Il leader sovranista contro tecnocrazia, guerra e Nato.
Per la Pace ed un nuovo manifesto per le forze di liberazione.
da www.lespresso.it
In anteprima il documento con cui l’ex sindaco di Roma accusa il centrodestra di essersi piegato alle «elite tecnocratiche» sulla guerra in Ucraina.
Un manifesto per “Fermare la guerra”, con centinaia di firme (ex aennini, storici, comandanti della Folgore) che servirà da «nuovo inizio»
Meloni go home, Giorgia addio. In crescente disagio con Fratelli d’Italia, in avvicinamento a Italexit di Gianluigi Paragone (è stato a un passo dalla candidatura), Gianni Alemanno, ex ministro ed ex sindaco di Roma, rompe ufficialmente con il partito erede della fiamma, dopo aver provato a rappresentarne la minoranza interna.
È tutto pronto per lunedì 5 settembre, al Centro congressi Cavour di Roma, con la presentazione del manifesto “Fermare la guerra, salvare l’Italia”: fulcro è la bocciatura della linea filo americana e filo draghiana presa dai Fratelli d’Italia con l’inizio della guerra in Ucraina, il punto di partenza per una critica a tutto campo all’impostazione del centrodestra meloniano, considerato poco innovatore e trattato alla stregua di una elite pronta a continuare l’opera dell’attuale esecutivo: «La prospettiva rischia di essere quella di un governo di centrodestra che prende il cerino acceso dalle mani di Draghi, per andare a sbattere in pochi mesi nelle sue contraddizioni», è la sintesi finale che motiva a «un nuovo impegno politico».
Un documento di dodici pagine (più tre di firmatari) sottoscritto da un “Comitato Fermiamo la guerra”, intarsiato di implicite critiche su tutto alle posizioni della capa di Fdi, chiamata più genericamente «centrodestra» (esempio: «Il centrodestra sembra aver smarrito per strada ogni discorso critico sull’euro (…) tutta la protesta contro le istituzioni europee si riduce a qualche marginale critica sul “dirigismo europeo che vuole misurare il diametro delle zucchine”»).
Un documento in cui si dichiara subito che «non possiamo ritrovarci nel programma e nelle posizioni politiche che oggi caratterizzano in modo marcato il centrodestra» e parla di «una frattura» precisa: «La guerra scoppiata con l’invasione russa in Ucraina rappresenta un punto di svolta che nessuno può ignorare». Eccolo il punto, quello che ha segnato una rottura con i Fratelli d’Italia: già nella tarda primavera Alemanno – che non ha incarichi formali nel partito, ma un ufficio a via della Scrofa, un posto come membro del cda della Fondazione An e un incarico come responsabile del Terzo settore dell’Asi, ente di promozione sportiva da sempre vicino alla destra missina – aveva espresso in più occasioni la sua posizione, via via più divergente da quella di via della Scrofa. I vertici di Fdi, in effetti, sono impegnati almeno da febbraio ventre a terra a rassicurare le cancellerie occidentali circa la propria affidabilità come probabili prossimi interlocutori di governo e anzi, proprio per questo, nella formazione delle liste hanno posto particolare cura a tenere fuori chiunque potesse essere tacciabile di antiamericanismo. «Epurano chi non è allineato», raccontano addirittura. Più attenti a questo che ai vari nostalgismi di sapore fascista, a quanto pare.
A Giorgia Meloni, raccontano, Alemanno avrebbe proposto in questi mesi di fare da capofila di quanti, dentro a Fdi, non si riconoscono nell’iperatlantismo della leader. Per quanto adesso i Fratelli s’affannino a rivendicare una assoluta coerenza di linea dall’Msi a oggi, non è un segreto per nessuno infatti che la dialettica in passato fosse assai più vivace, e le posizioni parecchio meno appiattite verso gli Usa, specie nel Fronte della Gioventù che proprio Alemanno guidò. L’ex sindaco di Roma – rinnovando una antica tradizione missina per dividersi linee politiche e posti – voleva portare adesso questa voce in Fdi diventandone minoranza interna. Opzione che Meloni ha decisamente rifiutato.
Così quel percorso continuerà fuori da Fdi. Il perché lo spiega il manifesto, quando dice che la politica italiana «vive in modo sonnambolico» lo scivolare «verso una prospettiva da terza guerra mondiale», «la Nato continua ad allargarsi verso est», «l’occidente a guida americana continua a comportarsi come se fosse ancor l’unica superpotenza planetaria», e «l’Italia rischia in autunno di andare in default». «Che tutto questo sonnambulismo alberghi a sinistra non ci stupisce: sono almeno trent’anni che la sinistra italiana ha scelto di appiattirsi acriticamente sul “sogno europeo di Bruxelles” e sui progetti dei democratici americani da Clinton a Biden. Ma è sconcertante che lo stesso atteggiamento stia condizionando in modo determinante anche il centrodestra», che «sembra ammaliato da questa impostazione fuori dalla realtà e soprattutto contraria agli interessi del nostro popolo. Su questo come su altri temi decisivi sembra che non ci sia nessun reale cambiamento politico tra il governo Draghi e il futuro governo di centrodestra».
Meloni come Draghi, a parte «più durezza sull’immigrazione e più chiarezza su importanti temi etici e identitari». Questa è la premessa per invocare «neutralità attiva» sulla guerra, ma anche «revisione dei trattati europei», «uno stato interventista in economia», più chiarezza sulle misure anti covid «che non devono essere più l’alibi per colpire la libertà». Ecco i punti che saranno «la base del confronto» con Italiexit, aveva accennato Alemanno qualche giorno fa sulla Verità al vicedirettore Francesco Borgonovo, che adesso figura tra i firmatari del documento.
E non è l’unica firma interessante. Ci sono ex parlamentari di alleanza nazionale come Francesco Biava, ex capo segreteria di Alemanno all’Agricoltura e dal 2014 Fdi, il campano Marcello Taglialatela, ex deputato di Fdi e candidato di bandiera a Napoli nel 2016, Marco Martinelli, già compagno di immersione di Gianfranco Fini e e coordinatore degli aennini nel periodo successivo al cosiddetto scandalo della caffettiera che aveva azzerato i poteri dei colonnelli. C’è Massimo Magliaro, ex vicedirettore del Tg1 e storico portavoce di Almirante. C’è il medievista Franco Cardini. C’è al secondo posto, subito dopo Alemanno il generale Marco Bertoncini, l’ex comandante della Folgore che – per dire – nei collegamenti televisivi lascia ancora campeggiare nella libreria accanto alla sua testa volumi come Bestie Uomini Dei di Ferdynand Ossendowski, uno dei libri all’origine della componente mistico-esoterica del nazismo. Un parterre quanto meno variegato, che rispecchia in poche pagine i molti che sono entrati in rotta di collisione con Meloni su questa vicenda.
Alemanno s’e’ svegliato?speriamo sia vero……..io me lo ricordo con lo “zucchetto” a celebrare il sionismo in israele…….