Il risultato delle elezioni conferma quel che già sapevamo: dopo la variante sinistra fucsia dell’ordine neoliberale, è ora la volta della variante bluette di destra del medesimo ordine neoliberale.
Nihil novi sub sole: il vero vincitore delle elezioni è proprio lui, l’ordine neoliberale fondato sulla sovranità del mercato e sull’atlantismo imperialistico di esportazione armata dei diritti umani.
Del resto, non è un mistero: Fratelli d’Italia si è già accreditata, dimostrando la propria fedeltà ai mercati, all’ordine mondiale capitalistico e naturalmente non in ultimo alla Nato, della quale è fervente sostenitrice. Per Aspen ad astra… Insomma, la continuazione di quel che c’era sotto mutata sfumatura cromatica.
Curiosamente ma nemmeno troppo riesce a tenere il MoVimento 5 Stelle, che pure è divenuto ciò contro cui combatteva: non è una novità, ha rinnegato le poche idee che aveva divenendo di fatto stampella di quella élite dominante che pure in origine diceva di voler combattere. Se riesce a tenere non è certo per ragioni ideologiche, ma unicamente per la magnetica promessa del reddito di cittadinanza, che anticipa i tempi del futuro reddito universale a cui il capitale ridurrà le nuove masse precarizzate e private di tutto.
Non stupisce affatto il sonante tonfo della lega di Salvini, che effettivamente ancor più del 5 Stelle, se mai è possibile, pare aver rinnegato tutto ciò che fino a due anni fa sosteneva con vigoria. Era contro l’euro, che ora sostiene. Era contro Mario Draghi, che adesso celebra come fuoriclasse e grande statista. Guardava con simpatia alla Russia, che ora ha rinnegato in nome di Washington. Pesante sconfitta purtroppo anche per le cosiddette forze antisistema, quelle che avevano fatto della opposizione ragionata e diretta al neoliberismo e alle sue funzioni satellitari il proprio ubi consistam.
Nessuna di suddette forse riesce a superare lo sbarramento del 3% e dunque a entrare in Parlamento. Non ce la fa Gianluigi Paragone con italexit, che pure sembrava essere la forza più strutturata e con maggiori possibilità di successo. Non ce la fa Vita di Sara Cunial, che aveva incardinato l’intero suo programma sulla opposizione al regime tecnosanitario. Non ce la fa neppure Italia sovrana e Popolare di Rizzo e Ingroia, bizzarra creatura abitata tra l’altro anche da veterocomunisti col vitalizio e da araldi del fucsia che non molto tempo addietro predicavano l’esigenza di un governo con il PD.
Una cosa appare certa al di là di ogni ragionevole dubbio: se l’ordine neoliberale ha vinto ancora una volta, occorre – direbbe Gramsci – ricominciare da capo, ricostruendo dalle macerie una unione che sia realmente in grado di portare alla sintesi le diverse forze che, per una via o per un’altra, sono giunte alla rivolta contro il neoliberismo cosmopolita. Per farlo, occorre anzitutto superare definitivamente la mendace dicotomia di destra e sinistra, valida nella modernità fino al 1989 e oggi divenuta impedimento – usato ad arte dal potere egemonico – per una comprensione reale dei rapporti di forza e per una conseguente organizzazione della lotta contro di essi.
La nuova geografia politica attorno alla quale sono chiamati a organizzarsi il pensiero e la prassi coincide con la coppia alto e basso, signore e servo per dirla con Hegel.
Destra e sinistra rappresentano egualmente l’alto, il Signore neoliberista. Occorre creare una forza del basso e per il basso, che contesti la globalizzazione neoliberale, l’imperialismo della NATO, i regimi emergenziali connessi al liberismo, l’individualismo radicale e postmetafisico.
Per farlo, occorreranno la tenacia, la cultura come base irrinunciabile, la consapevolezza di dover tenere a debita distanza i soggetti politicamente impresentabili oggi più di ieri, mera polvere sugli stivali della storia. Ai quali è consigliabile – piccola consulenza gratuita e senza iva – di dedicarsi all’ippica.
di Diego Fusaro