo e della repressione.