FATTI DEL 9 OTTOBRE… IL PRESUNTO ASSALTO ALLA C.G.I.L.
PRESENTATI I RICORSI IN CASSAZIONE PER URSINO… SAVAIA e TOIA… A SEGUITO DELLE SENTENZE IN ABBREVIATO…
IL NUOVO CONCETTO DI “ORDINE PUBBLICO” ELABORATO DALLA CORTE D’APPELLO CAPITOLINA…
UNA MOTIVAZIONE POLITICA PER CONDANNARE AD OGNI COSTO GLI IMPUTATI…
La sentenza della Corte di Appello di Roma di contro ad una analisi ermeneutica dei fatti di quel 9 ottobre 2021 elabora un concetto di “ordine pubblico” avulso da quello codicistico. Tanto all’unico fine di poter riuscire nell’intento politico e non certamente giuridico di condannare gli imputati.
Il ragionamento della Corte risulta una elucubrazione avulsa da ogni parametro accettabile in termini concretamente giuridici il che oltre ad essere una illogica interpretazione dei fatti risulta essere una illogica quanto falsa interpretazione del dettato normativo codicistico.
Di conseguenza la sentenza diventa carente di logica motivazione ovvero è contraddittoria nella motivazione lì dove, nell’ambito del reato di cui all’art. 419 c.p. non riesce ad individuare nemmeno genericamente condotte penalmente rilevanti compiute dagli imputati, ancorando la responsabilità di questi unicamente al dato meramente partecipativo alla manifestazione.
La chiave del problema del processo era nella verifica, da parte del giudice di merito e del primo grado e poi della Corte di Appello, circa la congruenza tra la portata del comportamento individuale e l’evento di lesione dell’ “ordine pubblico”: a tal fine, sarebbe stato necessario anzitutto che si focalizzasse con la necessaria chiarezza un contributo di ordine morale o materiale all’azione distruttiva, anche ed eventualmente per quella sola parte che, per la sua relazione con il fenomeno complessivo, potesse, comunque, considerarsi causa efficiente dell’evento giuridico. In secondo luogo si sarebbe dovuto provare la rilevanza del fatto materiale quale concausa dell’evento di devastazione.
Passando all’elemento soggettivo degli elementi strutturarli appena descritti si sarebbe dovuto dimostrare che nella rappresentazione e volizione dell’agente questi elementi fossero presenti, andando così a costituire l’oggetto del dolo di partecipazione.
Infatti solo così avrebbe avuto una logica la motivazione dimostrandosi, il che non è avvenuto, che l’agente, pertanto, non solo avrebbe dovuto volere la condotta distruttiva da lui stesso messa in atto, ma percepire, ciononostante agendo, che tale condotta si inseriva in un contesto che la rendesse concausa di un evento devastante.
Compito del giudice di merito era, pertanto, quello di verificare quali degli avvenimenti antecedenti o concomitanti alla condotta dell’agente avessero fatto sì che egli comprendesse e volesse la portata devastante – anche solo in termini concausali – del proprio comportamento.
Il che è stata indagine elusa dal Giudice di primo grado e dalla Corte di Appello.
Ma ritornando sulla contraddizione grave, anzi gravissima, in cui perverte la Corte di Appello essa è relativa, specificamente, al concetto di “ordine pubblico” inteso quale buon assetto e regolare andamento del vivere civile, tutelato dalla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 419 c.p.
È la stessa sentenza impugnata a porsi il problema dell’ “ordine pubblico” ed è proprio la Corte di Appello che, ponendosi il compito di una ricostruzione del concetto di “ordine pubblico”, sostanzialmente finisce con l’asserire ed affermare che, nel caso di specie, è sì da ritenersi pregiudicato l’ “ordine pubblico”, ma a condizione di discostarsi ed abdicando la logica di “ordine pubblico” così come intesa dal diritto penale sostanziale.
La premessa già evidenzia l’illogicità della motivazione e la contraddizione in essere con il principio di tassatività costituzionalmente garantito.
La Corte finirà, infatti, con l’affermare un nuovo concetto di “ordine pubblico” del tutto illogico e irrazionale giuridicamente che consente di affermare, a questa difesa, che senza la costruzione di questa nuova figura di “ordine pubblico” non vertiamo nell’ambito della norma di cui all’art. 419 c.p.
La Corte giunge all’iperbole di sostenere che, a dispetto di quanto riferito dalla difesa degli imputati in relazione alla nozione ristretta di “ordine pubblico”, nel caso di specie, occorre elaborare un nuovo concetto di “ordine pubblico”; ciò significa e non può revocarsi in dubbio qualora si legga attentamente la motivazione della sentenza che se questa difesa dovesse ragionare secondo la nozione classica di “ordine pubblico” intesa in senso stretto e secondo il diritto penale sostanziale, il caso di specie non rientrerebbe nella fattispecie di cui all’art. 419 c.p.
La Corte ritiene, dunque, che la nozione di “ordine pubblico” intesa dal codice penale Rocco sia più ampia e più profonda di quello che appare, tanto è vero che il concetto di “ordine pubblico”, così come l’art. 419 c.p., è un concetto astratto e trascende i limiti più rigorosi del diritto penale.
Nelle motivazioni dei giudici di secondo grado, si legge che se la nozione di “ordine pubblico”, più utile ai fini dell’interpretazione del 419 c.p. dovesse essere oggetto di applicazione per come è stata applicata da sempre nel nostro ordinamento – fin dal 1930 – “i fatti del 9 ottobre” non ci rientrerebbero e non sarebbero, perciò, lesivi dell’“ordine pubblico”.
L’asserzione di per sé si palesa illogica ed incongruente e nega essa stessa la sussistenza del reato in discussione.
È a pagina 10 della sentenza in discorso che la Corte di Appello di Roma elabora la nuova nozione di “ordine pubblico” il quale, secondo la stessa, deve farsi coincidere con l’ordine costituzionale poiché il concetto deve essere tratto dall’articolo 2 della Carta in base al quale “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti involabili dell’uomo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
Seguendo il ragionamento della Corte, dunque, si deduce che tra i diritti inviolabili e il principio di solidarietà dovrebbe ritrovarsi il concetto di “ordine pubblico” salvo poi a sostenere che quando si discute di “ordine pubblico” non si può collocare in questo ambito la logica dello stesso.
I giudici di secondo grado individuano e ricostruiscono il concetto di “ordine pubblico” per dire che solo questa è la logica per cui possiamo arrivare alla conclusione che i fatti del 9 ottobre 2021 hanno pregiudicato l’“ordine pubblico” e, dal punto di vista della sicurezza personale, la sentenza esclude espressamente, ancora una volta con un vizio di contraddittorietà di logica nella motivazione, il pregiudizio di tale bene giuridico.
Nelle pagine che seguono la Corte sposta poi l’attenzione sull’esercizio dell’attività sindacale e, precisamente, con un volo pindarico decontestualizzante, sul diritto di sciopero dei lavoratori – per il quale durante la giornata del 9 ottobre 2021 si manifestava – e giunge a sostenere che non possono essere disgiunti dal diritto alla salute: questi sono, dunque, gli estremi di questo “nuovo” “ordine pubblico”.
La Corte a seguito di quest’ultima ricostruzione, sostiene ancora poi che non è l’“ordine pubblico” del codice penale ad essere stato pregiudicato quel giorno, ma questo nuovo concetto di “ordine pubblico” dato dalla tutela del diritto al lavoro, alla salute e all’esercizio dell’attività sindacale.
E ancora, a pagina 12 della sentenza – ricordato quello che era stato già rammentato dalla Pubblica accusa nel corso della requisitoria in merito alle parole pronunciate dal CASTELLINO Giuliano durante il comizio in Piazza del Popolo – la Corte di Appello di Roma osserva di come si sia trattato di una sorta di “chiamata alle armi” che ha avuto lo scopo di costringere una forza sindacale di primario rilievo nazionale a mutare la propria politica sindacale.
Dunque – secondo questo “finale” ragionamento della Corte – il cuore dell’ “ordine pubblico” che interessa il caso di specie è la conflittualità sindacale e, dal momento che l’ “ordine pubblico” si è collocato all’interno dell’inviolabilità dei diritti della persona e il principio di solidarietà sociale, si deve necessariamente pervenire ad una conclusione che sia coerente alla premessa da essa Corte compiuta, giungendo in tal modo a sostenersi che sarebbe lesione dell’ “ordine pubblico” esercitare pressione sul sindacato di maggior rilievo nazionale al fine di far mutare a questi la propria politica sindacale e ad indire uno sciopero generale contro le politiche governative.
Qui l’illogico ragionamento e la contraddizione sui cui dati espressi con decontestualizzazione rispetto alle risultanze concrete, la sentenza crolla, poiché è fuor di dubbio che “premere” affinché un sindacato cambi la sua politica, “premere” affinché si proclami lo sciopero nazionale, sono atti, fatti, circostanze e situazioni che non possono essere identificate come azioni che mettono in pericolo ovvero ledono l’ “ordine pubblico”, inteso quale buon assetto e regolare andamento del vivere civile, ma risultano, semplicemente, di contro, condotte che appartengono alla sfera dei diritti fondamentali costituzionalmente garantiti.
Stante quanto sostenuto dalla Corte di Appello di Roma, dunque, fare le battaglie sindacali e farle in maniera forte, inviando messaggi forti anche alle alte rappresentanze sindacali sarebbe la ragione per la quale, nel caso di specie, si sarebbe verificata la lesione dell’ “ordine pubblico” anche nell’ambito dell’art. 419 c.p. poiché un’aggressione avente tali caratteristiche, per forza di cose offende l’ “ordine pubblico” e allarma la collettività ledendo un interesse primario di rilievo costituzionale.
Occorre, dunque, evidenziare nuovamente di come in premessa al suo ragionamento la stessa Corte sostiene che, in relazione ai fatti del 9 ottobre 2021, la violazione e la messa in pericolo dell’”ordine pubblico” secondo il diritto penale sostanziale non vi sia stata, per concludere che tale asserzione introduttiva conferisce espressamente ragione al ragionamento di questa difesa.
Senza la elaborazione di un nuovo concetto di “ordine pubblico” ovvero di una nuova nozione di “ordine pubblico” del tutto decontestualizzata dai fatti e dal diritto resta indimostrata l’ipotesi di cui all’art. 419 in base alla quale gli imputati sono stati condannati.
La Cassazione farà Giustizia di questo scempio?
Avv. Nicola Trisciuoglio – Collegio difensivo processo 9 ottobre 2021