L'Italia Mensile

Dissenso spa, il bluff di Toscano e Rizzo e la morte di Isp

Le politicomiche

ROMA – Per chi lavora alle sue dipendenze è un genio visionario, per i più integralisti tra i resistenti è un gatekeeper in odore di massoneria, per certi giornalisti un po’ miopi è «l’uomo di Rizzo», ma a me ha sempre ricordato Berlusconi.

La sua dialettica esuberante al limite – spesso varcato – della prepotenza, le sue filippiche contro i nemici di turno così aggressive, gratuite e iperboliche da ritorcersi contro lui stesso, le forzature evangeliche e le malcelate egomanie, mi hanno sempre fatto assimilare Francesco Toscano, youtuber celeberrimo negli ambienti della resistenza al globalismo transumanista e attualmente leader di Ancora Italia Sovrana e Popolare, al Silvione dell’età d’oro, la prima decade del Duemila, in cui sembrava davvero avere un potere inscalfibile e incontrastato.

Proprio quello che invece manca a Toscano, rendendolo, suo (e nostro) malgrado, una grottesca caricatura di un uomo di potere. E portandogli, a differenza dell’ “utilizzatore finale” più amato d’Italia, solo conseguenze nefaste.

Premessa

Prima di addentrarci nelle miserie di quello che ci era sembrato il partito più forte nato dalla temperie della lotta ai soprusi della democratura tecno-sanitaria, è doverosa una premessa.
I lettori più attenti, e soprattutto quei pochissimi che mi leggono con costanza, avranno notato che sto utilizzando la prima persona, e non l’avevo mai fatto.

È doveroso nei vostri riguardi, perché sto parlando di una realtà a me molto familiare, ovvero quella della sfortunata entità politica che in origine, nel 2019, era Vox Italia: ero presente al primo convegno alle Terme di Agnano, poco prima dell’instaurarsi dell’Operazione Covid, quando ero ancora un militante fucsia in crisi, che cercava risposte al di là della retorica sinistroide sulla quale avevo plasmato i miei vent’anni; e fu proprio il convegno all’hotel Terminus, con Mario Gallo, Diego Fusaro e Giulio Tarro, a darmi una prima spinta verso la libera informazione: iscrittomi a un gruppo WhatsApp del partito, fui invitato a un’assemblea pubblica dove incontrai per la prima volta gli attivisti napoletani di Vox, poi confluiti in Ancora Italia, persone straordinarie, che si sono sempre spese per la causa senza chiedere nulla in cambio, e che, nonostante io abbia preso una strada diversa e complementare al fianco di Raffaele Varvara, sono sempre stati partecipi a tutti gli eventi organizzati da noi.

Quando al principio del 2021 è nato Ancora Italia, abbiamo esposto insieme le bandiere in occasione di eventi e manifestazioni, e io, pur essendomi convintamente astenuto alle elezioni dell’ultimo settembre, ho aiutato gli attivisti napoletani della lista Italia Sovrana e Popolare (in cui il partito di Toscano e Gallo aveva unito le forze con il Partito Comunista di Marco Rizzo, Azione Civile di Antonio Ingroia e Riconquistare l’Italia di Stefano D’Andrea) nella difficile e faticosissima raccolta delle firme.

Pertanto, sarà inevitabile, e mi affido alla comprensione del lettore, che in questo scritto la mia voce si unisca alla quella degli attivisti di Ancora Italia, quelli che hanno costruito con sudore e fatica il partito sul territorio, e che si sono visti cancellare un anno di sforzi con un colpo di spugna da Francesco Toscano.

Il deserto di Roma

Cominciamo dalla fine: sabato 26 novembre a Roma c’è stata l’assemblea degli iscritti di Ancora Italia, in una sala del Centro Congressi Frentani.

La prima cosa che colpisce è il paragone con il congresso del 16 luglio a Napoli: lì si era quasi riempito il Teatro Palapartenope, con un’affluenza di poco meno di tremila persone; a Roma non sono riusciti a riempire una sala con duecento posti a sedere. Certo, la batosta elettorale è stata molto sentita dagli attivisti, che erano stati infarciti di retorica dalla campagna martellante organizzata da Francesco Toscano facendo man bassa di tutte le più note figure dell’ambiente del dissenso.

A Napoli, che è stato il punto di partenza dell’impresa, l’entusiasmo era alle stelle, ma già si intravedeva il seme della discordia attuale: Toscano aveva scaricato Fusaro a modo suo, ovvero con insulti e diffamazione – gli veniva imputato il fatto di essere stipendiato dal partito e di non essere iscritto – e gli attivisti provenienti da tutta Italia avallarono questo metodo, non sapendo che di lì a poco sarebbe stato utilizzato tal quale contro di loro, innescando quella spirale che ha portato a questo triste sabato romano di fine autunno.

Pochissimi iscritti presenti in sala, l’assenza del segretario Mario Gallo con il quale era stata organizzata quest’assemblea, le continue dichiarazioni di solidarietà a Francesco Toscano, la stigmatizzazione degli assenti come affetti da “dissonanza cognitiva” e “scissione mentale” fanno sentire chiaramente che c’è aria di scissione politica, e in effetti Antonello Cresti dichiara subito che il partito cambierà nome, simbolo, manifesto e struttura; l’impostazione retorica è quella dell’autocritica, ma non sincera, in quanto si presentano gli assenti come responsabili del triste spettacolo dato nei mesi di ottobre e novembre e Toscano come vittima di diffamazione, mentre si parla genericamente delle mancanze strutturali del partito – che effettivamente, mancando la figura del tesoriere e il collegio dei probiviri, era a un livello che chiamare pre-politico è un complimento – e si attribuisce alla presente assemblea la facoltà di rinnovarne strutturalmente tutto l’assetto.

Eppure, si tratta di una sparuta minoranza degli iscritti del partito stesso: a Roma si cerca consapevolmente di cancellare la maggior parte degli iscritti bollandoli come pazzi.
La cosa che più sbalordisce chi come il sottoscritto ha vissuto le angosce e ambasce della raccolta firme estiva è il messaggio che traspare da questa assemblea: Francesco Toscano è stato l’unico e solo artefice dell’impresa elettorale, ha costruito tutto da solo, e alcuni folli – evidentemente, visti i numeri della sala, la stragrande maggioranza del partito è impazzita – hanno cercato, aiutati da Fusaro, Paragone o chicchessia, di distruggere quello che El Presidente ha costruito.

Un’altra critica che fa capolino dal velo di ipocrisia steso sugli ultimi due mesi è l’interpretazione che viene data delle critiche arrivate copiose dalla base all’alleanza con Marco Rizzo, interpretata senza possibilità d’appello dai relatori come preconcetto ideologico, in quanto Rizzo sarebbe portatore sano del virus fucsia.

Ometto consapevolmente tutto quanto detto tra l’intervento di Cresti e la votazione, in quanto si è trattato delle classiche arringhe trite e ritrite che chi è stato a una qualunque delle manifestazioni contro il green pass ha sentito innumerevoli volte, ma se proprio ci tenete trovate l’intera diretta dell’assemblea sul canale YouTube Visione TV, dove potrete lasciarvi obnubilare dalle standing ovation tributate a Fulvio Grimaldi, Marco Rizzo e l’immancabile Presidente.

Il nuovo partito, che correrà per le regionali di febbraio 2023, si chiama Ancora Italia Sovrana e Popolare (no comment), sono tutti cambiati, tranne i fedelissimi del Presidente (che ora si è dato la carica di segretario), i coordinatori regionali, la cui autorità viene spacchettata per evitare nuovi colpi di mano (vedi paragrafo seguente), viene presentata la nuova tessera, quella del Presidente… ops, del Segretario (sì, anche lui non l’aveva, proprio come Fusaro), viene nominato finalmente un tesoriere, e (nessuno si chiede come mai, con un volume di tessere e donazioni alto come quello di Ancora Italia, non fosse stato nominato).

Il pubblico è entusiasta, e vota quasi all’unanimità tutte le mozioni presentate (tutte tranne il simbolo: la bussola e il colore rosso proprio non gli vanno giù) senza chiedersi come mai gli si chiede di approvare, in fretta e senza dibattito, quello che a detta di Cresti è stato deciso da lui, Toscano e altri fedelissimi “alcune sere fa”.

E accolgono con fastidio qualunque critica, soprattutto quando è nel loro interesse: a malincuore ripetono le votazioni quando gli viene fatto notare che non gli era stato spiegato affatto il passaggio burocratico dal partito vecchio a quello nuovo, e inveiscono contro una malcapitata iscritta, colpevole di aver chiesto come mai il partito veniva denominato con una giustapposizione del vecchio nome e quello della coalizione presentata per le elezioni di settembre, e pertanto che ruolo avrebbero avuto nella compagine i membri della coalizione ISP.

Qui Toscano, resosi conto dei tanti punti oscuri di quanto era stato proposto e appena approvato, ha ‘concesso’ una breve domanda agli intervenuti.

È allora che interviene Alessandro Milioni, iscritto a una sezione di Roma, e squarcia il velo di ipocrisia che fino ad allora era stato posto sull’evento, accusando apertamente Francesco Toscano di aver isolato e vessato tutti i coordinatori regionali che gli si erano opposti.

Nonostante le mie conoscenze con gli iscritti napoletani, è solo grazie a un colloquio con il coraggioso Milioni, confermatomi poi da una serie di colloqui, documenti, mozioni e chat, che chi vi scrive è venuto a conoscenza nel dettaglio del corso di eventi che hanno portato al deserto di Roma.

La incredibile e triste storia del candido Francesco e dei coordinatori snaturati

All’indomani dell’insuccesso elettorale, gli iscritti di Ancora Italia, confusi e disorientati, stavano raccogliendo i cocci della speranza infranta, cercando di ricostruire sul territorio quello che l’impresa del voto aveva distrutto. L’unico a rimettersi subito in piedi è stato Francesco Toscano, che presenta a una riunione coi coordinatori regionali un piano ben preciso: Ancora Italia deve fondersi in Italia Sovrana e Popolare, e partecipare a nuove elezioni, le regionali di febbraio.

I coordinatori regionali gli si oppongono fermamente, sono addirittura sedici i voti contrari, e rispecchiano fedelmente l’animo della base del partito: gli attivisti lamentano la scarsa partecipazione del Partito Comunista agli sforzi della raccolta firme, e la loro impressione è sempre più quella che il navigato uomo politico – che è stato eletto l’ultima volta al parlamento europeo nel 2004, e non vede il parlamento italiano dallo stesso anno – abbia intenzione di sfruttare il loro lavoro per i propri fini, proprio come ha fatto con le elezioni di settembre, in quanto il suo è un pezzetto della galassia di micropartiti comunisti che tutti insieme non raggiungono nemmeno l’un per cento.

Sarebbe stato normale, nell’ambito di un partito politico, innestare un dibattito, comprendere le ragioni di chi era a favore e chi contro, ma Toscano vede il partito come una cosa sua, e non accetta critiche o dubbi al suo piano: risponde dapprima esautorando i dissidenti, poi, impedito nel farlo da Mario Gallo, cerca di imporgli le dimissioni.

Qui viene una fase di stallo, perché Gallo non si espone ulteriormente, intenzionato a non sfasciare il partito, ma nemmeno recede dalle sue posizioni; Toscano in un primo momento sembra dare le dimissioni, per poi cambiare idea e dichiarare, stando a testimoni diretti dei fatti, che il partito non coincide con la base militante, ma con Visione TV e i suoi iscritti.

Inizia un attacco senza quartiere ai coordinatori dissidenti, bollati come infiltrati al soldo di Paragone, poi di Fusaro, a intermittenza, e in ciò utilizza anche Fulvio Grimaldi, suo stipendiato, che attacca direttamente Mario Gallo definendo “polli” tutti coloro che non la pensano come l’illuminato Francesco Toscano, in un articolo che suscita le ire degli iscritti, che si vedono messi alla berlina, insultati e letteralmente bullizzati da un uomo a cui avevano tributato tutta la loro fiducia, e al quale avevano donato il loro sudore e la loro passione politica.

Alla fine il Presidente riesce nel suo intento: facendo valere lo statuto, secondo il quale le cariche dei coordinatori regionali erano già decadute a luglio. Ma questo a Toscano non basta, e dopo aver abbattuto i coordinatori va avanti contro il segretario come uno schiacciasassi: a metà novembre esce sul Fatto Quotidiano un articolo in cui Toscano viene definito «l’uomo di Rizzo» a cui è stata fatta da Sergio Carlino, avvocato di Mario Gallo, la «proposta indecente» di prendere con sé metà della cassa del partito, dunque dei soldi degli iscritti, e farsi da parte.

Una vera e propria mistificazione, in quanto, a detta di tutti gli iscritti con cui siamo entrati in contatto, le cose sono andate del tutto diversamente: l’uomo di Rizzo avrebbe avanzato l’ipotesi di fondare un nuovo partito e portare con sé la cassa, e Gallo, che già prima di questa operazione degna del peggior mainstream aveva denunciato Toscano per diffamazione, aveva assunto una posizione conciliante tramite il suo avvocato, facendo sapere a Toscano che nell’eventualità in cui avesse fondato un nuovo partito avrebbe potuto prendere metà della cassa.

Gallo in risposta ha svelato che il Presidente non era nemmeno iscritto al partito, e ad oggi chi gli è vicino fa sapere la sua intenzione di continuare il discorso politico di Ancora Italia, ora che chi ha cercato di monopolizzarlo è andato via.

Un partito che alla fine di novembre era ridotto in macerie, con la massima parte degli iscritti allontanatisi in preda al disgusto per il comportamento ai limiti del grottesco e le trame fallimentari di Francesco Toscano – peraltro se noi abbiamo avuto la beffa, il danno lo hanno avuto gli iscritti al nuovo partito che, essendo rimasta la cassa a Gallo, dovranno pagare da capo la quota d’iscrizione.

A Roma, circondato dai pochi fedelissimi rimasti – le cui acritiche manifestazioni di fede invasata sono davvero inquietanti – è andato avanti fino in fondo, incoronandosi re sulle macerie del partito che lui stesso ha distrutto.

Marco Di Mauro

da https://avanti.it/le-politicomiche/

Un commento su “Dissenso spa, il bluff di Toscano e Rizzo e la morte di Isp

  1. Mi sento fortunato quando leggo queste “precisazioni”.Toscano usa la metrica dell’extraparlamentarismo di sx degli anni 70 “modificato” e attualizzato ma quello e’.Ora essere caduti in un tempo remoto non e’ intelligente e difatti accompagnarsi a Rizzo ed altre figure “trombate” non e’ stata una mossa politica vincente,parliamo dello Zero Virgola.Non mi piacciono i “partitini” mi piacerebbe IL Partito,quello della sintesi e dell’azione,quello in grado di tramutare la frammentazione in Attrazione.Comunque non hanno piu’ niente da raccontare ne’ Toscano ne’ Paragone,il loro atteggiamento rileva il “balordo” della loro Vilta’.

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