di Alessandro Cavallini
Tutti noi quando parliamo delle popolazioni originarie del Nordamerica, cioè quelle che vivevano in quel continente prima dell’arrivo dei colonizzatori europei, siamo soliti parlare di indiani d’America.
Come ben sappiamo, tale termine è stato utilizzato per la prima volta da Cristoforo Colombo, il quale, pensando di essere giunto appunto sulle coste indiane, diede quell’appellativo agli indigeni che incontrò una volta giunto in America.
Che si trattasse di un nuovo continente, fino ad allora sconosciuto, fu poi velocemente chiarito ma, nonostante questo, si continuò ad usare quell’epiteto.
In realtà alcuni li definiscono, più correttamente, “nativi d’America” ma sono talmente pochi che spesso questo termine non è nemmeno conosciuto.
E qui purtroppo si commette il primo genocidio culturale nei confronti di quel popolo.
Gli si toglie la loro prima identità, quella forse più importante, quella dettata dal loro nome.
Definirli indiani è la prima forma di disprezzo nei loro confronti.
Purtroppo però nella lunga storia della colonizzazione del Nord America, l’utilizzo improprio del termine indiani è in realtà l’azione meno cruenta che hanno dovuto subire quelle popolazioni.
Parliamo banalmente di numeri: tra il 1600 e il 1890 l’ottanta per cento della popolazione dei nativi d’America è stata sterminata, si calcola che circa un milione di persone siano state uccise.
Per non parlare dei numerosi maltrattamenti ricevuti, delle malattie tra loro diffuse (famoso il caso del vaiolo trasmesso tramite coperte infette), dell’induzione all’abuso dell’alcool e, pratica nefasta tutt’oggi ancora esistente, della loro chiusura in apposite riserve per tenerli distinti e distanti dal resto della popolazione.
Altro che l’apartheid di sudafricana memoria!
Ma come mai tutto questo odio nei loro confronti?
Al di là delle solite cause economiche e della smania di impossessarsi dei loro territori, vi era di fondo un forte disprezzo culturale. I nativi erano considerati dei barbari e la loro forte identità spirituale era incomprensibile per chi aveva deciso di trasferirsi nel Nuovo Continente unicamente alla ricerca di ricchezza.
Ecco perché il loro destino non poteva che essere uno solo: lo sterminio e la cancellazione della loro presenza dalle terre che abitavano serenamente da sempre.
Tutto questo non vi ricorda qualcosa?
A noi sì. Ovviamente stiamo parlando del popolo palestinese, da più di settant’anni sotto assedio dei sionisti.
Anche questi ultimi si sentono superiori agli abitanti originari della Palestina e verso di loro adottano politiche sterminazionistiche e di apartheid.
Lo stiamo ben vedendo nell’attuale conflitto in corso: da quattro mesi Israele sta mettendo a ferro e fuoco Gaza, incurante delle vittime civili causate dalla sua violenza, con l’unico obiettivo di cancellare i palestinesi.
Ufficialmente dicono di voler colpire Hamas ma, nei fatti, stanno effettuando un vero e proprio genocidio. E il tutto con il silenzio complice della comunità internazionale.
Ecco perché riteniamo che i nativi d’America ed i palestinesi possano essere considerati “popoli fratelli”: entrambi sono vittime di genocidi attuati con crudeltà ma ignorati dai più.
I nativi purtroppo sono già di fatto scomparsi ma i palestinesi, se nessuno continuerà a non opporsi allo sterminio messo in atto da Israele, sono destinati anch’essi a sparire.
Non vorremmo dover assistere inermi ed impotenti a questo secondo genocidio dimenticato da tutti.