Al principio dell’operazione speciale russa in territorio ucraino ci furono numerosi incontri diplomatici fra i due Paesi, tenuti in Bielorussia, con l’intento di giungere ad una pace e ad un accordo che permettesse di non provocare ulteriori escalation militari.
di Fabio C. Maguire
Le trattative videro la partecipazione delle delegazioni di Mosca e Kiev, con la palese volontà bilaterale di risolvere celermente la questione e di bloccare la spirale bellica.
L’incipit del conflitto mostrò una partecipazione collettiva e una condotta collaborativa da entrambi gli schieramenti che intravedevano nell’azione diplomatica la risoluzione della questione.
La situazione prese una piega che, molto probabilmente, non fu tanto apprezzata e gradita dai signori oltre oceano e dai loro vassalli europei, che vedevano nel movimento guerresco presente la possibilità di destabilizzare e colpire indirettamente la Russia, principale rivale del Pentagono, assicurandosi il sostegno internazionale ed unanime dell’opinione pubblica.
In missione speciale, per conto di Washington, partì l’ex primo ministro inglese Boris Johnson che spiegò chiaramente, al presidente ucraino Zelensky la volontà atlantista di interrompere immediatamente tutte le comunicazioni con Mosca e di perseguire la strada conflittuale; esplicite e dirette minacce di destituzione del vigente governo di Kiev conclusero la conversazione.
Le intimidazioni in altri casi lasciarono spazio all’imperscrutabile e insondabile iniziativa armata e il prezzo maggiore venne pagato dal banchiere Denis Kireev, assassinato a Kiev nel marzo dello scorso anno.
Kireev fu considerato un filo-russo e un infiltrato del Cremlino e venne giustiziato dagli uomini del controspionaggio (SBU).
La sua figura era ben diversa da quella presentata e raccontata dalle intelligence americane e ucraine, poiché attivamente e personalmente impegnato nella soluzione pacifica della controversia e con importanti agganci oltre il confine per poter concludere le discussioni repentinamente.
L’atto omicida poteva essere giustificato solo per mezzo di un tradimento e cosi Kireev venne etichettato e bollato come collaboratore e una spia russa.
I vari pennivendoli e il circo mediatico occidentale, assoldati e al servizio del imperialismo globalista, non rammentano come il tempestivo intervento dell’ex banchiere ucraino assassinato permise di salvare Kiev ed evitare una sua caduta per mezzo di un attacco imminente e devastante di Mosca, ma si limitano a screditare e a diffamare il nome di una persona che ha con vigore e audacia operato per la pace, donando alla causa la sua stessa vita.
Il caos è l’arma primaria e preminente adottata dalla Casa Bianca per mantenere salda la sue egemonia mondiale e per bloccare e stanare le istanze sovraniste e indipendentiste dei popoli in lotta contro il capitalismo.
La storia si ripete e reiterata è anche la politica americana del disordine e dell’instabilità, volta a distruggere ogni potere nazionale e a rafforzare l’atlantismo.
L’indebolimento e la destrutturazione degli Stati consente all’impero a stelle e strisce di acquisire una posizione di predominio e supremazia e di incedere con la globale campagna colonialista.
In conclusione appare evidente l’errore di calcolo dei grandi maestri della politica e della finanza, sorpresi e frustrati
dal fatto che l’economia e la politica russa non sia crollata e che molteplici paesi nel mondo si uniscono nella lotta contro il terrore e l’ipocrisia americana.
Altresì sorprendente è come si siano plasmati i comportamenti dei leader e dei grandi filantropi della finanza occidentale che agli albori dell’offensiva fomentavano il disprezzo e lo scontro fra popoli ed ora appaiono impauriti ed angosciati all’eventualità che il conflitto possa trasmodare i confini ucraini.
L’annientamento della dottrina globalista, dell’imperialismo capitalista americano e di una visione del mondo atlantico-centrica si genera dalla sinergia e cooperazione su scala planetaria degli oppressi e dei popoli sfruttati; dall’unione di comunità nazionali stanche del regime di Washington e volenterose di edificare un mondo multipolare.