Marwa Osman, 25 Settembre 2022.
La sfortunata morte di Mahsa Amini, una donna iraniana di 22 anni, avvenuta mentre era in stato di fermo a Teheran è stata la scintilla di violente proteste dentro e fuori il Paese al punto che l’accaduto, le cui cause sono ancora in corso di accertamento, ha catturato l’attenzione delle persone e dei media di tutto il mondo.
Amini, che proveniva dalla città di Saqqez, nella provincia iraniana del Kurdistan occidentale, era a Teheran per incontrare i suoi parenti quando è stata fermata e condotta al quartier generale della polizia per la sicurezza morale a causa della violazione del regolamento di abbigliamento islamico.
Il video delle telecamere di sorveglianza mostra come Mahsa sia svenuta all’interno dell’ufficio di polizia senza alcun contatto fisico con altri. E’ stata subito trasportata all’ospedale di Teheran, dove poi è stata dichiarata morta.
La sua tragica morte ha addolorato profondamente il Paese. Sui social media sono apparsi tweet con l’hashtag #MahsaAmini che presto è diventato un trend globale. Per protestare contro questa morte oscura si sono svolte manifestazioni a Teheran e in alcune delle maggiori città iraniane.
Immediatamente le massime autorità iraniane, compreso il presidente Ebrahim Raisi, hanno ordinato di indagare su questo incidente e hanno assicurato ai manifestati la ricerca della verità sull’incidente.
Comunque questo non è stato sufficiente a calmare alcuni dei cosiddetti “manifestanti” che hanno subito alzato la posta. Poco dopo, come abbiamo visto, le proteste si sono trasformate in rivolte mortali, con manifestazioni senza regole che sono sfociate nella violenza in diverse città.
Queste persone hanno attaccato proprietà pubbliche, ambulanze, vandalizzato banche e moschee. Hanno dato fuoco alle bandiere della Repubblica Islamica e accoltellato a morte alcuni poliziotti che pattugliavano le strade.
Nel momento di conclusione di questo articolo il conto dei morti in tutto il paese è salito a 41. I regimi e i media occidentali continuano a fomentare questi teppisti.
Azizullah Maleki, il capo della polizia della provincia di Gilan, nell’Iran settentrionale, ha dichiarato che più di 739 rivoltosi sono stati arrestati in diverse parti della provincia.
L’agenzia IRNA, agenzia di notizie statale dell’Iran, citando il capo della polizia ha detto che una grande quantità di armi, munizioni ed esplosivi è stata trovata in possesso dei rivoltosi durante gli arresti, indizi di una cospirazione foraggiata dall’estero.
Se, come dichiara l’Occidente, questi rivoltosi sono manifestanti pacifici che chiedono giustizia e responsabilità, perché dovrebbero danneggiare altri civili, tagliare la gola agli agenti di polizia, vandalizzare proprietà pubbliche o portare armi, munizioni ed esplosivi?
Prendiamo a confronto gli eventi che sono accaduti il 6 gennaio 2021 a Washington. Paragonando la risposta statunitense ai manifestanti disarmati sul suolo del parlamento quel giorno, le forze iraniane hanno esercitato la massima moderazione nel trattare i rivoltosi, i quali invece hanno accoltellato gli agenti trascinandoli per le strade. E le prove video di questi crimini sono evidenti online.
Proprio un paio di giorni fa uno dei manifestanti che ha fatto irruzione nel parlamento americano è stato condannato a quattro anni di prigione. Quest’uomo non stava portando armi d’assalto, non ha tagliato la gola ad agenti di polizia. Ma i media occidentali invece pretendono che le autorità iraniane lascino scatenare i rivoltosi.
Inoltre, oltre alle narrazioni e alle voci contraddittorie che circolano su internet a proposito di quello che alcuni attivisti definiscono una “questione politicamente appetitosa”, una serie di condanne globali ha iniziato a investire la Repubblica Islamica dell’Iran.
La Casa Bianca ha definito la morte di Amini come una “flagrante e chiara violazione dei diritti umani” nonostante le prove video mostrino la ragazza collassare da sola all’interno della stazione di polizia, senza nessuna violenza.
Il direttore generale del dipartimento di medicina forense di Teheran, il Dr. Mehdi Forozche, ha dichiarato nel suo rapporto che non ci sono segni di violenza o ferite, cosi come non sono state riscontrate emorragie o contusioni dei suoi organi interni che possano essere riconducibili alla sua morte.
Ancora una volta potete vedere la Casa Bianca giocare la “carta dei diritti umani” e ergersi su un piano morale superiore, quando il governo statunitense spende più di 1.5 miliardi per risarcire dagli abusi della polizia che coinvolgono migliaia di agenti accusati di violazioni.
Inoltre ogni anno si assiste al costante aumento delle sparatorie con esiti mortali in cui sono coinvolti gli agenti di polizia statunitensi: all’8 settembre 2022 sono stati uccisi 730 civili, di cui 71 neri, mentre nel 2021 ci furono 1.055 uccisioni da parte della polizia e nel 2020 circa 1.020.
Davvero ci sorprendiamo dell’opportunismo del regime statunitense e del suo uso della retorica sui diritti umani per fomentare un “cambio di regime” o una rivoluzione colorata in Paesi come la Repubblica Islamica dell’Iran, i quali hanno rifiutato di sottomettersi alle politiche economiche statunitensi e alla sua belligeranza militare?
Ci sorprendiamo come i media supportati dall’Occidente e i social media siano inondati di articoli, blog e podcast che cercano di indirizzare l’opinione pubblica contro l’Iran, con chiare incitazioni alla mobilitazione e alla discussione sulle libertà pubbliche e personali a Teheran? La risposta è semplice: no.
In maniera assolutamente irrispettosa riguardo alle indagini sulla tragica morte di Amini, che sono ancora in corso, i media supportati dall’Occidente e da alcuni Stati arabi continuano a focalizzarsi solo sull’incidente, distorcendo i fatti per assecondare i loro sinistri fini, mentre non dicono assolutamente nulla riguardo delle prove che si stanno raccogliendo nelle indagini.
Continuano ad incitare alla ribellione contro la polizia e il governo iraniano, mentre immaginano che il sangue innocente versato nelle strade dell’Iran condurrà alla fine della Rivoluzione Islamica e riporterà un regime filo-occidentale nel Paese. Questo è quello che desiderano.
I media occidentali continuano a ritrarre le proteste in Iran come un segno inequivocabile di cambiamento nel Paese, suggerendo che i rivoltosi costituiscano la maggioranza della popolazione.
Coloro che bruciano le bandiere iraniane, vandalizzano proprietà pubbliche, attaccano ambulanze e alzano slogan per un “cambio di regime” sono una manciata di teppisti che lavorano per le agenzie occidentali.
La maggioranza è composta dalle persone che venerdì sono scese orgogliosamente in strada a Teheran e nelle altre grandi città dell’Iran per riaffermare i loro sacri valori e gli ideali della Rivoluzione Islamica e dei martiri che diedero la propria vita per tenere viva la rivoluzione. Il loro sangue rappresenta la linea rossa.
di Giorgio Bianchi