di Fabio C. Maguire
L’emergenza pandemica è stato “un terreno di guerra” dove dal primo fino all’ultimo momento i dissidenti italiani si sono mossi, denunciando l’ipocrisia del sistema, nel battezzare provvedimenti liberticidi come salvifici, e contestando il programma di “ristrutturazione in senso verticistico della società” nell’ambito del Great Reset.
Era attraverso “l’emergenza epidemica”, “stretta finestra di opportunità” secondo il presidente del WEF Klaus Schwab, che si sarebbe dovuta accelerare e potenziare la “transizione ad una nuova e ancora più radicale figura del capitalismo”.
Infatti, il Great Reset, come spiegato dal filosofo Diego Fusaro, deve intendersi come “un prolungamento organico del vecchio mondo: il quale viene, sì, riorganizzato in forma inedita, ma sempre in coerenza con i fondamenti della civiltà del capitale.”
La crisi pandemica, gravida di ideologia politica, si è inevitabilmente tradotta nel nuovo campo di battaglia dell’eterna lotta tra dominanti e dominati, rappresentante un nuovo capitolo della lotta di classe che vede storicamente contrapporsi padroni e proletari.
Nei mesi d’emergenza, i dissidenti ed i non-allineati alla narrazione unica dominante sono stati sistematicamente scherniti e mortificati, offesi e silenziati, derisi e censurati, privati della libertà e di diritti costituzionalmente previsti in nome dell’ideologia medico-sanitaria.
Dai media mainstream ai salotti televisivi, passando per i sedicenti rappresentanti del popolo, i dissidenti sono stati bollati come “teppisti”, nemici del bene comune, negazionisti e terroristi, come causa del male che si era abbattuto sul paese e della sua permanenza.
La stampa si è tenacemente impegnata a screditare e radicalizzare le figure emergenti del nuovo panorama dissidente con “fiumi di retorica scandalizzata.”
Dalla presenza di fascisti, o ex, a quella di pregiudicati o facinorosi, come se persone con determinati trascorsi politici “non soffrissero lo stesso gioco degli altri” o ancora come se l’enorme massa degli sfruttati “non avesse conosciuto la giustizia” almeno una volta, e soprattutto come se la maggioranza degli osservatori del potere borghese avesse la fedina pulita, o quantomeno la coscienza!
Nonostante i vani tentativi di soffocare il dissenso, ridicolizzandolo e criminalizzandolo, il movimento cresceva e s’impadroniva del dibattito pubblico.
Una nuova realtà politica, sanificata dai tumori ideologici dell’900, si era gloriosamente affermata sulla scena italiana.
Le dimostrazioni di piazza crebbero, per numero ed intensità, esponenzialmente nell’arco di pochi mesi, arrivando a coinvolgere la massa collettiva in una lotta dai risvolti esistenziali.
Cercando di affibbiare a poche persone la responsabilità dell’organizzazione, il sistema non era stato in grado di comprendere che la massa si era organizzata da sola, ritrovando e riscoprendo dentro di sé “quelle risorse incorrotte di combattività organizzata, di solidarismo istintivo, di abilità e perfino di astuzia nel dirigersi, che hanno sempre fatto la croce delle classi dirigenti e che sono state sempre la grande forza, la sola forza, degli oppressi, sotto qualunque regime di classe.”
Tutti i cittadini avevano compreso che in quei giorni “si giocava il comune destino di ogni sfruttato”, specie nell’immensa mobilitazione del 9 ottobre 2021.
In quella occasione il popolo si era riappropriato dei suoi spazi, riconquistando la sua piazza e lanciando una chiara sfida al potere.
Ci fu violenza quel giorno?
Certo: non era stata violenza rinchiudere per oltre due mesi i lavoratori agli arresti domiciliari?
Non era stata violenza impedire ai familiari di visitare i loro parenti ricoverati?
Non era stata violenza impedire alle persone di celebrare i funerali dei loro cari?
Non era stata violenza costringere milioni di persone a indossare una mascherina?
Non era stata violenza il Green Pass?
Non era stata violenza nei confronti dei lavoratori e degli studenti costringerli a vaccinarsi pena la perdita del lavoro o la possibilità di studiare?
Non era stata violenza massacrare con idranti e manganelli donne e signori alle manifestazioni?
Non era stata violenza mortificare pubblicamente, in televisione, chi coraggiosamente si era opposto all’apartheid sanitario?
E ancora c’erano dei provocatori in piazza?
Si, ma questo provocatore si chiamano Polizia di Stato, società globalista e capitale.
E dopo le accuse sotto con gli arresti e i processi per direttissima: “carcere e pene severe per tutti i manifestanti.”
Per la morale e la convenzione neoliberista erano dei teppisti: “chi si rifiuta di subire servilmente i soprusi di una società che è una provocazione continua è, per definizione, il rappresentante della feccia.”
Ma quel giorno, al di là degli sproloqui, il popolo si era fatto erede di una tradizione, accumulata da oltre un secolo di lotta, e ancora viva nella memoria di classe e della nazione.
Se questa tradizione è teppista, ebbene, noi siamo pronti a gridare con fierezza: viva i teppisti!
Alla faccia dei pavidi, dei codardi, dei leoni da tastiera e del dissenso controllati che, per giustificare il loro essere conigli, ha spostato la narrazione del regime.
E se chi si batte quotidianamente per dare un giusto metodo ai lavoratori nell’affrontare le lotte è un provocatore, ebbene, noi siamo pronti a gridare con orgoglio: viva i provocatori!
Cada sui traditori del popolo, CGIL, CISL e company, il disprezzo e la collera di tutti gli sfruttati!