di Fabio C. Maguire
Dopo un anno i sabotatori del Nord Stream 1 e del Nord Stream 2 non sono stati ancora individuati.
Ricapitolando, nel settembre del 2022 un esplosione nel Mar Baltico provocò il danneggiamento di due importanti gasdotti che collegavano la Russia alla Germania.
Dopo la detonazione, l’Occidente collettivo incolpò immediatamente Mosca di aver deliberatamente sabotato due strategiche infrastrutture per eludere le sanzioni e provocare un aumento dei prezzi del gas.
Sin dal primo istante la narrazione occidentale si presentava come spiccatamente lacunosa e priva di indizi che potessero dimostrare la responsabilità di Mosca.
Infatti, si ricorda come il Nord Stream 2 non fosse ancora operativo e che il Nord Stream 1 era stato precedentemente chiuso da Gazprom nel mese di agosto, dunque le capacità erano notevolmente ridotte.
Sarebbe inoltre assurdo anche solo ipotizzare che la Russia potesse danneggiare, in maniera quasi irreversibile, una struttura dal valore di 11 miliardi di dollari solo per interrompere un flusso di gas inesistente.
Con il tempo la teoria del coinvolgimento russo perse progressivamente vigore e analisti, funzionari ed esperti militari americani iniziato ad ammettere che essa non aveva alcun fondamento.
Nel febbraio del 2023 irrompe nel dibattito il Premio Pulitzer Seymour Hersh che in un articolo spiegò i retroscena dell’operazione, confutando definitivamente la versione originale.
Citando fonti all’interno del Pentagono, Hersh scrisse che ad aver progettato l’attentato sarebbe stata la CIA.
Secondo lo scrittore americano, il piano sarebbe stato preparato prima ancora dell’inizio dell’operazione speciale in Ucraina ma, per lo scetticismo della Casa Bianca, venne rinviato.
L’esplosione ai Nord Stream, secondo la motivazione ufficiale, doveva servire proprio a scoraggiare la Russia ad intraprendere qualsiasi iniziativa militare in Ucraina e, contemporaneamente, a separare Berlino da Mosca che, con i nuovi oleodotti, avrebbero rafforzato la cooperazione bilaterale, emarginando gli Stati Uniti dall’Europa.
Scrive Hersh: “L’amministrazione Biden ha fatto saltare in aria i gasdotti, ma l’azione ha avuto poco a che fare con la vittoria o la fine della guerra in Ucraina.
É il risultato dei timori della Casa Bianca che la Germania vacillasse e riaprisse i rubinetti al gas russo e che la Germania e poi la NATO, per ragioni economiche, cadessero sotto l’influenza della Russia e delle sue vaste ed economiche risorse naturali.
E così seguì il timore finale: che l’America perdesse il suo primato di lunga data nell’Europa occidentale.”
L’attentato sarebbe stato poi rinviato a giugno per poi essere stato nuovamente posticipato a settembre.
L’esplosione è avvenuta in contemporanea ad un’esercitazione della NATO in Norvegia, un’ottima copertura per giustificare la presenza di personale militare esperto e ingenti movimenti di mezzi nel Baltico.
Le indagini, avviluppate da una criminale omertà, non hanno portato a all’individuazione dei responsabili e Washington, esercitando il suo potere, ha sviato le ricerche su un gruppo di sabotatori ucraini, non però collegati con il Presidente Zelensky.
Dal sabotaggio dei Nord Stream una sola potenza ne ha tratto guadagno: l’America, che potrà vendere il suo gas liquefatto all’Europa a prezzi esorbitanti, condannando il vecchio continente alla precarietà e alla resilienza.