Una sentenza che ha dell’incredibile e che ha un duplice intento, colpire senza mezzi termini un anti-globalista che a Trieste è divenuto troppo scomodo nonché istaurare con la forza il “credo LGBT”.
È buon costume affermare che le sentenze non si discutono, semmai contro le stesse si ricorre per tutti gli stati di giudizio previsti dalla Costituzione, ma di fronte alla semplicemente spropositata (e uso un eufemismo) condanna inflitta l’altro giorno al nostro Fabio Tuiach, io come cittadina italiana mi sento non soltanto scandalizzata bensì pesantemente offesa.
Il contenuto del post che Fabio pubblicò lo scorso febbraio sul social russo Wkontakte è noto, ma sarà comunque il caso di ripercorrere ogni singola frase per comprendere dove sia (o meglio sarebbe) la diffamazione aggravata dall’odio omofobo che lo ha portato alla condanna di due anni di reclusione e senza in beneficio della sospensione della pena, ciò a fronte della già pesante richiesta di condanna a 10 mesi che il pubblico ministero aveva avanzato nei suoi confronti.
Ed allora vediamo – post alla mano – dove sarebbe il reato per questo inflessibile il giudice triestino.
Il primo “elemento probatorio” sta probabilmente nel fatto che Tuiach inizia così il suo pensiero scritto:
“Un esponente Lgbt è stato picchiato e scoppia il caso omofobia a Trieste, siamo in campagna elettorale e succede ogni volta ma forse ha litigato con il fidanzato per la vasellina”.
Parole indubbiamente ironiche, per qualcuno taglienti, magari poco eleganti, ma che facevano riferimento ad un episodio avvenuto giorni prima a Trieste, sulla cui effettiva veridicità non è dato ulteriormente sapere, ma la cui “ripetitività” in certi momenti che coincidono con il dibattito politico e/o con le campagne elettorali è addirittura imbarazzante (e noi conosciamo bene quale e quanta propaganda riesca a fare il mainstream allineato al riguardo)
Nulla quaestio poi sull’uso della vasellina, lubrificante che ha un’infinità di applicazioni e che – di certo – non è sconosciuto neppure alla comunità LGBT.
Nel citarla voleva forse intendere qualcosa di più diretto verso qualcuno?
Può essere, ma di certo si tratta di una sostanza che, benché oggi sostituita da prodotti più “commerciali” e “specifici”, è comunque di larghissimo impiego per facilitare rapporti sessuali, specie quelli d’un certo tipo, dunque non rappresentativa di alcuni esclusivi gusti e neppure assimilabile ad una categoria di persone che si vuol necessariamente classificare e discriminare.
Ma veniamo ora alla parte più “scabrosa” di questo “criminale” post:
“Grande solidarietà da parte di tutte le forze politiche ma ricordiamoci che in più di un terzo dei paesi al mondo non esiste il problema omofobia perché per i gay c’è il carcere o la pena di morte. Noi avevamo il rogo un tempo, mentre in Russia c’è la legge anti–gay come in tutto l’Est e per questo loro non accolgono palestrati che fuggono da paesi omofobi”.
Dunque? Non è forse vero che nella parte più “cattiva” e “retrograda” del mondo (si perché noi siamo sempre in quella giusta) l’omosessualità e tutte le altre inclinazioni sessuali sul genere sono condannate per legge?
È forse già vietato riferirsi e pubblicare fatti e questioni che riguardano i Paesi islamici e la Russia “omofoba” di Putin?
Non è forse vero che storicamente, anche in Italia, è comunque esistita una brutale repressione degli stessi, come per altre categorie di persone che di certo non meritavano di essere arse vive?
Fa parte nella nostra storia tutto ciò, e benché si tratti di una storia riprovevole non può comunque essere cancellata e nemmeno cambiata, tantomeno dalle motivazioni ingiuste d’un ingiusto giudice, il quale sa benissimo che questa sua sentenza può essere facilmente impugnata ed anche ribaltata in appello ma, per intanto, procura una grana enorme all’imputato a cui peraltro si aggiunge un risarcimento da 15.000 euro, ovviamente da versare all’associazione dei diritti LGBT che lo ha trascinato in Tribunale e che ha addirittura avuto la sfacciataggine di costituirsi “parte civile”, questo con lo scontatissimo beneplacito di tale Organo giudicante e che sin dall’inizio faceva capire da quale parte sarebbe poi andato il “libero convincimento” del giudice.
Non poi c’è stato alcun “in dubbio pro reo”; per il Tribunale del capoluogo giuliano Tuiach è REO e basta, addirittura con più del raddoppio di pena rispetto all’iniziale richiesta di condanna (cosa alquanto infrequente nelle aule di Giustizia italiane) e questo ha del ragionevolmente incredibile oltre che del giuridicamente inammissibile.
Non sono una giurista, ma so comunque che per materializzarsi il reato di diffamazione deve essere diretto a persona o gruppo di persone inequivocabilmente identificabili, questo per evitare che chiunque possa indiscriminatamente denunciare chicchessia per il solo fatto di sentirsi “toccato” da un articolo come da un commento social, e non mi pare proprio che Fabio Tuiach nel suo post abbia esplicitato nomi e cognomi, tantomeno citato quelli di associazioni “gaye”, e proprio al riguardo esistono già molteplici quanto chiarissime sentenze della Cassazione che questo togato triestino farebbe assai bene a leggersi, perché dubito fortemente ne abbia mai sentito parlare.
Che opinione posso dunque farmi di un’ingiustizia del genere, se non ricordare che Fabio Tuiach per una certa Trieste è personaggio alquanto scomodo – anzi detestabile – perché prima consigliere comunale di FN e poi in primissima linea durante le proteste dei portuali ad ottobre e novembre 2021?
Perché poi i giornalai di regime debbono sempre ricordare i suoi brillanti trascorsi sportivi definendolo puntualmente “ex pugile”, dandogli così un’immagine di persona violenta quando Fabio è invece la persona più cattolica oltre che mite del mondo?
È dunque oltremodo evidente che nel diffamare in questa sciagurata Italia esistono due pesi e due misure (QUANDO e soprattutto SE veramente esistono…), ed io ho sincera preoccupazione nell’immaginare quando l’ideologia “genderista” si sarà definitivamente insinuata in tutti i gangli nevralgici del Paese, e con tanto d’una qualsiasi “legge Zan” per la quale se litigo con il mio vicino gay e questo m’insulta dicendomi “puttana” è forse censurabile, mentre se io gli ribatto “frocio” divento una criminale da rinchiudere in galera.
di Pamela Testa
Tutta la mia solidarietà a Fabio Tuiach. Io stesso pur non ancora condannato, sono stato indagato e pluriperquisito, con sequestro di beni tre telefonini ed altrettanti cambi di numero, con accuse risibili, dopo la mia apparizione da Giletti il primo dicembre 2021 ed ora sono noto, mio malgrado, con l’epiteto di Prete Ortodosso no Vax. La mia colpa? Aver detto che il vaccino è satanico perché ha diviso la società. Ovviamente mi difenderò in Tribunale. Ma intanto devo subire questa persecuzione.
Contro stemmerde ci vuole piombo e guerra civile non c’è altro da fare! Grande Fabio siamo tutti con te. Sopprimere gli arcobalenati è prioritario…
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